2 Novembre 2021

Non occorre allegare la procura al decreto ingiuntivo notificato via pec: se invalida, vi è sempre l’onere di proporre opposizione nel termine di quaranta giorni

di Valentina Scappini, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, terza sez., sentenza del 6 ottobre 2021, n. 27154; Pres. Frasca; Rel. Tatangelo.

“Ai sensi dell’art. 643 c.p.c.,  anche se la notificazione avvenga a mezzo P.E.C., ai sensi della l. 21 gennaio 1994 n. 53, da parte del difensore costituito nel procedimento monitorio; la eventuale insussistenza, agli atti del procedimento monitorio, di detta procura, così come l’eventuale vizio della stessa, vanno eventualmente fatti valere dall’ingiunto come motivo di opposizione al decreto ingiuntivo, da proporsi comunque nel termine di legge decorrente dalla notificazione di esso, notificazione che può sempre essere effettuata, secondo tutte le modalità previste dall’ordinamento, dal difensore costituito nel procedimento monitorio, atteso che la pronuncia del decreto da parte del giudice del monitorio implicitamente esclude il vizio relativo al ministero di difensore e considerato che contro il decreto l’ordinamento prevede – fuori dei casi in cui ammette l’opposizione ai sensi dell’art. 650 c.p.c. – il solo rimedio dell’opposizione tempestiva.”

CASO

La Techno Consulting s.r.l. ha agito in sede monitoria nei confronti della RE.AL. Service P.I.E. s.r.l., ottenendo dal Tribunale di Venezia il decreto ingiuntivo richiesto. Al ricorso era allegata regolare procura alle liti sottoscritta dalla parte.

Tuttavia, nella notificazione del ricorso e del decreto via PEC alla società ingiunta, il procuratore della società creditrice ha erroneamente allegato una procura non sottoscritta dalla parte. Accortosi dell’errore, ha ripetuto, nei termini, la notificazione, questa volta per mezzo di ufficiale giudiziario.

La società ingiunta ha atteso per proporre opposizione che fosse effettuata la seconda notificazione. In tal modo, l’opposizione è risultata tardiva rispetto alla prima notificazione, ma tempestiva rispetto alla seconda.

La Techno Consulting s.r.l. si è costituita nel giudizio di opposizione, deducendone la tardività e, quindi, l’inammissibilità, ma il Tribunale di Venezia, ritenendo la prima notifica giuridicamente inesistente per assenza di valida procura alle liti, ha rigettato, con sentenza non definitiva, l’eccezione della società opposta.

Quest’ultima ha proposto appello immediato contro tale sentenza, che è stato rigettato dalla Corte d’Appello di Venezia, la quale ha aderito alla motivazione del giudice di primo grado.

La Techno Consulting s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione ha rilevato che la sentenza impugnata non ha inquadrato la fattispecie correttamente sotto il profilo processuale e che la motivazione della decisione appare priva di coerenza logica e/o addirittura non comprensibile nel suo effettivo senso, oltre che palesemente erronea in diritto.

Il ricorso, trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., è stato dunque accolto nei termini di seguito indicati, con la statuizione del principio riportato in epigrafe.

QUESTIONI

Con tre motivi di ricorso, non rubricati e tra di loro connessi, la Techno Consulting s.r.l. ha denunciato:

– la violazione degli artt. 115 c.p.c. e 111 Cost. ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. (primo motivo);

– l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c. (secondo motivo);

– la violazione dell’art. 132, co. 2, n. 4, c.p.c., ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. (terzo motivo).

I tre motivi hanno ad oggetto la stessa questione, ossia la validità della prima notificazione del ricorso e del decreto ingiuntivo, ai fini della decorrenza dei termini per l’opposizione, effettuata a mezzo PEC dal difensore dell’ingiunta senza allegazione di procura alle liti firmata dalla parte.

Tale notificazione è stata ritenuta dalla Corte d’Appello di Venezia come giuridicamente inesistente, nonostante nel fascicolo telematico del ricorso monitorio (acquisito agli atti dei giudizi di primo e secondo grado) fosse presente una procura debitamente firmata dal rappresentante della società ricorrente.

Pertanto, da una parte la Corte d’Appello di Venezia avrebbe omesso di prendere in considerazione un documento prodotto dalla parte (primo motivo di ricorso) e avrebbe altresì omesso di prendere in esame il relativo fatto, decisivo per la decisione (secondo motivo di ricorso). Dall’altra, nella sentenza impugnata mancherebbe un’effettiva e comprensibile motivazione del rigetto del gravame (terzo motivo di ricorso).

Secondo la Suprema Corte, i motivi di ricorso sono fondati.

Anzitutto, la Suprema Corte evidenzia che, nell’ambito del ricorso monitorio, laddove il decreto ingiuntivo sia emesso, deve ritenersi positivamente verificata dal giudice la sussistenza di regolare procura alle liti ai sensi dell’art. 83 c.p.c. Infatti, con l’emissione del decreto, il giudice afferma (seppur implicitamente) l’esistenza del ministero del difensore.

Pertanto, qualora la procura allegata al ricorso dovesse risultare invalida od assente ed il giudice, per mancata percezione di tale irritualità, emettesse comunque il decreto ingiuntivo, quest’ultimo risulterebbe viziato e l’ingiunto potrebbe far valere tale vizio solo con l’opposizione, che l’ordinamento prevede come rimedio necessario a tal fine.

Ciò significa che l’emissione del decreto ingiuntivo legittima – in via provvisoria – l’attività notificatoria del difensore e che la controparte non può proporre un’autonoma actio nullitatis, senza limiti di tempo, in relazione al decreto che assume emesso in mancanza di regolare procura in favore del difensore del ricorrente, ma deve proporre opposizione nei termini di legge decorrenti da tale notificazione.

In secondo luogo, la Corte di Cassazione osserva che l’art. 643 c.p.c., ai fini della decorrenza del termine per l’opposizione, dispone che siano notificati all’ingiunto il ricorso e il decreto ingiuntivo, per copia autentica, ma non che agli stessi sia allegata la procura alle liti del difensore che effettua la notifica. È, invece, sufficiente che tale procura sia presente nel fascicolo del ricorso monitorio. Conseguentemente, la regolarità della procura va accertata nell’ambito e secondo le regole del relativo procedimento, eventualmente anche in fase di opposizione.

A conferma di ciò, la l. n. 53/1994, che disciplina l’attività notificatoria degli avvocati, prevede, all’art. 1, solamente che l’avvocato che compie la notificazione, anche a mezzo PEC, sia munito di procura alle liti ex art. 83 c.p.c., ma non che tale procura debba essere allegata all’atto da notificare.

Dunque, quando viene emesso un decreto ingiuntivo, la regolare costituzione della parte ricorrente deve ritenersi implicitamente accertata e, poiché tale decreto ha attitudine al giudicato anche sostanziale, se l’ingiunto vuole contestare tale accertamento, deve farlo nelle forme previste dalla legge, cioè proponendo opposizione, con la quale possono essere denunciati anche vizi di profilo procedurale come l’inesistenza o l’irregolarità della procura alle liti del difensore del ricorrente.

Tale opposizione deve essere chiaramente tempestiva rispetto alla notificazione, la quale, anche se il decreto ingiuntivo è invalido, fa comunque decorrere i termini per la sua proposizione. Peraltro, nel giudizio ordinario di cognizione piena che consegue all’opposizione, è consentita una regolarizzazione della procura (quantomeno ai fini dell’accertamento del credito).

Nella fattispecie, la Suprema Corte osserva che, essendo stato emesso il decreto ingiuntivo, il difensore della ricorrente era, per ciò solo, legittimato ad effettuarne la notificazione ai sensi dell’art. 643 c.p.c., anche a mezzo PEC, ai fini del decorso del termine per l’opposizione.

Mentre l’opponente avrebbe dovuto far valere il preteso vizio di inesistenza o invalidità della procura con opposizione tempestivamente proposta rispetto alla prima notificazione, avvenuta a mezzo PEC.

In giudici di secondo grado, invece, si sono limitati a valutare la regolarità della notificazione del ricorso monitorio e del decreto effettuata a mezzo PEC, sotto il profilo della relativa completezza, come se la notifica ex art. 643 c.p.c. richiedesse di per sé l’allegazione della procura alle liti sottoscritta dalla parte per far decorrere i termini dell’opposizione.

In altre parole, la Corte d’Appello ha valutato la completezza della (prima) notificazione senza considerare che l’emissione del decreto ingiuntivo aveva, di per sé, definito positivamente la questione della presenza e della validità della procura alle liti del difensore dell’ingiungente e che, per contestare tale accertamento, l’ingiunta avrebbe dovuto proporre tempestiva opposizione, facendo valere la pretesa illegittima emissione del decreto medesimo.

Infine, la decisione impugnata, oltre ad essere in contrasto con i principi di diritto suesposti, appare anche lacunosa nella motivazione, poiché non è possibile comprendere appieno cosa abbia inteso affermare la Corte di merito, se essa abbia voluto sostenere che la notificazione ex art. 643 c.p.c. richiede che sia notificata anche la procura regolarmente sottoscritta dalla parte, oppure se abbia addirittura accertato che il difensore della ricorrente si era munito di regolare procura solo con la seconda notificazione a mezzo ufficiale giudiziario (come dedotto dall’opposta).

La sentenza di merito va così cassata anche per carenza assoluta di motivazione.

La Corte di Cassazione ha deciso nel merito e, applicando il principio riportato in epigrafe, ha statuito la validità della prima notificazione effettuata dal difensore dell’ingiungente a mezzo PEC e la conseguente inammissibilità dell’opposizione proposta tardivamente, con conferma del decreto ingiuntivo opposto.

Le spese sono state compensate per la novità e la peculiarità della questione processuale affrontata.

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