28 Maggio 2019

Presunzione di responsabilità della cosa locata in capo al conduttore. La prova liberatoria

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale di Busto Arsizio, Sez. III civile, Sentenza n. 1591 del 10 ottobre 2018, Giudice Dott.ssa Martina Arrivi  

Art. 1177 c.c.- Art. 1588 c.c. – Art. 1590 c.c. – Art. 2051 c.c.

In tema di locazione, la violazione da parte del conduttore dell’obbligo di custodire la cosa locata, per impedirne la perdita o deterioramento, comporta responsabilità del medesimo ai sensi del combinato disposto degli art. 1590 e 1177 c.c., e non dell’art. 2051 c.c., perché detta norma disciplina l’ipotesi di responsabilità per danni provocati a terzi della cosa in custodia e non per danni alla stessa cosa custodita. Pertanto nell’ipotesi di incendio della cosa locata, il conduttore risponde della perdita o deterioramento del bene, qualora non provi che il fatto si sia verificato per causa a lui non imputabile, ponendo l’art. 1588 c.c. a suo carico una presunzione di colpa, superabile solo con la dimostrazione di avere adempiuto diligentemente i propri obblighi di custodia e con la prova positiva che il fatto da cui sia derivato il danno o il perimento della cosa è addebitabile ad una causa esterna al conduttore a lui non imputabile, da individuarsi in concreto, ovvero al fatto di un terzo[1]”.

FATTO

A seguito dell’incendio divampato nell’appartamento condotto, l’inquilina citava in giudizio la proprietà e loatrice per il risarcimento dei danni subiti, in quanto deduceva che tale incidente fosse stato causato della vetustà dell’impianto elettrico, risultato difettoso (“errato dimensionamento dei cavi elettrici, assenza guaine e giunzioni posticce”); ciò in ragione del raggiungimento della prova raggiunta in esito ad  ATP, precedentemente promossa nei confronti del locatore ed in relazione una presumibile responsabilità di quest’ultimo quale custode del bene ex art. 2051c.c.

Il proprietario e locatore dell’immobile si costituiva in giudizio deducendo l’immediata applicabilità dell’art. 1588 c.c., con conseguente esclusiva  responsabilità del conduttore in ordine all’evento/l’incendio, proponendo a sua volta domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni (costo opere di ripristino dell’immobile) da lui subiti ed i canoni asseritamente non percepiti.

SOLUZIONE

Il Tribunale esaminando le risultanze della CTU del pregresso procedimento cautelare di accertamento tecnico preventivo, deduceva  che a provocare l’incendio certamente concorreva la vetustà dell’impianto elettrico, ma non il fattore causale esclusivo, risultando un concorso di colpa della conduttrice, riscontrabile nell’aver utilizzato un asciugacapelli per un tempo prolungato con una  presa di corrente, rivelatasi inidonea a supportarne il voltaggio. Poiché l’art. 1588 c.c. sancisce che il conduttore non risponde solo ove provi la non imputabilità dell’evento, il concorso di colpa impedisce di superare la presunzione di responsabilità sancita dalla norma.  Per tale ragione la domanda di parte attrice non veniva accolta e quest’ultima veniva condannata al risarcimento dei danni subiti all’appartamento da parte locatrice, oltre le spese di giudizio.

QUESITI

Il Tribunale, analizzata la vicenda in esame e il ricorso per ATP ex art. 696 cpc precedentemente esperito da parte attrice, individuava preliminarmente la normativa di riferimento, richiamando giurisprudenza legittimità, la sentenza Cass. civ.  n. 15721 del 2015, ove veniva analizzata una  fattispecie analoga.

Gli ermellini confermavano che la violazione da parte del conduttore dell’obbligo di custodire la cosa locata comportava la responsabilità del medesimo ai sensi del combinato disposto del 1590 c.c. e 1177 c.c., escludendo la responsabilità ex art. 2051 c.c., in quanto detta norma disciplina la differente ipotesi di responsabilità per danni provocati a terzi dalla cosa in custodia e non per danni alla stessa cosa in custodita, dovendo estendersi la responsabilità extracontrattuale solo per danni provocati a terzi.

Applicando tale principio si può rilevare come la regola contenuta nell’art. 1590 c.c. preveda che il conduttore debba restituire al locatore il bene nello stato in cui l’aveva ricevuto, conformemente alla descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, ponendo una presunzione generica di colpa per eventuali danni a carico del conduttore,  superabile soltanto con la dimostrazione che la causa del danno non sia a lui imputabile. Il conduttore verrà ritenuto responsabile anche della perdita e del deterioramento cagionati da persone da lui ammesse, per mancato controllo sul loro comportamento.

Questo diverso campo di applicazione delle norme deriva dall’estensione oggettiva e soggettiva dell’obbligo di custodia gravante sul conduttore nel momento in cui riceve l’appartamento in consegna. Infatti come viene riportato nel precedente citato: “il conduttore assume la suddetta obbligazione verso locatore e con riguardo alla cosa locata, ossia all’insieme dei beni di cui egli gode durante la locazione. Non assume alcuna obbligazione per beni che si trovano al di fuori della cosa locata […]”.

In base alle risultanze della CTU del pregresso procedimento cautelare, emergeva che la causa scatenate l’incendio fosse  riconducibile alla “difettosità” dell’impianto elettrico (“sottodimensionamento  dei cavi e inadeguatezza giunzioni”) ma questa non era stata l’unica causa, risultando invece un chiaro concorso di colpa del conduttore, riscontrabile nell’aver adoperato l’elettrodomestico (asciugacapelli), sovradimensionato rispetto al carico di tensione sopportabile dai cavi di corrente, non risultando provato – da quest’ultimo – che i vizi insistenti sull’impianto elettrico fossero la causa esclusiva dell’incendio.

Per cui, nel caso di incendio della cosa locata ed in applicazione delle norme specifiche in materia, il conduttore risponde della perdita o deterioramento del bene, se non prova che il fatto si sia verificato per fatto a lui non imputabile.

Per quanto riguarda il rapporto locatizio deve essere applicato l’art. 1588 c.c., infatti l’inquilino risponderà dei danni cagionati alla cosa, in questo caso dell’appartamento, da lui in custodia, se non dimostra che la causa scatenante l’incendio non è a lui ascrivibile. L’inquilina avrebbe dovuto fornire una prova liberatoria che non ha fornito, da qui la soccombenza nel giudizio.

Il danno dell’immobile in questione infatti veniva quantificato sulla base e nei limiti della stima effettuata dal CTU, nel cautelare previamente esperito e l’inquilina veniva condannata a risarcirlo, nei limiti di quanto provato in giudizio con la riconvenzionale dalla parte locatrice e comunque tenuto conto del concorso di entrambe le parti – vuoi per la condotta vuoi per la vetustà – nella provocazione dell’incendio.

[1] Cass. Civ. n.1571 del 2015