21 Marzo 2016

PCT: modalità di deposito di documenti non digitalizzabili e di formati di file non ammessi

di Pietro Calorio Scarica in PDF

In un processo civile che sempre più sta andando verso la completa informatizzazione dei flussi documentali provenienti dai soggetti esterni, non viene meno (né mai verrà meno) la necessità di disciplinare l’acquisizione al processo di mezzi di prova appartenenti a due categorie: da un lato, i “documenti” (in senso lato) non suscettibili di essere digitalizzati (ad esempio, oggetti tridimensionali); dall’altro, i file aventi formato non ammesso dalle specifiche tecniche sul PCT (art. 12 D.M. Giustizia n. 44/2011 e art. 13 Provv. DGSIA 16/4/2014).

Sembra opportuno esaminare i due casi alla luce della normativa sull’obbligatorietà del deposito telematico: non di rado, infatti, nasce l’esigenza di dover sostenere la posizione della parte in causa mediante un mezzo di prova che non potrebbe (per sue qualità intrinseche o per limitazioni di carattere tecnico) essere versato in atti mediante deposito in via telematica.

 

Deposito telematico di documenti non digitalizzabili

Immaginiamo una controversia in materia di diritto industriale in cui l’imprenditore debba dimostrare che un’azienda concorrente ha imitato il suo prodotto (ad es. una bottiglietta): con che modalità depositare in giudizio il proprio prodotto e quello da usare come raffronto per consentire al Giudice di accertare la condotta lesiva della concorrenza?

La soluzione è ovvia: altro non si potrà fare che depositare fisicamente l’oggetto presso la Cancelleria del Giudice, poiché è impossibile (né utile, vista la finalità del procedimento) digitalizzare l’oggetto in modo da conservarne le caratteristiche sul piano probatorio: si potrebbe infatti dover discutere dei materiali di cui è composto, o di come si presenta al tatto, eccetera.

Allegare l’oggetto al deposito in modalità tradizione dell’atto di costituzione della parte potrebbe essere una soluzione giacché, come noto, il deposito telematico dell’atto con cui la parte si costituisce in giudizio non è soggetto ad obbligo di deposito in via telematica.

Ma quid se l’esigenza nasce in corso di procedimento, e si deve perciò provvedere al deposito unitamente ad una memoria istruttoria (che è ormai obbligatoriamente telematica)?

Il legislatore non sembra aver preso in considerazione questa ipotesi: a ben vedere, infatti, non pare pertinente né il richiamo all’art. 16-bis, comma 8, D.L. 179/2012 (“[] il giudice può autorizzare il deposito degli atti processuali e dei documenti […] con modalità non telematiche quando i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti), né al successivo comma 9 (“Il giudice può ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche”): è evidente, da un lato, che la modalità non telematica di deposito di un oggetto non dipende da un mancato funzionamento dei sistemi informatici ministeriali, e, dall’altro, che non è materialmente possibile trasformare l’oggetto di cui si parla in un documento cartaceo!

In tale situazione è quantomai opportuno ricorrere al buon senso, e pertanto appare prudente il deposito di istanza volta ad ottenere l’autorizzazione al deposito di quel singolo mezzo di prova in modalità tradizionale che, per essere tempestivo, dovrà ovviamente eseguirsi entro i termini decadenziali previsti dalla normativa processuale. Il tutto, ovviamente, ferma restando la necessità di depositare in via telematica la memoria nonché gli altri eventuali documenti, poiché non sembra che tale autorizzazione possa estendersi a tutto il “plico” del deposito in ragione delle norme di legge sull’obbligatorietà del deposito telematico.

 

Deposito telematico di formati di file non ammessi

E’ noto che la normativa regolamentare e tecnica sul Processo Telematico non consente il deposito come allegati di formati diversi da quelli indicati[1]: non sono ad esempio ammessi tutti i formati video (es. .mpg, .avi, .mp4, .mov) e audio (es. .wav, .mp3, .m4a); non sono ammessi numerosi e largamente utilizzati formati di testo e di foglio di calcolo (.docx, .doc, .xlsx, .xls, .odt, .ods); non sono ammessi i formati di disegno di AutoDesk AutoCAD (.dwg); e neppure viene ammesso il deposito di alcuni formati neanche se contenuti all’interno di file compressi (es. .zip, .rar), o all’interno di messaggi di posta elettronica (formati .eml e .msg): in quest’ultimo caso il depositante è tenuto a convertire i file, ove possibile, in formati ammessi, e a depositarli separatamente dal file che li contiene.

Peraltro, poiché può trattarsi di materiale rilevante a livello probatorio, il deposito deve considerarsi senz’altro ammissibile, ma unicamente con modalità non telematica: per molti dei formati citati (su tutti, quelli audio e video) non è possibile il deposito telematico previa conversione in un formato ammesso, né è possibile l’estrazione di copia cartacea (donde l’inapplicabilità del sopra citato art. 16-bis, comma 9, D.L. 179/2012 – autorizzazione al deposito di “copia cartacea di atti e documenti”).

Quale, allora, il fondamento normativo della possibilità di deposito in modalità tradizionale?

Non senza sforzo interpretativo, esso può rinvenirsi nel già citato art. 16-bis, comma 8, D.L. 179/2012, anche se in questo caso, più che di “non funzionalità” dei sistemi, siamo in presenza di limitazioni di formato previste dalla normativa regolamentare.

Dovendo dunque conciliare l’esigenza di provvedere comunque al deposito da un lato con le disposizioni concernenti l’obbligatorietà del deposito telematico degli atti (in special modo per quelli delle “parti precedentemente costituite”) dall’altro, l’unica via percorribile appare la formulazione di una preventiva istanza al Giudice volta ad autorizzare la parte al deposito non telematico del file in formato non ammesso (ad esempio mediante supporto ottico non riscrivibile, un CD-ROM).

Valgono naturalmente le considerazioni di cui sopra in merito alla necessità di perfezionare il deposito entro i termini decadenziali eventualmente previsti, e di depositare comunque in modalità telematica tutti i tipi di file che la normativa tecnica ammette.

Si pensi ad un caso pratico: se un’email (file .eml o .msg) contiene un foglio di calcolo in formato Excel (.xlsx/.xls, non ammesso), occorre preventivamente convertirlo ad esempio in formato PDF e depositarlo in tale veste informatica, facendo eventualmente presente al Giudice che il file originale si trova all’interno del file .eml o .msg, che pure si provvederà a depositare.

Quanto ai formati audio e video, esistono soluzioni (come ad es. Adobe Acrobat, software proprietario e a pagamento per creare e modificare file in formato PDF) con cui è possibile includerli in un PDF: in questo modo sarebbe possibile “ingannare” i sistemi e depositare il file non ammesso.

Cionondimeno tale procedimento appare rischioso, in quanto l’incorporazione in un PDF di un file multimediale potrebbe essere in contrasto con le caratteristiche dello standard “PDF/A” richiesto dalle regole tecniche sulla conservazione di cui al D.P.C.M. 3/12/2013, anch’esse applicabili al PCT.

Dal punto di vista giuridico processuale, inoltre, il deposito di un “contenuto” (il flusso audio o video) non ammesso potrebbe esporre la parte ad un’eccezione di inammissibilità, ancorché il formato “contenitore” del flusso (il file .pdf, nell’esempio) sia ammesso dalla normativa. La via di estrema prudenza, perciò, appare quella già delineata del deposito non telematico di un supporto informatico contenente il file in formato non ammesso.

[1]    Formati .pdf, .rtf, .txt, .jpg, .gif, .tiff, .xml, .eml, .msg, .zip, .rar, .arj. Cfr. art. 12 D.M. Giustizia n. 44/2011 e art. 13 Provv. DGSIA 16/4/2014.