21 Gennaio 2020

Questioni applicative in materia di supercondominio

di Ilaria Ottolina, Avvocato Scarica in PDF

Corte d’Appello di Milano, sezione III civile, sentenza n. 5857 del 31 dicembre 2018

Condominio – impugnazione delibere assembleari per errata ripartizione spese condominiali – sussistenza fattispecie del supercondominio – costituzione ipso iure et facto – verifica esclusione risultante dal titolo, dal regolamento contrattuale o da valida delibera assembleare – criterio di ripartizione spese supercondominiali (millesimi supercondominiali) – invalidità delibere assembleari.

Riferimenti normativi: art. 1117 c.c. – art. 1117 bis c.c. – art. 1123 c.c. – art. 1136 c.c. –artt. 61-67-69 disp. att. c.c.

“… Costituisce principio ormai consolidato che, “al pari del condominio negli edifici, regolato dagli art. 1117 e segg. c.c., anche il c.d. supercondominio viene in essere ipso iure et facto, se il titolo non dispone altrimenti, senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno di approvazioni assembleari, essendo sufficiente che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomìni, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, pro quota, ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati” (v. Cass. 27094/2017, Cass. 19939/2012 … Cass. 17332/2011, Cass. 2305/2008)”.

“Come precisato dalla giurisprudenza di legittimità, inoltre, “le delibere dell’assemblea generale del supercondominio hanno efficacia diretta ed immediata nei confronti dei singoli condòmini degli edifici che ne fanno parte, senza necessità di passare attraverso le delibere di ciascuna assemblea condominiale (Cass. 15476/01). In particolare, laddove esiste un supercondominio, devono esistere due tabelle millesimali: a) la prima riguarda i millesimi supercondominiali, e stabilisce la spartizione della spesa non tra i singoli condòmini, ma tra gli edifici che costituiscono il complessob) la seconda tabella è quella normale interna ad ogni edificio …”. Una volta stabilito che all’edificio A tocca il 40% della spesa, questo 40% sarà suddiviso tra i suoi condòmini in proporzione alla tabella millesimale interna a quel particolare edificio condominiale (v. Cass. 19939/2012)”.

“Conseguentemente, le delibere assembleari (…) impugnate … devono essere dichiarate nulle, o comunque essere annullate: a) in primo luogo, quanto alle delibere riguardanti la gestione di beni o servizi facenti capo ai singoli edifici condominiali (quali … quelle di approvazione dei bilanci consuntivi annuali e dei preventivi spesa dell’anno successivo), perché adottate non già dall’assemblea dei singoli condominii, bensì dall’assemblea unitaria dei condòmini di tutti gli edifici facenti parte del supercondominio, e quindi da un organo privo di competenza …; b) in ogni caso, perché assunte applicando (sia con riferimento al quorum costitutivo, sia con riferimento al quorum deliberativo) criteri di calcolo dei millesimi di proprietà difformi da quelli legali e regolamentari …”.

 IL CASO

La sentenza in commento, con il supporto interpretativo di numerose pronunce della giurisprudenza di legittimità, richiama con organicità e coerenza una serie di principi peculiari alla fattispecie del supercondominio.

Quanto al fatto, alcuni condòmini impugnavano tre distinte delibere assembleari concernenti la ripartizione di spese condominiali, in ragione dell’applicazione di tabelle millesimali incongrue rispetto alla reale situazione edificatoria.

Presupposto dell’azione era, infatti, l’accertamento, da parte del Tribunale di Milano, dell’esistenza di un supercondominio, atteso che la struttura di loro coappartenenza non avrebbe dovuto essere considerata un unico condominio, bensì un complesso di tre autonomi condomìni, con alcuni beni e servizi in comune (segnatamente, il servizio di portierato, il riscaldamento, gli allacciamenti alle reti generali, il cortile).

La conseguente domanda, intesa ad accertare tale stato di fatto e di diritto, veniva prudenzialmente accompagnata dalla richiesta, in via subordinata, di scioglimento dell’unico complesso condominiale in tre distinti condomìni (anche mediante ammissione di consulenza tecnica, ai fini della divisione); in via di ulteriore subordine, veniva avanzata dagli attori istanza di revisione delle tabelle millesimali in vigore, stante la loro erroneità.

Il primo Giudice rigettava la domanda principale (così come le subordinate), liquidando qualunque censura sul presupposto di fondo che il complesso edilizio fosse un unico condominio, regolarmente costituito e amministrato.

Veniva dunque promosso appello da parte dei condòmini soccombenti, mediante riproposizione delle domande ed eccezioni svolte in primo grado.

LA SOLUZIONE

La Corte d’Appello di Milano ammetteva la consulenza tecnica d’ufficio (a dire il vero, per motivi che non sembrano avere relazione alcuna rispetto al principio adottato ai fini della decisione, atteso che non disponeva affatto la divisione di un unico condominio); quindi, in accoglimento del gravame, riformava la sentenza del Tribunale e dichiarava l’invalidità delle delibere assembleari, avendo accertato che il complesso edilizio era costituito da tre distinti condomìni, compossessori di aree e strutture comuni secondo il modello del supercondominio.

LE QUESTIONI GIURIDICHE

Il primo aspetto della sentenza sul quale pare opportuno soffermarsi è quello relativo ai criteri per accertare la sussistenza della fattispecie del supercondominio.

Sotto questo profilo, la Corte milanese – richiamando ormai copiosa giurisprudenza di legittimità[1] – ribadisce il principio secondo il quale, analogamente al condominio, anche il supercondominio viene in essere ipso iure et facto, se il titolo non dispone altrimenti, senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno di approvazioni assembleari, essendo sufficiente che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomìni, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, pro quota, ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati” (analogia che ha progressivamente portato all’applicazione, all’istituto in parola, delle norme sul condominio in luogo di quelle sulla comunione, sino all’introduzione dell’art. 1117 bis c.c. da parte della L.n. 220/2012, che ha portato definitiva chiarezza[2]).

D’altra parte – prosegue la Corte – la sussistenza del supercondominio risulta ulteriormente confermata:

a) dagli atti di compravendita delle unità immobiliari dei singoli condomìni, i quali specificano espressamente l’ingresso dell’acquirente sia nell’organizzazione condominiale del proprio autonomo condominio, sia in quella del supercondominio, relativamente alle parti e servizi comuni a tutti gli edifici in esso compresi;

b) dal regolamento condominiale (contrattuale), predisposto dall’originario proprietario-costruttore e accettato dagli originari acquirenti delle singole unità immobiliari, in cui vengono specificate sia le parti comuni nel singolo edificio, sia le parti comuni ai tre edifici (della cooperativa), per le quali sarebbero state redatte da quest’ultima apposite tabelle;

c) dalla redazione di tre distinte tabelle millesimali (supercondominiali), relative alla comproprietà pro quota del singolo condominio sulle parti e servizi comuni all’intero complesso (in aggiunta alle tabelle interne a ciascun edificio).

In altre parole, proprio in ragione della costituzione del supercondominio senza particolari forme di manifestazione della volontà, qualora singoli edifici abbiano in comune alcuni impianti o servizi in rapporto di accessorietà necessaria strutturale e funzionale[3], solo in presenza di elementi di segno contrario risultanti dai titoli di acquisto della proprietà e/o dal regolamento condominiale contrattuale è possibile escluderne la sussistenza.

Ulteriore principio richiamato dalla Corte di Appello è quello, ormai risalente[4], dell’efficacia diretta ed immediata delle delibere dell’assemblea generale del supercondominio nei confronti dei singoli condòmini degli edifici che ne fanno parte, senza necessità di passare attraverso le delibere di ciascuna assemblea condominiale.

Tale “pragmatico” precetto, del resto, s’inserisce con coerenza nell’assetto procedurale introdotto con la riforma del 2012, la quale com’è noto ha modificato – e semplificato – le modalità di convocazione, costituzione, formazione e calcolo delle maggioranze dell’assemblea del supercondominio: mentre prima, infatti, l’applicazione analogica con le norme sul condominio comportavano l’applicazione dell’art. 1136 c.c. (con tutte le implicazioni non solo riguardo alla regolarità della convocazione ma anche rispetto al raggiungimento del quorum nelle decisioni), l’introduzione dell’art. 67, co. 3, disp. att. c.c. ha opportunamente introdotto una procedura più funzionale.

Invero, in applicazione della norma della disposizione di attuazione richiamata e con la maggioranza di cui all’art. 1136, co. 5, c.c., ogni singolo condominio designa il proprio rappresentante all’interno dell’assemblea (ristretta) del supercondominio (in difetto, tale nomina può essere richiesta all’autorità giudiziaria da parte di ciascun condomino), alla quale partecipano pertanto solo detti rappresentanti, riferendo le decisioni assunte all’amministratore che, a sua volta, riferisce all’assemblea dei condòmini.

In definitiva, pare pienamente condivisibile la decisione della Corte d’Appello di Milano, che ha dichiarato invalide le delibere impugnate.

Il Tribunale di Milano, infatti, avendo erroneamente considerato il complesso edilizio in questione come un unico condominio, ha rimesso al voto di un’assemblea non legittimata – quella “supercondomiale” – questioni afferenti in realtà le singole realtà condominiali (come, per esempio, l’approvazione dei bilanci consuntivi e preventivi o la gestione di parti comuni “esclusive”), con conseguente nullità della delibera[5].

D’altra parte, il medesimo “vizio di origine” operato dal primo Giudice ha anche comportato l’errata ripartizione delle spese “supercondominiali”, in quanto calcolate sulla base di quorum (costitutivi e deliberativi) errati e di altrettanto errate tabelle millesimali.

[1] Cass. 27094/2017; Cass. 19939/2012; Cass. 17332/2011; Cass. 2305/2008.

[2] Cass. civ., sez. II, 04/10/2004 n. 19829; Cass. civ., sez. II, 04/06/2008 n. 14813; Cass. civ., sez. II, 09/06/2010 n. 13883.

[3] Si veda, in merito, Cass. civ., sez. II, Ord. 16/01/2018 n. 884.

[4] Cass. civ. , sez. II, 06.12.2001 n. 15476.

[5] Cass. civ., S.U., 07.03.2005 n. 4806; Cass. civ., sez. II, 03.10.2013 n. 22634; Cass. civ., sez. II, 10.08.2009 n. 18192.

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Diritto immobiliare e real estate