1 Agosto 2017

Ordinanza di ingiunzione ex art. 186 ter c.p.c. e condanna per responsabilità aggravata

di Simone Calvigioni Scarica in PDF

Trib. Verona, ord. 28 marzo 2017 – G.U. Vaccari

Spese giudiziali civili – Responsabilità aggravata – Procedimento civile – Ordinanza di ingiunzione – Poteri del giudice (Cod. proc. civ., art. 96, 186 ter)

[1] Nel pronunciare l’ordinanza di ingiunzione di cui all’art. 186 ter c.p.c. il giudice può condannare la parte soccombente che si sia difesa con mala fede o colpa grave al pagamento di una somma equitativamente determinata ai sensi dell’art. 96, 3° comma, c.p.c., ferma la revocabilità e modificabilità della statuizione nel caso in cui, all’esito del giudizio, la parte condannata dovesse risultare anche solo parzialmente vittoriosa.

CASO

[1] L’attore chiedeva l’emissione dell’ordinanza di ingiunzione ex art. 186 ter c.p.c. per il pagamento del proprio compenso professionale. A tal fine produceva il contratto di consulenza e due fatture, unitamente a copia conforme del registro I.V.A.

Il convenuto non contestava l’esistenza del rapporto contrattuale, né opponeva prova scritta o di pronta soluzione per contrastare la pretesa avversaria; chiedeva però di poter citare in giudizio un terzo soggetto, che l’attore avrebbe potuto avere interesse ad ascoltare come testimone.

SOLUZIONE

[1] Il giudice emetteva ordinanza immediatamente esecutiva ex art. 186 ter c.p.c., con la quale ingiungeva al convenuto il pagamento del compenso fatturato, condannandolo alla corresponsione delle spese di lite maturate, nonché, ai sensi dell’art. 96, 3° comma, c.p.c., al pagamento in favore dell’attore di una somma equitativamente determinata (ossia ad una somma «di poco inferiore alla metà dell’importo liquidato a titolo di compenso»), in ragione della condotta processuale scorretta che aveva tenuto fino a quel momento. A tal fine è stata valorizzata la circostanza secondo cui il convenuto avesse pretestuosamente chiesto di citare in giudizio un terzo al solo reale scopo di impedire alla controparte di assumerlo come testimone.

QUESTIONI

[1] Non constano precedenti in termini.

Nella dottrina, specificamente sul tema, v. Trapuzzano, La responsabilità processuale aggravata, Roma, 2014, 380, secondo cui «i decreti ingiuntivi e l’ordinanza-ingiunzione non costituiscono provvedimenti idonei alla disposizione della condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c., sebbene l’art. 641, ult. co., c.p.c., come richiamato dall’art. 186 ter, 2° co., c.p.c., stabilisca la liquidazione delle spese e competenze» (per riferimenti in ordine ai giudizi cui è stata ritenuta applicabile la disposizione di cui all’art. 96 c.p.c., v., oltre all’autore succitato, Vaccari, Le spese dei processi civili, Milano, 2017, 173).

L’art. 96, 3° comma, attribuisce al giudice la possibilità di condannare la parte soccombente al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore dell’altra parte «quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’art. 91». L’art. 91 c.p.c. stabilisce che «il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a sé, condanna […]» (per riferimenti sull’ambito di applicazione dell’art. 91 c.p.c., v. Commentario al codice di procedura civile – Artt. 75-162, a cura di P. Cendon, Milano, 2012, 367).

L’ordinanza ex art. 186 ter c.p.c. non chiude il giudizio, né alcuna sua fase (a differenza, peraltro, del decreto ingiuntivo), ed è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli artt. 177 e 178, 1° comma, c.p.c. Il legislatore ha stabilito espressamente che l’ordinanza debba contenere «i provvedimenti previsti dall’art. 641, ultimo comma», ossia anche la liquidazione delle spese e competenze, che altrimenti sarebbe stata verosimilmente resa esclusivamente con la pronuncia definitiva; per riferimenti in ordine alla pronuncia sulle spese nelle ordinanze ex artt. 186 bis e 186 quater c.p.c., v. Comoglio, in Commentario del codice di procedura civile, diretto da L.P. Comoglio – C. Consolo – B. Sassani – R. Vaccarella, Torino, 2012, I, 1180.

Pare quindi potersi nutrire più di un dubbio sull’applicabilità dell’art. 96, 3° comma, c.p.c., in sede di pronuncia dell’ordinanza di ingiunzione di cui all’art. 186 ter c.p.c., anche perché, nel momento in cui tale ordinanza viene resa nel corso del giudizio, non è ancora possibile apprezzare la condotta processuale complessiva delle parti (tenuta cioè nel successivo svolgimento del giudizio), né è possibile sapere se la parte condannata risulterà pienamente soccombente, ovvero soccombente solo in parte, ovvero vincitrice. E non pare sufficiente far leva sulla revocabilità e modificabilità dell’ordinanza per giustificare l’emissione di una condanna ex art. 96, 3° comma, in corso di giudizio, in quanto essa pare anche idonea a far trasparire un pre-giudizio (da evitare) del giudice nei confronti della causa e di una delle parti.

Nella dottrina che si è occupata della questione relativa alla condanna alle spese da disporsi con l’ordinanza di cui all’art. 186 ter c.p.c. è prevalente l’indirizzo secondo cui essa «conterrà la liquidazione delle spese e delle competenze relative al subprocedimento interinale monitorio (dall’istanza sino all’adozione dell’ordinanza), restando il regolamento delle spese dell’intero giudizio riservato alla sentenza definitiva» (così, ex multis, Negri, in Commentario del codice di procedura civile, cit., III, 440; Sassani – Tiscini, Provvedimenti anticipatori (dir. proc. civ.), in Enc. dir., V Agg., Milano, 2001, 881; Cirulli, L’ordinanza ingiuntiva, in G. Basilico – M. Cirulli, Le condanne anticipate nel processo civile di cognizione, Milano, 1998, 257). In senso contrario v. Balena, Le ordinanze anticipatorie di condanna, in La riforma del processo di cognizione, Napoli, 1994, 275, nota 61, secondo il quale le spese da liquidare con l’ordinanza ex art. 186 ter c.p.c. sono quelle dell’intero processo e non solo quelle relative al subprocedimento monitorio.