30 Agosto 2016

Notificazioni telematiche e gestione della casella PEC del destinatario: la Cassazione non tollera défaillances

di Andrea Ricuperati Scarica in PDF

Cass. Civ., Sez. VI – 1, 7 luglio 2016, n. 13917Pres. Ragonesi – Rel. Genovese

Procedimento per la dichiarazione di fallimento – notificazione di ricorso e decreto di convocazione del debitore – a mezzo posta elettronica certificata – generazione della ricevuta di accettazione e della ricevuta di avvenuta consegna –– sufficienza (art. 15, comma 3, R.D. 16.3.1942, n. 267; art. 6 D.P.R. 11.2.2005, n. 68; art. 45, comma 2, D.Lgs. 7.3.2005, n. 82)

[1] La notificazione via PEC del ricorso per la dichiarazione di fallimento e del decreto di convocazione del debitore dinanzi al tribunale si perfeziona, per la cancelleria mittente, con la venuta ad esistenza della ricevuta di accettazione, e per il destinatario, con la generazione della ricevuta di avvenuta consegna.

Imprenditore – notificazioni telematiche – casella di posta elettronica certificata – verifica del corretto funzionamento – necessità (art. 16, comma 6, D.L. 29.11.2008, n. 185, conv. L. 2.1.2009, n. 2; art. 5, commi 1 e 2, D.L. 18.10.2012, n. 179, conv. L. 17.12.2012, n. 221)

[2] Ciascun imprenditore (individuale o collettivo), essendo tenuto per legge a dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, ha l’onere di provvedere con idonei strumenti e programmi alla diligente gestione e manutenzione della propria casella PEC, non potendo altrimenti censurare la validità ed efficacia delle notificazioni telematiche a lui destinate né invocare la cd. forza maggiore per chiedere fondatamente la rinnovazione delle medesime.

CASO
[1-2] Nel marzo del 2015 la Corte d’Appello di Milano respingeva il reclamo ex art. 18 R.D. 16.3.1942, n. 267, proposto dalla società Alfa avverso la sentenza del Tribunale che ne aveva dichiarato il fallimento; a sostegno dello statuito rigetto, il Collegio territoriale milanese affermava l’infondatezza della doglianza della reclamante, secondo cui la notificazione via PEC del ricorso introduttivo e del decreto di convocazione della debitrice nell’udienza ex art. 15 l.f. non si sarebbe perfezionata a causa del malfunzionamento – determinato da un virus informatico – dell’account di posta elettronica certificata della destinataria. Secondo la Corte d’Appello, la società Alfa si sarebbe in realtà disinteressata della gestione del proprio programma, omettendo di controllare la posta in arrivo e di dotarsi di idoneo software antivirus.

Il provvedimento veniva impugnato dinanzi alla Corte di Cassazione da Alfa, la quale asseriva essere stati travisati gli elementi fattuali relativi allo stato dell’account di PEC e – in via subordinata – eccepiva l’illegittimità costituzionale del sistema normativo che, in caso di mancata comparizione del debitore all’udienza ex art. 15 l.f., non prevede la rinnovazione della notifica del relativo avviso.

SOLUZIONE
[1-2] Il Supremo Collegio ha rigettato il gravame, osservando che:

  • ai fini del perfezionamento della notificazione via PEC (ai sensi dell’art. 15, terzo comma, del R.D. 16.3.1942, n. 267) di ricorso e decreto di convocazione del debitore nell’àmbito della procedura volta all’accertamento dei presupposti per la declaratoria di fallimento, è necessario – e sufficiente – il rispetto della sequenza stabilita dalla legge, sicché basta l’avvenuta generazione della ricevuta di accettazione del messaggio di posta elettronica certificata (comprovante il suo invio da parte del mittente) e della ricevuta di avvenuta consegna (attestante il recapito del messaggio nella casella del destinatario);
  • è onere dell’imprenditore, obbligato per legge a dotarsi di un indirizzo PEC (v. artt. 16, comma 6, D.L. 29.11.2008, n. 185 [conv. dalla L. 2.1.2009, n. 2], per le società, e 5, commi 1 e 2, D.L. 18.10.2012, n. 179 [conv. dalla L. 17.12.2012, n. 221], per le ditte individuali), assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella di posta, ove necessario delegando detto compito a persona esperta nel settore;
  • tale doverosa – e nient’affatto straordinaria – diligenza si estende all’utilizzo di dispositivi di vigilanza e controllo ed all’adozione di misure anti-intrusione, nonché alla verifica dei messaggi in arrivo (ivi inclusi quelli smistati nella casella di posta indesiderata);
  • la certezza tecnica della disponibilità e leggibilità del messaggio PEC da parte del destinatario, insita nell’esistenza della ricevuta di avvenuta consegna, ed il dovere – legislativamente sancito – di utilizzare le modalità “tradizionali” di notifica (a mezzo ufficiale giudiziario o posta cartacea) solo in caso di anomalie della sequenza procedimentale sopra descritta, escludono ogni contrasto del sistema con la Costituzione;
  • l’ipotesi della cd. forza maggiore, pur in astratto possibile, nella vicenda in esame non sussiste, atteso che è stata la stessa società Alfa ad ammettere di non aver controllato le e-mail pervenutele nella casella di posta elettronica (ancorché archiviate all’interno di quella contenente i messaggi “indesiderati”).

QUESTIONI
[1-2] La sentenza in commento si pone in linea con quel filone giurisprudenziale rigoroso che sempre meno tollera disattenzioni o superficialità nella gestione della posta elettronica certificata da parte dei protagonisti del processo civile (siano essi le parti od i loro difensori), reputando che rientri nella normale diligenza dell’interessato non solo l’adozione delle infrastrutture occorrenti per la corretta lettura dei messaggi, ma anche l’osservanza dei compiti di manutenzione estrinsecantisi nella costante verifica della capienza della casella, della durata del rapporto di fornitura del servizio col provider scelto e del funzionamento dei sistemi antivirus e antispam; col corollario per cui la violazione di tali regole di auto-responsabilità impedisce al soggetto di sollevare fondate censure in ordine alla validità ed efficacia delle notifiche telematiche a lui destinate, nonché di chiedere con buone chances di successo la rinnovazione delle formalità.

Al riguardo, tra le più recenti pronunce meritano di essere citate Cass. Civ., Sez. VI – 1, ord., 6 luglio 2016, n. 13817 (resa in fattispecie del tutto analoga a quella in esame), e Trib. Milano, ord., 20 aprile 2016 (emessa con riferimento all’ipotesi di una comunicazione telematica di cancelleria non giunta alla casella PEC del difensore a causa della mancata liberazione dello spazio di quest’ultima da parte dell’avvocato titolare), oltre al precedente (Cass. Civ., Sez. I, 2 novembre 2015, n. 22352) richiamato dallo stesso Supremo Collegio nella decisione qui annotata.

Sul principio secondo il quale la notificazione eseguita via PEC si perfeziona per il destinatario al momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna del messaggio, vedasi il disposto degli artt. 149-bis, terzo comma, c.p.c., 45, comma 2, D.Lgs. 7.3.2005, n. 82, e 6, comma 3, D.P.R. 11.2.2005, n. 68, nonché – per le notifiche telematiche degli avvocati – il terzo alinea dell’art. 3-bis L. 21.1.1994, n. 53.