27 Luglio 2015

L’insospettabile fascino del petitum sostanziale: le Sezioni Unite consentono di trasformare l’azione ex art. 2932 c.c. in domanda di accertamento della proprietà

di Stefano Nicita Scarica in PDF

Cass. civ. Sez. Unite, 15 giugno 2015, n. 12310

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Domanda giudiziale – Modificazione – Domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto ex art. 2932 cod. civ. – Trasformazione in domanda di accertamento dell’avvenuto acquisto della proprietà – Ammissibilità 
(C.p.c. artt. 183, 189, 395; C.c. art. 2932)

[1] La modificazione della domanda ammessa a norma dell’art. 183 c.p.c., può riguardare anche uno o entrambi gli elementi identificativi della medesima sul piano oggettivo (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti in ogni caso connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio, e senza che per ciò solo si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte ovvero l’allungamento dei tempi processuali. Ne consegue che deve ritenersi ammissibile la modifica, nella memoria all’uopo prevista dall’art. 183 c.p.c., della iniziale domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto in domanda di accertamento dell’avvenuto effetto traslativo.

CASO
[1] I promissari acquirenti di un terreno convengono in giudizio il promittente, dopo la mancata stipula del contratto definitivo di compravendita, chiedendo che venga pronunciata sentenza, ai sensi dell’art. 2932 c.c., per effetto della quale si trasferisca loro la proprietà promessa.
Tuttavia, successivamente, nella memoria depositata, nel termine concesso ai sensi dell’art. 183 c.p.c., comma 5 (nel testo precedente al d.l. 14 marzo 2005, n. 35 e succ. modd.), gli attori modificano l’originaria domanda e chiedono la pronuncia di sentenza dichiarativa dell’avvenuto trasferimento del terreno, “riqualificando” il contratto stipulato come definitivo anziché preliminare di vendita immobiliare.
Il Tribunale di Forlì accoglie. La Corte d’appello di Bologna conferma.
La domanda basata sul medesimo contratto diversamente qualificato – motiva il giudice del gravame – costituisce semplice specificazione della pretesa originaria, quindi, mera emendatìo libelli in quanto il thema decidendum rimane l’accertamento dell’esistenza di uno strumento giuridico idoneo al trasferimento della proprietà, con sostanziale identità del bene effettivamente richiesto (c.d. petitum sostanziale) e della causa petendi, costituita dal contratto del quale era stata prospettata, rispetto alla domanda originaria, soltanto una diversa qualificazione giuridica.
Il soccombente ricorre per Cassazione. La Corte respinge il ricorso, enucleando il principio riportato nella massima.
SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte si impegna, sul punto, in una vera e propria operazione di system policy del processo civile. La sentenza, infatti, dà atto dell’orientamento giurisprudenziale contrario (ad oggi pressoché univoco, fatta eccezione per Cass., 3 settembre 2013, n. 20177 – rv. 627632 – in CED Cassazione) ma rileva anche contrasti sistematici impliciti in numerose pronunce ed è concepita in chiave dichiaratamente nomofilattica onde ”riportare a sintesi univoca e manifesta il processo di adeguamento della ermeneutica giuridica al contesto legislativo e culturale in trasformazione”: come dire (sartrianamente) che l’esistenza precede l’essenza.
In sintesi, le Sezioni Unite affermano che le domande sono “nuove” solo se “ulteriori” o “aggiuntive”; mentre sono “modificate”, anche se in alcuni elementi fondamentali, quando si pongono in un “rapporto di alternatività” rispetto alla domanda originaria. Requisiti per ammettere tale modifica sono: (a) che la domanda modificata risulti in ogni caso connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio; (b) che non si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte; (c) che non si verifichi l’allungamento dei tempi processuali.

QUESTIONI
[1] In generale, la giurisprudenza è stata, finora, ferma nell’ammettere soltanto la c.d. emendatio libelli, “ravvisabile quando non si incide né sulla causa petendi, né sul petitum” [ndr.: così in motivazione della pronuncia a SS.UU.].
La giurisprudenza considera, invece, inammissibile la c.d. mutatio libelli, “ravvisabile quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima, ed in particolare su di un fatto costitutivo differente, così ponendo al giudice un nuovo tema d’indagine” [ndr.: così in motivazione della pronuncia a SS.UU.]. 
La difficoltà creata da una tale distinzione sta nella sua traduzione pratica. Sul punto v. Consolo-Luiso-Sassani, Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996, 151; Proto Pisani, Lezioni di Diritto processuale civile, Napoli, 2010, 112; Comoglio-Ferri- Taruffo, Lezioni sul processo civile, Bologna, 2005, 598; Consolo, Mutatio libelli…, in Riv. dir. proc. 1990, 640. 

Va ricordato, in merito, che la giurisprudenza si è dimostrata assai rigorosa in caso di cause c.d. eterodeterminate (relative cioè a situazioni giuridiche che nel medesimo tempo possono coesistere più di una volta tra gli stessi soggetti – ad es. crediti a prestazioni di beni fungibili): in tal caso a determinare la mutatio libelli è stato considerato sufficiente la modifica sostanziale del petitum ovvero della causa petendi. Nelle cause c.d. autodeterminate (relative a situazioni giuridiche che nel medesimo tempo non possono esistere più di una volta tra gli stessi soggetti: ad es. diritto di proprietà o altro diritto reale; ovvero il diritto potestativo corrispondente all’esercizio di un’azione costitutiva, qual è appunto l’azione ex art. 2932 c.c.), invece, si è ritenuto che la trasformazione della sola causa petendi – invariato il petitum – non integrasse mutatio libelli ma semplice emendatio. Sul punto v. Cass., 7 dicembre 2000, n. 15541, in Mass. Giur. it., 2000; Cass., 17 maggio 2010, n. 12039 (rv. 612939); Cass., 8 febbraio 2010, n. 2723 (rv. 611736); Cass., 9 novembre 2009, n. 23708 (rv. 610648); Cass., 25 gennaio 2008, n. 1740 (rv. 601301); Cass., Sez. un., 5 marzo 1996, n. 1731 (rv. 496140): tutte in CED Cassazione. In dottrina, v. Consolo, Domande autodeterminate e litisconsorzio necessario nel giudizio arbitrale, Riv. Dir. Proc., 2013, 6, 1406.

In conclusione, con un révirement rispetto alla precedente giurisprudenza, le SS.UU. dichiarano ammissibile la modificazione (a norma dell’art. 183 c.p.c.) dell’azione ex art. 2932 c.c. in domanda di accertamento della proprietà, sempre che restino immutati il c.d. petitum sostanziale (proprietà del bene) e la causa petendi (identico titolo contrattuale dedotto, sebbene con altra qualificazione giuridica).