1 Febbraio 2016

La notifica del precetto non comporta acquiescenza tacita

di Enrico Picozzi Scarica in PDF

Cass., sez. II, 30 giugno 2015, n. 13399 (sent.)

Pres. Bursese – Est. Falaschi

Scarica la sentenza

Impugnazioni civili – soccombenza parziale – notifica atto di precetto – acquiescenza tacita – insussistenza (Cod. proc. civ., artt. 329, 360, 480) 

[1] La manifestazione dell’intento di procedere ad esecuzione, espressa attraverso la notifica dell’atto di precetto, non rappresenta, per l’intimante parzialmente soccombente, un comportamento incompatibile con la volontà di avvalersi dell’impugnazione. 

CASO
[1] Nell’ambito di una controversia in materia di intermediazione immobiliare, il mediatore conviene in giudizio il venditore e gli acquirenti dell’immobile al fine di ottenere il pagamento della provvigione. La domanda viene rigettata in prime cure e, a seguito di appello, trova parziale accoglimento. Ancor prima di spiegare ricorso per cassazione, per conseguire l’integrale soddisfacimento della propria pretesa, il mediatore avvia il processo esecutivo. Quest’ultimo comportamento, a parere dei debitori, costituisce un’ipotesi di acquiescenza tacita ex art. 329, co. 1, c.p.c., determinante l’inammissibilità dell’impugnazione.

SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte tratteggia innanzitutto i presupposti di applicabilità  dell’acquiescenza tacita, affermando, da un lato, che quest’ultima può verificarsi soltanto in un momento anteriore all’interposizione del gravame e, dall’altro lato, che la stessa può aversi solo in presenza di atti e/o comportamenti che inequivocabilmente attestino il proposito di non avvalersi dell’impugnazione. Ciò premesso, il giudice di legittimità rigetta l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione, in quanto l’intento di procedere ad esecuzione forzata – espresso attraverso la notifica dell’atto di precetto – non si pone in irrimediabile contrasto con la volontà di conseguire, attraverso il gravame, quanto non ottenuto nelle pregresse fasi processuali.

QUESTIONI
[1] La pronuncia annotata si pone in linea di continuità con quanto già deciso dalla Cassazione in fattispecie identiche (cfr. Cass., sez. I, 6 dicembre 2006, n. 26156; Cass., sez. III, 9 maggio 2001, 6426). Parimenti, si è esclusa la sussistenza di un comportamento incompatibile con la volontà di avvalersi dell’impugnazione nel caso in cui la parte totalmente e/o parzialmente soccombente abbia provveduto a notificare la sentenza (cfr. Cass., sez. II, 27 maggio 1997, n. 4702), ovvero abbia dato esecuzione volontaria alle statuizioni in essa contenute (Cass., sez. V, 7 febbraio 2008, n. 2826; Cass., sez. lav., 26 gennaio 2006, n. 1551), provvedendo contestualmente al pagamento delle spese processuali (Cass., sez. II, 11 giugno 2009, n. 13630). A conclusioni analoghe si è pervenuti anche rispetto all’ipotesi di proposizione – durante la decorrenza del termine per impugnare – di un nuovo giudizio di contenuto identico a quello già pendente (Cass., sez. II 23 dicembre 2015, n. 25559) ovvero innanzi ad un comportamento meramente negativo (Cass., sez. un., 22 aprile 2013, n. 9687) nonché inoltre nel caso di richiesta di correzione di un errore materiale (Cass., sez., III, 14 giugno 1991, n. 6732). Diversamente, si è ritenuto che integrasse un caso di acquiescenza tacita tanto l’esecuzione volontaria di una sentenza di mero accertamento (Cass., sez. III, 9 agosto 2007, n. 17480) quanto l’esecuzione spontanea di una sentenza di condanna, attribuendo al creditore più di quanto riconosciutogli nel dispositivo (Cass., sez. lav., 27 gennaio 1993, n. 989).

Per maggiori approfondimenti, in dottrina, cfr. E. Minoli, L’Acquiescenza nel processo civile, Milano, 1942; A. Cerino Canova, Acquiescenza (dir. proc. civ.), Enc. giur. Treccani, I, Roma, 1988; Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, Vol. III. Torino, 2013, 288-289.