25 Febbraio 2020

La revocabilità della scissione

di Federico Callegaro, Cultore di Diritto Commerciale presso l' Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cass. civ. Sez. I, Sent.  4 dicembre 2019, n. 31654. Pres. De Chiara – Est. Scotti

Parole chiave: Scissione di Società – Accertamento Simulazione e Dichiarazione di Inefficacia Relativa / Ammissibilità

Massima: In difetto di adeguato fondamento normativo – da escludersi alla luce del riferimento alla categoria dell’invalidità e non a quelle dell’inefficacia e dell’inopponibilità – non può quindi ritenersi che l’opposizione che compete ai creditori sia un rimedio sostitutivo e necessario e non solo aggiuntivo rispetto all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria, di cui sussistano i presupposti.

Riferimenti normativi: artt. 2901, 2502 bis, 2503, 2504, 2504 quater,2506 ter cod. civ.; artt. 12, 19 Direttiva 82/891/CEE[1].

CASO

Nell’ambito di una ristrutturazione aziendale, successivamente al conferimento di un’azienda, la Conferitaria è stata oggetto di scissione perfezionatasi nei termini di legge e non oggetto di opposizione da parte dei creditori. Equitalia, in qualità di Creditrice, ha richiesto sia la revoca del Conferimento che la successiva Scissione della Conferitaria preventivamente accertandone le rispettive simulazioni assolute ed il derivante diritto di agire sui relativi beni dichiarandosi, in subordine, l’inefficacia dei relativi negozi giuridici ai sensi dell’art. 2901 cod. civ. nonché, in ulteriore subordine, di condannare le convenute al risarcimento del danno.

SOLUZIONE[2]

La questione riguarda i limiti di efficacia di una scissione societaria compiutamente perfezionata, mediante la puntuale registrazione del relativo Atto di Scissione presso il/i Registro/i delle Imprese compente/i per le Società partecipanti, con riferimento alla legittimità, in capo ad un creditore, di ottenere la declaratoria a suo favore di inefficacia degli effetti di detta scissione, al ricorrere dei presupposti e condizioni previsti dall’art. 2901 cod. civ.

La Corte ritiene non condivisibile, pur “laddove invocando il conforto di dottrina e giurisprudenza di merito, non maggioritarie”, il pretendere “di ricavare sistematicamente dalla norma, che esclude solo una dichiarazione di invalidità (per nullità o annullamento) dell’atto di fusione o scissione, l’inesperibilità dell’azione revocatoria ex art.2901 cod.civ., che, come è noto, non determina alcuna invalidità dell’atto ma la sua semplice inefficacia relativa rendendolo in opponibile al creditore pregiudicato”.  A chiarimento di tale orientamento viene richiamato come tale regola[3]presuppone una fusione o scissione efficace, supera la distinzione fra nullità e annullabilità, accomunate nella nozione di invalidità, e mira ad evitare la demolizione dell’operazione di trasformazione e la reviviscenza delle società originarie, ma appare pienamente compatibile con la natura e gli effetti dell’azione revocatoria, strumento di conservazione della garanzia patrimoniale, che agisce sul registro della mera inopponibilità dell’atto al creditore pregiudicato”.

Sottolineando l’evidenza del diverso valore di una quota di partecipazione societaria, collegato intrinsecamente al patrimonio netto della società e al suo andamento economico-finanziario, dal valore oggettivo di un cespite immobiliare, oltretutto molto più facilmente suscettibile di liquidazione e collocazione sul mercato, la Corte richiamato come ricorra il presupposto oggettivo dell’azione revocatoria ordinaria (eventus damni) “anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito, con la conseguenza che grava sul creditore l’onere di dimostrare tali modificazioni quantitative o qualitative della garanzia patrimoniale, mentre è onere del debitore, che voglia sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore[4].;

Si richiama all’attenzione un ulteriore aspetto valutato dalla Suprema Corte costituito da una asserita presupposizione di validità ed efficacia, dell’atto di scissione, rappresentata dal relativo tacito riconoscimento da parte di Equitalia avendo, quest’ultima, agito in sede tributaria per il recupero dell’imposta di registro. La Corte ha ritenuto infondato il motivo di gravame “anche a prescindere dall’assegnazione di una sorta di valenza negoziale al comportamento dell’Agenzia delle Entrate, visto che non viene in considerazione la validità [dell’atto di] scissione, ma semplicemente la [sua] inopponibilità relativa al creditore pregiudicato”.

Ribadendo, quindi, come gli atti dispositivi posti in essere dal debitore, per l’applicazione dell’orientamento della Corte esposto nel Provvedimento, debbano “solamente determinare una menomazione del patrimonio del disponente, così da pregiudicare la facoltà del creditore di soddisfarsi sul medesimo, senza la necessità del ricorrere di un ulteriore requisito, ossia l’impossibilità o difficoltà del creditore di conseguire aliunde la prestazione, avvalendosi di rapporti con soggetti diversi”, viene affermata l’irrilevanza della “eventuale responsabilità solidale delle società risultanti dalla scissione, per eliminare il pregiudizio negativo ingenerato dall’uscita del cespite dal patrimonio [della scissa] e della conseguente maggior difficoltà nella realizzazione del credito in precedenza ravvisata”.

QUESTIONI

La pronuncia in esame offre l’occasione per riconsiderare il perimetro degli ambiti ed istituti il cui contenuto e portata vengono / potrebbero venire a spiegare in ragione delle scelte di organizzazione / riorganizzazione di un gruppo societario così come, in particolare, dello sviluppo in termini più articolati dell’attività aziendale facente capo ad un unico soggetto.

Anche considerando la peculiarità del caso di specie costituita sia dall’attore (Equitalia) che dall’oggetto dell’azione (recupero dell’imposta di registro) inerente obbligazioni sorte non anteriormente quanto piuttosto in occasione dei vari atti concretizzatisi, quale ultimo evento, nella scissione societaria, non bisogna tralasciare sia il disposto dell’art. 2504 quater a mente del quale eseguite le prescritte iscrizioni l’invalidità dell’atto di fusione[5] non può essere pronunciata, salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci o ai terzi danneggiati dalla fusione, resta comunque di assoluto rilievo il considerare come, nel novero complessivo e potenziale dei soggetti legittimati a promuovere l’azione ex art. 2901 cod. civ. figuri anche lo stesso Fallimento contemplata anche dall’art. 165 del D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

La pronuncia in esame, non di meno collegandola con quella recentissima della Corte di Giustizia Europea (cit. in nota) spiega effetti non secondari, in particolare, al ricorrere di operazioni di scissioni costituenti elemento di joint venture o partnership societarie perfezionate, anche, mediante costituzione di entità nuove ove far confluire aziende / rami d’azienda dei vari partecipanti, proprio in ragione dei pregiudizi che potrebbero derivare, soprattutto patrimonialmente ma non solo sui rispettivi business e rapporti. Primaria derivazione di quanto precede appare l’eventuale opportunità / necessità di integrare ed eventualmente aggiornare (quanto ad operazioni già in essere) la relativa contrattualistica.

[1] Nelle more di redazione del presente elaborato la Seconda Sezione della Corte di Giustizia Europea (Causa C‑394/18, decisione del 30 gennaio 2020) ha dichiarato, a definizione del procedimento promosso avanti a sé, quanto segue:

1) L’articolo 12 della sesta direttiva 82/891/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1982, basata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e relativa alle scissioni delle società per azioni, come modificata dalla direttiva 2007/63/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, in combinato disposto con gli articoli 21 e 22 della stessa direttiva 82/891, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che, dopo la realizzazione di una scissione, i creditori della società scissa, i cui diritti siano anteriori a tale scissione e che non abbiano fatto uso degli strumenti di tutela dei creditori previsti dalla normativa nazionale in applicazione di detto articolo 12, possano intentare un’azione pauliana al fine di far dichiarare la scissione inefficace nei loro confronti e di proporre azioni esecutive o conservative sui beni trasferiti alla società di nuova costituzione.

2) L’articolo 19 della direttiva 82/891, come modificata dalla direttiva 2007/63, in combinato disposto con gli articoli 21 e 22 della stessa direttiva 82/891, il quale prevede il regime delle nullità della scissione, deve essere interpretato nel senso che esso non osta all’introduzione, dopo la realizzazione di una scissione, da parte di creditori della società scissa, di un’azione pauliana che non intacchi la validità della scissione, ma soltanto consenta di rendere quest’ultima inopponibile a tali creditori.”.

[2] Si segnale come la Corte d’Appello di Roma, con riferimento ad operazioni societarie perfezionatesi precedentemente al fallimento della Società interessata abbia ritenuto “di condividere la tesi favorevole alla inammissibilità della revocatoria della scissione e ciò in quanto si intende dare prevalenza alla autonomia e centralità della disciplina societaria rispetto agli strumenti di tutela giurisdizionale e concorsuale diretti a preservare la garanzia patrimoniale, bensì in ragione di una applicazione coerente di questi ultimi con la prima, nel rispetto dei principi cui essa p ispirata, soprattutto quanto l’applicazione della norma generale pregiudichi le esigenze di certezza dei rapporti ad un ingiustificato surplus di tutela di talune categorie di creditori rispetto ad altri.” (Sentenza n. 2043/2019, pubblicata su www.ilCaso.it).

[3]introdotta nel nostro ordinamento dall’art.15 del d.lgs. 16/01/1991 n. 22, in attuazione delle direttive 09/10/1978 n. 855 – 1978/855/CEE (art.22) e 17/12/1982 n. 891 1982/891/CEE (art.19)”.

[4] Citando il proprio precedente Sez.3, 19/07/2018, n. 19207.

[5] Applicabile anche all’istituto della scissione come richiamato dalla Ordinanza della Corte di Cassazione in commento.