1 Febbraio 2016

Le vendite forzate a prezzi ribassati secondo il D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito in L. 6 agosto 2015 n. 132

di Salvatore Ziino Scarica in PDF


  1. Premessa. – Il d.l. 27.6.2015, n. 83, recante «Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria», convertito in legge 6.8.2015, n. 132, ha introdotto ulteriori modifiche al codice di procedura civile.

    Esamineremo in sintesi le principali disposizioni in materia di vendita forzata di immobili. Le novità per molti aspetti appaiono utili per immettere nel mercato i beni pignorati, accelerare le vendite forzate ed agevolare la soddisfazione dei creditori; saranno anche segnalati alcuni punti critici.

    La nuova disciplina trova applicazione anche alle procedure pendenti (cfr. art. 23, nono comma, d.l. n. 83/2015). 

  1. La determinazione del valore del bene e il contenuto della perizia di stima. – Il nuovo testo dell’art. 568 c.p.c. stabilisce che, ai fini dell’espropriazione, il valore del bene pignorato è determinato dal giudice dell’esecuzione avendo riguardo al «valore di mercato». È venuto meno il richiamo (ormai obsoleto) al reddito dominicale e alla rendita catastale.

    Il giudice dell’esecuzione deve basarsi sugli «elementi forniti dalle parti e dall’esperto nominato ai sensi dell’art. 569, primo comma».

    L’esperto è chiamato a prestare il giuramento in cancelleria (e non più davanti al giudice), mediante sottoscrizione del verbale di accettazione dell’incarico.

    Il nuovo testo dell’art. 568 c.p.c. impone all’esperto di determinare il valore di mercato indicando in modo analitico i criteri adoperati.

    Il legislatore ha recepito alcune prassi diffuse ed ha stabilito espressamente che l’esperto deve procedere al «calcolo della superficie dell’immobile, specificando quella commerciale, del valore per metro quadro e del valore complessivo, esponendo analiticamente gli adeguamenti e le correzioni della stima» (art. 68, secondo comma, c.p.c.).

    Dopo avere eseguito questi calcoli, l’esperto è chiamato ad operare alcune riduzioni per ottenere quello che possiamo definire un «valore di mercato rettificato».

    In particolare l’esperto deve apportare una «riduzione del valore di mercato» per la «assenza della garanzia per vizi del bene venduto» e deve apportare ulteriori riduzioni del prezzo base indicando nella perizia di stima gli eventuali «oneri di regolarizzazione urbanistica, lo stato d’uso e di manutenzione, lo stato di possesso, i vincoli e gli oneri giuridici non eliminabili nel corso del procedimento esecutivo, nonché per le eventuali spese condominiali insolute».

    Il legislatore ha preso atto che, salvo casi davvero eccezionali, il bene oggetto di vendita forzata non ha lo stesso valore di mercato del bene oggetto delle normali contrattazioni e quindi può essere venduto per un prezzo inferiore: è così superato il favor debitoris che ha sempre caratterizzato la disciplina della espropriazione immobiliare.

    L’art. 173 bis disp.att. c.p.c. contiene ulteriori disposizioni sul contenuto della perizia: anche questa norma è stata modificata dal d.l. n. 83/2015.

    Adesso l’esperto deve indicare se eventuali opere abusive sono suscettibili di sanatoria e i relativi costi; deve pure specificare se i beni pignorati sono gravati da censo, livello o uso civico e se vi sia stata affrancazione da tali pesi, l’importo annuo delle spese fisse di gestione o di manutenzione e le eventuali spese straordinarie già deliberate anche se il relativo debito non sia ancora scaduto, nonché le spese condominiali non pagate negli ultimi due anni anteriori alla data della perizia e gli eventuali procedimenti giudiziari relativi al bene pignorato.

    Tutte queste verifiche dovranno essere eseguite con scrupolo, in quanto nel caso di errori l’esperto sarà responsabile nei confronti dell’aggiudicatario (sulla responsabilità dell’esperto, Cass. 18 novembre 2015, n. 18313, in Eclegal, 11 gennaio 2016, con nota di Ziino, S., Nel caso di errori nella stima dei beni pignorati, il perito risponde dei danni nei confronti dell’aggiudicatario, e Cass. 2 febbraio 2010, n. 2359, in Danno e resp., 2010, 1054, con nota di Bugatti, L., Tutela dell’acquirente tra responsabilità professionale e vendita giudiziaria).

    La riforma ha pure modificato la disciplina dei compensi dell’esperto, per evitare che l’ausiliare del giudice possa sovrastimare il bene.

    Talvolta, infatti, la sopravvalutazione dei beni pignorati è conseguenza del meccanismo che regola la liquidazione dei compensi degli ausiliari del giudice: i compensi non sono collegati al metodo utilizzato dallo stimatore o al grado di diligenza, ma al valore del bene, ovvero al risultato della valutazione (si ricorda che la normativa sulla liquidazione dei compensi è contenuta nella legge 8 luglio 1980, n. 319, «Compensi spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell’autorità giudiziaria », dal d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia», e dal decreto del Ministero della Giustizia 30 maggio 2002, che ha approvato le tabelle sulla liquidazione dei compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori).

    A causa di questo meccanismo, l’esperto viene a trovarsi in conflitto di interessi e può essere indotto a sopravvalutare l’immobile, in modo da ottenere una liquidazione più gratificante: ciò comporta ritardi nella vendita e un aumento dei costi per il creditore procedente.

    Per ovviare a questi inconvenienti, le nuove disposizioni stabiliscono che il compenso dell’esperto viene «calcolato sulla base del prezzo ricavato dalla vendita. Prima della vendita non possono essere liquidati acconti in misura superiore al cinquanta per cento del compenso calcolato sulla base del valore di stima» (art. 161, terzo comma, disp.att. c.p.c., introdotto dalla legge di conversione del d.l. n. 83/2015).

    In seguito a questa riforma, nel caso di ritardi nella vendita del bene, l’esperto non potrà ottenere il pagamento del saldo, sicché dovrebbe essere indotto ad attribuire al bene un prezzo ragionevole, che possa invogliare eventuali acquirenti.

    Il nuovo sistema consente pure al giudice dell’esecuzione di controllare l’operato dell’esperto: al momento della liquidazione del saldo, il giudice dell’esecuzione potrà verificare se la stima era congrua rispetto al prezzo di aggiudicazione.

    Si deve ritenere che il compenso dell’esperto continuerà ad essere liquidato sul valore di stima in tutti i casi in cui il bene non potrà essere venduto (per esempio, nel caso di estinzione del processo esecutivo o nel caso in cui il debitore chiede la conversione del pignoramento). 

  1. La vendita a prezzo «ribassato» di un quarto. – Per incentivare la partecipazione alle vendite ed «esternalizzare» l’attività degli organi giurisdizionali, la riforma del 2015 ha pure stabilito che, salvo esigenze specifiche, le operazioni di vendita devono essere delegate ad un professionista (art. 591 bis, secondo comma, c.p.c., introdotto dal d.l. n. 83/2015).

    Le vendite si devono svolgere senza incanto: la vendita con incanto può essere fissata soltanto nel caso in cui il giudice dell’esecuzione o il professionista ritenga che la vendita all’incanto «possa aver luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell’articolo 568» (cfr. art. 569, terzo comma, art. 591, primo comma, c.p.c., modificati dal d.l. n. 83/2015).

    Le offerte di acquisto nella vendita senza incanto sono efficaci anche se sono inferiori, fino ad un quarto, rispetto al prezzo base della vendita.

    In altri termini, chi intende acquistare il bene può presentare l’offerta applicando uno sconto del 25% sul prezzo base.

    Se viene presentata una sola offerta per un importo inferiore rispetto al prezzo base, il giudice può far luogo alla vendita quando ritiene che non vi sia seria possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita e non sono state presentate, da uno o più creditori, istanze di assegnazione ai sensi dell’art. 588 c.p.c. (anche quest’ultima disposizione è stata modificata ed ha esteso alla vendita senza incanto la facoltà, per i creditori, di presentare istanze di assegnazione fino a dieci giorni prima della data fissata per la vendita).

    Se invece l’offerta di acquisto nella vendita senza incanto è pari o superiore al valore dell’immobile stabilito nell’ordinanza di vendita, «la stessa è senz’altro accolta» e l’offerente non corre il rischio che venga fissata una nuova vendita (art. 572, secondo comma, c.p.c., modificato dal d.l.n. 83/2015).

  1. Il portale delle vendite pubbliche e le altre modifiche alla pubblicità – Altra importante novità riguarda la pubblicità attraverso il «portale delle vendite pubbliche», all’interno del sito del Ministero della Giustizia. Il portale però non è ancora in funzione perché si aspetta la introduzione delle regole tecniche (cfr. art. 23, secondo comma, d.l. n. 83/2015).

    La pubblicità sul portale si aggiunge alla pubblicità negli appositi siti internet, che deve essere effettuata, ai sensi dell’art. 490, secondo comma, c.p.c., almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte o della data dell’incanto.

    La pubblicità sui quotidiani e le altre forme di pubblicità sono invece diventate facoltative: il giudice dell’esecuzione può disporle soltanto su istanza del creditore procedente o dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo: questo consentirà un notevole risparmio per il creditore procedente.

    La nuova forma di pubblicità sul portale delle vendite pubbliche deve essere curata dal professionista delegato: così stabilisce espressamente l’art. 161 quater disp.att. c.p.c.

    La stessa disposizione però aggiunge che «in mancanza» deve provvedere il creditore pignorante o il creditore intervenuto munito di titolo esecutivo, in conformità alle specifiche tecniche che saranno stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia.

    Si deve ritenere che l’onere di effettuare la pubblicità sul portale possa ricadere sui creditori soltanto nel caso in cui non venga disposta la delega.

    Se la pubblicità riguarda beni immobili o beni mobili registrati, la pubblicazione non può essere effettuata in mancanza della prova dell’avvenuto pagamento del contributo per la pubblicazione, previsto dall’art. 18 bis del d.p.r. 30.5.2002, n. 115 «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia».

    Il contributo ammonta ad euro 100 per ciascun atto esecutivo; quando la vendita è disposta in più lotti, il contributo è dovuto per ciascuno di essi. Se la parte è stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il contributo per la pubblicazione è prenotato a debito. L’importo del contributo è soggetto ad adeguamento ogni tre anni in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo accertata dall’ISTAT.

    Una norma molto rigorosa stabilisce che se la pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche non è effettuata nel termine stabilito dal giudice per causa imputabile al creditore pignorante o al creditore intervenuto munito di titolo esecutivo, il giudice dichiara con ordinanza l’estinzione del processo esecutivo (art. 631 bis c.p.c.).

    Questa conseguenza appare eccessivamente severa ed ingiustificata, anche perché la pubblicazione, ai sensi dell’art. 161 quater disp.att. c.p.c. deve essere curata dal professionista delegato e il creditore non può essere chiamato a rispondere di eventuali omissioni del delegato.

    Se vi è un delegato, l’unica causa imputabile al creditore potrebbe consistere nel mancato pagamento dei relativi costi.