5 Febbraio 2019

La responsabilità dell’appaltatore e del progettista: i limiti

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Corte di Cassazione – Terza sez. civile – Sentenza 21 giugno 2018 n. 16323

Responsabilità dell’appaltatore – obblighi dell’appaltatore – responsabilità del progettista – responsabilità solidale tra appaltatore e progettista/direttore dei lavori – art. 1304 c.c..

“L’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è infatti obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale “nudus minister”, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo. In mancanza di tale prova, l’appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite al direttore dei lavori”.

“…il progettista, in conseguenza della sua errata progettazione, può essere chiamato a rispondere dei costi della progettazione e della realizzazione dell’opera che ha effettivamente progettato, del risarcimento dei danni a terzi eventualmente provocati dall’opera realizzata non a regola d’arte in conformità dell’errore nella progettazione (siano essi terzi estranei o, come in questo caso, lo stesso committente che ha dovuto rimuovere il muro inidoneo alla funzione di contenimento), ma non anche dei diversi costi di esecuzione dell’opera a regola d’arte, perché ciò non costituisce oggetto della prestazione pattuita, né è un danno conseguente all’illecito”.

CASO

Il caso in esame ha ad oggetto una controversia nascente dalla costruzione non a regola d’arte di un’opera, con specifiche caratteristiche tecniche. Il committente aveva espressamente richiesto all’appaltatore l’edificazione di un muro di contenimento, quest’ultimo incaricava della progettazione e della direzione dei lavori un professionista.

Dopo pochi anni si riscontrava un cedimento del succitato muro di contenimento; conseguentemente veniva disposto accertamento tecnico preventivo nei confronti del responsabile della direzione dei lavori e della progettazione, nonché dell’appaltatore, a seguito del quale si riscontrava l’assenza delle caratteristiche tecniche di cui un muro di contenimento deve essere dotato.

Conseguentemente il committente agiva nei confronti del SOLO professionista incaricato della direzione lavori e progettazione, per il risarcimento integrale dei danni (demolizione del muro e realizzazione ex novo, quantificato in CTU in euro 97.786,00), atteso che aveva raggiunto un accordo transattivo con l’appaltatore.

Il convenuto si costituiva in giudizio proponendo domanda riconvenzionale di condanna di parte attrice al pagamento dei compensi per alcune prestazioni professionali svolte e mai corrisposte.

In primo grado veniva condannato il progettista al risarcimento integrale del danno, così come quantificato con CTU, sottratta la somma pari ad euro 27.000,00 a titolo di risarcimento, ed oggetto di accordo transattivo ex art. 1304 c.c. tra appaltatore e committente.

La sentenza veniva appellata dal soccombente. La Corte d’Appello, escludendo che il progettista potesse avvalersi della transazione di cui sopra, confermava la decisione del Tribunale.

SOLUZIONE

Contrariamente a quanto ritenuto nella fase di merito, la Suprema Corte ritiene che l’accordo transattivo stipulato tra appaltatore e committente non riguardi unicamente la quota di spettanza dell’appaltatore. Infatti viene evidenziato come l’obbligazione risarcitoria del progettista afferisca alle medesime voci risarcitorie ricomprese nell’accordo ex art. 1304 c.c. (costi per la costruzione del muro come da progetto, inidoneo allo scopo, e per la demolizione). Pertanto, il progettista poteva avvalersi della transazione di cui sopra in quanto obbligazione solidale e non è tenuto al risarcimento poiché l’intero debito è ricompreso nella cifra pagata dall’appaltatore al committente. Inoltre, sempre secondo la Corte la logica del giudice dell’appello è “fallace”, laddove ritiene che la responsabilità del progettista fosse più gravosa rispetto a quella dell’appaltatore. Il ricorso del progettista è accolto, la domanda risarcitoria promossa dal committente  è rigettata ed il debito estinto, fin dal giudizio di merito, in ragione della transazione conclusa con l’appaltatore ed in applicazione dell’articolo 1304 c.c.

QUESTIONI

1.Responsabilità dell’appaltatore[1]

Sussiste in capo all’appaltatore un obbligo insito nell’incarico assunto e riguarda il dovere di controllo e di rendere edotto il committente delle problematiche; quest’ultimo deve verificare che l’opera, seppur commissionata ad altri professionisti, abbia le caratteristiche richieste ed osservi i criteri generali della tecnica e conseguentemente sia eseguita a regola d’arte. Nel caso non vi sia tale controllo si incorrerà in responsabilità in conseguenza della tipologia di obbligazione assunta: obbligazione di risultato. L’appaltatore è esente da responsabilità esclusivamente nel caso in cui venga dimostrato che in precedenza sia stato reso noto espressamente il proprio dissenso e che l’esecuzione è avvenuta solamente poiché il medesimo committente ha insistito affinchè l’opera venisse eseguita, così assumendosene il rischio.

2.Responsabilità del progettista

Nell’incertezza della tipologia di responsabilità richiamata ai fini del risarcimento, in virtù della poco chiara esposizione di fatti e domande di parte, la Corte in primis si è sentita in dovere di ricordare il principio cardine del danno risarcibile: il risarcimento non può mai provocare un ingiusto arricchimento del danneggiato, ma deve essere teso all’integrale soddisfo delle perdite subite, unicamente allo scopo di ristabilire le condizioni iniziali.

Pertanto, il progettista, a prescindere dalla distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, potrà rispondere solamente in conseguenza di un’errata progettazione ed esclusivamente in riferimento all’esecuzione dell’opera progettata.

Non risponderà, dunque, dei costi di esecuzione di altra opera a regola d’arte, quando non costituisce oggetto dell’incarico pattuito e non è un danno conseguente ad illecito, altrimenti: “ si accorderebbe al danneggiato un vantaggio indebito in violazione dell’articolo 2041 c.c., consistente nell’ottenere un quid pluris, rispetto alla sua situazione antecedente, ossia nel venire a fruire gratuitamente della realizzazione dell’opera”.

3.Responsabilità solidale tra appaltatore e progettista/direttore dei lavori[2]

La costante Cassazione ritiene che sia pacifica la responsabilità solidale quando, come nel caso in esame, le voci di danno sono comuni ad entrambe le parti e si ha un unico evento dannoso imputabile a più soggetti e più azioni od omissioni che hanno concorso concretamente al verificarsi dell’evento.

In conseguenza di ciò, sempre con riferimento al caso in oggetto, quando si ha un accordo transattivo ex art. 1304 c.c. intercorrente tra il creditore (committente) ed uno dei debitori in solido (appaltatore), è necessario preventivamente accertare[3] che la transazione riguardi l’intero debito o la sola quota del condebitore. Nel primo caso gli altri debitori potranno dichiarare di volerne profittare, così estinguendo il proprio debito.

[1] Corte di Cassazione, ord. n. 23594/2017

Corte di Cassazione, sent. n.1981/2016

[2] Corte di Cassazione, sent. n. 3651/2016

[3] Corte di Cassazione, SS. UU. sent. n.30174/2011

Corte di Cassazione, sent. n.23418/2016

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