26 Ottobre 2021

Decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c.: regime di impugnazione e criteri per identificare il bene oggetto della vendita forzata

di Maddalena De Leo, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile sez. II, 22/6/2021 n. 17811; Pres. San Giorgio; Cons. rel. Carrato.

Procedura esecutiva immobiliare –Pignoramento – Vendita senza incanto – Decreto di trasferimento – Opposizione agli atti esecutivi – artt. 934, 2912 c.c.; artt. 586, 617 c.p.c.;

In materia di esecuzione forzata, il decreto di trasferimento di cui all’art. 586 c.p.c., ancorché abbia avuto ad oggetto un bene in tutto o in parte diverso da quello pignorato, non è inesistente, ma solo affetto da invalidità, da fare valere con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi nei termini di cui all’art. 617 c.p.c. e ciò anche nell’ipotesi in cui risulti controversa l’identificazione del bene oggetto del decreto con riferimento alla sua estensione.

I beni trasferiti a conclusione di una procedura espropriativa immobiliare sono quelli di cui alle indicazioni del decreto di trasferimento emesso ex art. 586 c.p.c., cui vanno aggiunti quelli cui gli effetti del pignoramento si estendono automaticamente ex art. 2912 c.c., quali accessori, pertinenze, frutti miglioramenti e addizioni, nonché quei beni che, pur non espressamente menzionati nel predetto decreto, siano uniti fisicamente alla cosa principale, sì da costituirne parte integrante, come le accessioni; ne consegue che il trasferimento di un terreno comporta altresì, in difetto di un’espressa previsione contraria, il trasferimento del fabbricato ivi insistente.

CASO

La sig.ra O.E. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Macerata i sig.ri S.E. e G.P., al fine di far accertare la validità del proprio titolo di acquisto della proprietà dell’intero fondo rustico, oggetto di espropriazione forzata, esponendo che il Tribunale di Macerata, con decreto adottato ai sensi dell’art. 586 c.p.c., in data 5 ottobre 1993, le aveva trasferito la proprietà dell’intero fondo, comprensivo di diverse particelle. Aggiungeva l’attrice che su una di tali particelle il debitore esecutato S.E. aveva realizzato un fabbricato: pertanto, in forza del principio di accessione, sancito all’art. 934 c.c., il fabbricato doveva essere considerato di proprietà della stessa attrice.

L’attrice agiva altresì per far accertare e dichiarare l’insussistenza di alcun valido diritto di G.P. sulla particella sulla quale insisteva il fabbricato: invero, alla convenuta G.P., in forza di un successivo decreto ex art. 586 c.p.c. adottato dal giudice dell’esecuzione nell’ambito della stessa procedura esecutiva, in data 3 dicembre 1993 era stata attribuita la proprietà della particella comprensiva del fabbricato e delle relative aree circostanti.

Costituitasi in giudizio, G.P. insisteva per il rigetto della domanda attorea e chiedeva in via riconvenzionale che, accertata la validità del suo titolo di acquisto, venisse dichiarata l’insussistenza di alcun diritto dell’attrice sulla particella comprensiva del fabbricato e delle relative aree circostanti, oggetto del secondo decreto ex art. 586 c.p.c.

Il Tribunale di Macerata accoglieva la domanda dell’attrice solo parzialmente ed accoglieva altresì la domanda riconvenzionale della convenuta: in particolare, veniva riconosciuto il diritto dell’attrice sul fondo, con esclusione della superficie di cui alla particella con il fabbricato, la cui proprietà veniva invece riconosciuta in capo alla convenuta G.P. Il Tribunale, pertanto, disponeva la rettifica dei decreti di trasferimento ex art. 586 c.p.c. del 5 ottobre 1993 e del 3 dicembre 1993.

Proposto appello da parte di O.E. avverso tale decisione, la Corte di appello di Ancora rigettava il gravame, con condanna alla rifusione delle spese del giudizio.

L’erede di O.E. ricorreva quindi per la cassazione della sentenza di secondo grado sulla base di otto motivi.

SOLUZIONE

La Suprema Corte, ritenendo fondato il ricorso, ha ribadito l’univoco orientamento giurisprudenziale in forza del quale eventuali difformità tra risultanze e consistenza del bene come individuate nel decreto di trasferimento rispetto a quelle reali devono essere fatte valere all’interno del processo esecutivo con gli appropriati rimedi oppositivi. La convenuta G.P. avrebbe dovuto opporsi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. al fine di evitare il consolidamento degli effetti conseguenti all’emissione del decreto di trasferimento in favore di O.E., non potendo tali doglianze essere fatte valere in sede di azione di rivendica.

QUESTIONI

Il caso in esame offre l’occasione di affrontare alcune questioni concernenti il decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c., in particolare la identificazione dell’oggetto del provvedimento giudiziale e l’individuazione dei mezzi di impugnazione avverso tale atto.

Nello specifico si era posto il problema di risolvere il contrasto sussistente tra due decreti di trasferimento adottati ai sensi dell’art. 586 c.p.c. dal giudice dell’esecuzione nell’ambito della medesima procedura esecutiva a favore di due distinti soggetti aggiudicatari: l’oggetto del secondo provvedimento giudiziale era già stato oggetto di trasferimento, in quanto ricompreso nel contenuto del primo decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c. Fondamentale, ai fini della risoluzione della controversia, era quindi identificare l’oggetto della vendita e, ancora prima, individuare il rimedio processuale attraverso il quale impugnare il decreto di trasferimento.

Il decreto di trasferimento adottato dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 586 c.p.c. è il provvedimento che conclude la fase della vendita, sia con incanto che senza incanto, mediante il quale il giudice dell’esecuzione trasferisce la proprietà del bene espropriato all’aggiudicatario.

Sebbene la dottrina sia divisa in merito all’individuazione del momento in cui avviene il trasferimento della proprietà del bene venduto, la giurisprudenza è costante nel ritenere che soltanto con l’emanazione del decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c. si produce l’effetto traslativo della proprietà sul bene venduto. Viene quindi negata tanto la tesi che attribuisce efficacia traslativa all’aggiudicazione, quanto quella che individua il momento traslativo della proprietà nel versamento del prezzo.

In particolare, la giurisprudenza (Cass. n. 23709/2008) ha puntualizzato che il trasferimento dell’immobile a seguito della procedura esecutiva immobiliare è l’effetto di una fattispecie complessa, costituita dall’aggiudicazione, dal successivo versamento del prezzo e dal decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c.: il decreto è privo di autonoma efficacia traslativa in assenza delle altre condizioni. Di contro, se sussistono tutti i presupposti della fattispecie, con il deposito in cancelleria della pronuncia del giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 586 c.p.c. si verifica il trasferimento della proprietà all’aggiudicatario.

Prima ancora di affrontare la questione concernente i criteri da seguire per l’esatta identificazione del bene oggetto di trasferimento, occorre individuare la sede processuale nella quale agire per risolvere la controversia relativa alla identificazione del bene, con particolare riguardo al caso in cui sia incerta l’estensione del bene stesso.

La giurisprudenza è costante e univoca nel ritenere che il decreto di trasferimento di cui all’art. 586 c.p.c., quale atto esecutivo, sia impugnabile con l’opposizione ex art. 617 c.p.c. In particolare, la Suprema Corte ha ribadito che nell’ipotesi in cui vi sono difformità tra risultanze e consistenza del bene come individuate nel decreto di trasferimento rispetto a quelle reali, queste devono essere fatte valere all’interno del processo esecutivo con gli appropriati rimedi oppositivi. Non solo, ma la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che il decreto di trasferimento di cui all’art. 586 c.p.c. avente ad oggetto un bene in tutto o in parte diverso da quello pignorato non è inesistente, ma è affetto da una invalidità da far valere con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi nei termini di cui all’art. 617 c.p.c.

Nella sentenza qui commentata la Suprema Corte ha sottolineato che anche nell’ipotesi in cui risulta controversa l’identificazione del bene oggetto del trasferimento con riferimento alla sua estensione l’unico rimedio esperibile è l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.

È quindi attraverso l’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c. che devono essere fatti valere eventuali errori che viziano l’identificazione del bene venduto, sia che riguardino i dati catastali del bene, ovvero la sua estensione, o, ancora, la sua consistenza. Pertanto, tali doglianze non possono essere fatte valere con l’azione di rivendica, poiché ogni questione relativa alla validità ed efficacia della vendita forzata deve essere fatta valere, tanto dalle parti della procedura quanto dall’aggiudicatario, nell’ambito del processo esecutivo stesso e attraverso i rimedi impugnatori ad esso connaturali (in questi termini Cass. n. 22854/2020).

Pertanto, se non vi sono incertezze sulla possibilità che il decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c. possa essere interpretato dal giudice di merito, come riconosciuto da Cass. n. 26841/2011 e Cass. n. 14481/2018, non per questo tale operazione ermeneutica può spingersi fino a modificare la sostanza del provvedimento, addirittura rideterminando il contenuto del decreto di trasferimento, posto che in tal modo l’interprete si sostituirebbe al giudice dell’esecuzione ed eluderebbe il termine perentorio per l’esercizio dell’opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c. Una volta decorso inutilmente il termine per la proposizione dell’opposizione, infatti, il titolo petitorio come identificato ed indicato nella sua consistenza nel decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c. non può essere più contestato.

Entrando ora nel merito della questione concernente l’identificazione del bene oggetto della vendita forzata, deve essere evidenziato che l’identificazione deve avvenire sulla base della descrizione contenuta nell’ordinanza di vendita e ripetuta nel decreto di trasferimento pronunciato dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 586 c.p.c.: nessun rilievo può assumere la volontà delle parti in relazione alla consistenza e alla estensione dei beni. Eventuali controversie relative alla identificazione dell’immobile trasferito devono essere risolte prendendo in considerazione soltanto gli elementi che risultano dal decreto di trasferimento, in particolare dalla descrizione contenuta nel provvedimento (così Cass. n. 5796/2014).

La giurisprudenza non ha mancato di rilevare che, al fine di identificare l’oggetto della vendita forzata, al bene individuato dalla descrizione contenuta nel decreto di trasferimento devono essere aggiunti anche quei beni che, sebbene non espressamente menzionati nel decreto, sono automaticamente compresi nel pignoramento ai sensi dell’art. 2912 c.c.: gli accessori, le pertinenze e i frutti della bene pignorato e poi venduto sono quindi trasferiti unitamente all’immobile espropriato. Non solo, ma oggetto di trasferimento sono altresì i beni che siano uniti fisicamente alla cosa principale, sì da costituirne parte integrante, come le accessioni: la Corte di Cassazione già nella sentenza n. 17041/2018 ha ritenuto che il trasferimento di un terreno all’esito di procedura esecutiva comporti, in difetto di espressa previsione contraria, il trasferimento del fabbricato insistente su di esso, ancorché abusivo.

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