23 Marzo 2021

Il pagamento dell’indennità per il patto di non concorrenza postcontrattuale nel rapporto di agenzia

di Valerio Sangiovanni, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale di Venezia, 19 gennaio 2021

Parole chiave

Contratto di agenzia – Patto di non concorrenza postcontrattuale – Pagamento dell’indennità

Massima

Nell’ambito del contratto di agenzia, in presenza di un patto di non concorrenza postcontrattuale il preponente è obbligato a corrispondere all’agente un’indennità, il cui ammontare va calcolato in base all’accordo economico collettivo applicabile al caso di specie.

Disposizioni applicate

Art. 1751 bis c.c. (patto di non concorrenza)

CASO

Fra le parti venne originariamente concluso, nel 1991, un contratto di agenzia. Nel 2003 il contratto di agenzia venne integrato con un patto di non concorrenza postcontrattuale della durata di due anni. Infine, nel 2017, il preponente invia disdetta dal contratto di agenzia. Cessato il rapporto di agenzia, l’agente chiede al preponente il pagamento di una somma per il periodo di due anni previsto dal patto di non concorrenza. Poiché il preponente non effettua il pagamento, l’agente cita il preponente davanti al Tribunale di Venezia.

SOLUZIONE

Il Tribunale di Venezia ritiene fondata la richiesta dell’agente e condanna dunque il preponente a pagare l’importo di € 44.763 a titolo di indennità per il divieto di concorrenza postcontrattuale.

QUESTIONI

L’art. 1751 bis c.c., rubricato “patto di non concorrenza” prevede che “il patto che limita la concorrenza da parte dell’agente dopo lo scioglimento del contratto deve farsi per iscritto. Esso deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni o servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia e la sua durata non può eccedere i due anni successivi all’estinzione del contratto” (comma 1).

La disposizione riguarda il patto che limita la concorrenza dopo lo scioglimento del contratto. Durante il rapporto, difatti, le parti non possono farsi reciproca concorrenza. Più precisamente “il preponente non può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività, né l’agente può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro” (art. 1743 c.c.). Finché è in forza il contratto di agenzia vi è un’esclusiva reciproca, la quale implica che le parti non possano farsi concorrenza. Del resto l’obiettivo comune di preponente e agente è quello di massimizzare le vendite, e questo risultato può essere raggiunto solo in caso di massima collaborazione fra le parti. La prospettiva cambia completamente una volta scioltosi il contratto: il vincolo di esclusiva non sussiste più, e le parti possono liberamente farsi concorrenza. Per quanto riguarda in particolare l’agente, questi potrà iniziare a lavorare per un secondo preponente, anche se si tratta di preponente che opera in concorrenza con il primo preponente. Del resto si tratta della soluzione più vantaggiosa per l’agente, il quale è già introdotto in un certo mercato e può dunque apportare maggiori vantaggi al nuovo preponente.

Se il preponente vuole evitare che l’agente, una volta cessato il rapporto, inizi un’attività in concorrenza, deve limitare l’agente con un apposito patto e deve riconoscergli un’indennità per le limitazioni poste. Come emerge dall’art. 1751 bis c.c., le parti del contratto di agenzia possono limitare la concorrenza dell’agente una volta cessato il rapporto di agenzia. Poiché la limitazione alla concorrenza può implicare una significativa restrizione della capacità lavorativa dell’agente, la disposizione pone alcuni vincoli:

1) è necessaria la forma scritta;

2) il patto deve riguardare la medesima zona;

3) le limitazioni alla concorrenza non possono durare più di due anni.

Laddove venga stipulato un patto di non concorrenza che travalica questi limiti fissati dalla legge, si pone la domanda se il patto sia totalmente nullo (non operando dunque alcun divieto di concorrenza) oppure se sia nullo solo parzialmente, nella misura in cui esorbita dai limiti. La Corte di cassazione (16 settembre 2010, n. 19586) ha preso posizione sul punto, statuendo che il patto di non concorrenza è valido solo nell’ambito della medesima zona e clientela, mentre deve ritenersi nullo per le parti eccedenti, con esclusione di ogni derogabilità da parte della contrattazione collettiva attesa la natura indisponibile alle parti della previsione di cui all’art. 1751 bis comma 1 c.c. Questa soluzione (nel senso di conservazione parziale del patto) è del resto conforme alle regole generali sulla nullità parziale. A mente, difatti, dell’art. 1419 comma 1 c.c. “la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità”. Ex negativo si ricava che, di norma, la nullità di parte del contratto non implica la nullità dell’intero contratto.

Il comma 2 dell’art. 1751 bis c.c. prevede che “l’accettazione del patto di non concorrenza comporta, in occasione della cessazione del rapporto, la corresponsione all’agente di una indennità di natura non provvigionale. L’indennità va commisurata alla durata, non superiore a due anni dopo l’estinzione del contratto, alla natura del contratto di agenzia e all’indennità di fine rapporto. La determinazione della indennità in base ai parametri di cui al precedente periodo è affidata alla contrattazione tra le parti tenuto conto degli accordi economici nazionali di categoria. In difetto di accordo l’indennità è determinata dal giudice in via equitativa”. Il Tribunale di Venezia, nella sentenza del 19 gennaio 2021, fa un’applicazione lineare di queste disposizioni di legge, calcolando l’indennità sulla base dell’AEC applicabile al caso di specie.

Qualche volta le parti concordano che l’indennità per il patto di non concorrenza postcontrattuale venga pagata già durante il rapporto, e non solo alla fine. Dal punto di vista letterale, questa soluzione parrebbe in contrasto con la legge. L’art. 1751 bis comma 2 c.c. prevede difatti che “l’accettazione del patto di non concorrenza comporta, in occasione della cessazione del rapporto, la corresponsione all’agente commerciale di una indennità”. Questo meccanismo risulta però rigido, in quanto potrebbe essere vantaggioso per ambedue le parti che l’indennità venga pagata, almeno in parte, già durante il rapporto, sia per sostenere economicamente l’agente fin da subito, sia per evitare che l’esborso del preponente risulti troppo oneroso alla fine del rapporto. Il Tribunale di Roma (17 marzo 2016) si è occupato di questa problematica. Secondo il tribunale capitolino il richiamo al momento della cessazione del rapporto contenuto in tale disposizione attiene alla maturazione del relativo diritto, laddove nulla esclude che le parti si accordino per un pagamento frazionato già in costanza di rapporto, costituendo tale modalità espressione di una loro libera scelta.