29 Febbraio 2016

Concordato preventivo e fallimento: ordine di trattazione dei due procedimenti

di Domenico Cacciatore Scarica in PDF

Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 15 maggio 2015, n. 9935; Pres. Rovelli, Est. Di Amato

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[1] Concordato preventivo e accordi di ristrutturazione dei debiti – Concordato e fallimento – Prevenzione (Cod. proc. civ., art. 39, 273, 295; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, legge fallimentare, art. 15, 161, 162, 173, 179, 180) 

[2] Concordato preventivo e accordi di ristrutturazione dei debiti – Concordato e fallimento – Sospensione (Cod. proc. civ., art. 295; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, legge fallimentare, art. 15, 161, 162, 173, 179, 180) 

[3] Concordato preventivo e accordi di ristrutturazione dei debiti – Concordato e fallimento – Continenza (Cod. proc. civ., art. 39, 273; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, legge fallimentare, art. 15, 161, 162, 173, 179, 180) 

[4] Concordato preventivo e accordi di ristrutturazione dei debiti – Concordato e fallimento – Abuso del processo (Cost. art. 2; Cod. Civ., art. 1175; R.D. 16 marzo 1942, n. 267, legge fallimentare, art. 15, 161, 162, 173, 179, 180) 

[1] In pendenza di un ricorso per concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, il fallimento dell’imprenditore, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, può essere dichiarato soltanto quando ricorrono gli eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e 180 R.D. 16 marzo 1942, n. 267, e cioè rispettivamente quando la domanda di concordato sia stata dichiarata inammissibile, quando sia stata revocata l’ammissione alla procedura, quando la proposta di concordato non sia stata approvata e quando, all’esito del giudizio di omologazione, sia stato respinto il concordato; la dichiarazione di fallimento, peraltro, non sussistendo un rapporto di pregiudizialità tecnico – giuridica tra le procedure, non è esclusa durante le fasi di impugnazione dell’esito negativo del concordato preventivo 

[2] La pendenza di una domanda di concordato preventivo non rende improcedibile il procedimento prefallimentare e non ne consente la sospensione, ma impedisce temporaneamente la dichiarazione di fallimento sino al verificarsi degli eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e 180 R.D. 16 marzo 1942, n. 267; il procedimento, pertanto, può essere istruito e concludersi con un decreto di rigetto 

[3] Tra la domanda di concordato preventivo e l’istanza o la richiesta di fallimento ricorre, in quanto iniziative tra loro incompatibili e dirette a regolare la stessa situazione di crisi, un rapporto di continenza. Ne consegue la riunione dei relativi procedimenti ai sensi dell’art. 273 c.p.c., se pendenti innanzi allo stesso giudice, ovvero l’applicazione delle disposizioni dettate dall’art. 39, 2° comma, c.p.c., in materia di continenza e competenza, se pendenti innanzi a giudici diversi 

[4] La domanda di concordato preventivo presentata dal debitore non per regolare la crisi d’impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, è inammissibile in quanto integra gli estremi di un abuso del processo, che ricorre quando, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l’ordinamento li ha predisposti 

CASO
[1] [2] [3] [4] Il caso, che ha dato la stura al giudizio conclusosi con la pronuncia delle Sezioni Unite, trae origine da un procedimento prefallimentare dinanzi al Tribunale di Venezia, conclusosi con sentenza di dichiarazione di fallimento della società debitrice e separato decreto di rigetto della domanda di concordato preventivo con riserva da quest’ultima proposta.

La Corte d’Appello annullava il decreto del Tribunale, revocava il fallimento e dichiarava l’ammissibilità della domanda ex art. 161, comma 6, l. fall.

Il fallimento della società debitrice proponeva ricorso per cassazione, contestando con il quarto motivo di ricorso la rilevanza delle ragioni processuali – id est, l’ammissibilità della domanda di concordato preventivo – che avevano condotto la Corte d’Appello alla revoca del fallimento. A sostegno delle proprie censure, la curatela osservava che la proposizione della domanda di concordato non avrebbe fatto venir meno la possibilità di dichiarare il fallimento.

Con ordinanza interlocutoria del 20 ottobre 2014, n. 22221, la questione veniva posta al vaglio delle Sezioni Unite.

SOLUZIONE
[1] [2] [3] [4] Le Sezioni Unite offrono, in via pretoria, i criteri per regolare i rapporti tra il concordato preventivo il fallimento, rilevando che tra i due istituti non v’è un rapporto di pregiudizialità tecnico – giuridica.

La proposizione della domanda di concordato preclude solo temporaneamente la possibilità di dichiarare il fallimento e non osta all’istruttoria del procedimento per dichiarazione di fallimento, che può concludersi con un provvedimento di rigetto.

Le questioni relative alle esigenze di coordinamento dei due istituti possono essere risolte utilizzando gli strumenti processualcivilistici, avendo riguardo al fatto che tra i predetti istituti ricorre un rapporto di continenza. In considerazione di ciò, il ricorso per dichiarazione di fallimento e la domanda di concordato preventivo, se pendenti dinanzi allo stesso giudice, dovranno essere riuniti ex art. 273 c.p.c.; invece, se pendenti dinanzi a giudici diversi saranno soggetti all’applicazione della disciplina di cui all’art. 39, comma 2, c.p.c.

La proposizione della domanda di concordato con finalità palesemente dilatorie, costituendo un abuso dello strumento processuale, ben può essere sanzionata con la declaratoria di inammissibilità.

QUESTIONI
[1] [2] [3] [4] Le Sezioni Unite hanno affrontato sul piano pratico i problemi di coordinamento tra il concordato preventivo ed il fallimento, avendo riguardo non solo alle modifiche al testo dell’art. 160, comma 1, R.D. 16 marzo 1942, n. 267, operate con il D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, ma anche e soprattutto all’abrogazione del fallimento d’ufficio ed al venir meno dell’identità di presupposti tra le due procedure.

Le Sezioni Unite, preso atto degli effetti delle anzidette modifiche legislative, evidenziano che il concordato ha quale fine quello di prevenire il fallimento ed optano per la sussistenza di un rapporto di consequenzialità e di assorbimento tra le due procedure. L’anzidetto rapporto, secondo la Suprema Corte, rende necessario un corretto coordinamento dei due procedimenti che risponda all’esigenza di dare priorità, sul piano logico, all’esame della domanda di concordato.

In tale ottica, peraltro, viene posto l’accento sulla natura spiccatamente negoziale del concordato, sulle opposte finalità dei due istituti e sulla necessità di evitare che essi finiscano per porsi in conflitto.

Per dare risposta alle anzidette esigenze di coordinamento è stata esclusa, preliminarmente, la possibilità di far ricorso alla disciplina di cui all’art. 295 c.p.c., mancando un vincolo di pregiudizialità tra la domanda di concordato ed il fallimento e non potendosi disporre la sospensione del secondo per ragioni di mera opportunità.

Piuttosto, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto di optare per la trattazione simultanea dei procedimenti, facendo applicazione degli artt. 274 e 39, comma 2, c.p.c., in considerazione del rapporto di continenza tra le due domande.

In tal modo, infatti, le Sezioni Unite, individuando un preciso ordine di trattazione, hanno ritenuto di poter escludere il conflitto e/o la competizione tra le due procedure, evitando che il bilanciamento dei contrapposti interessi venga affidato a valutazioni discrezionali del Tribunale.

La trattazione simultanea dei due procedimenti, pertanto, impone al Giudice il potere/dovere di:

  1. a) valutare la sussistenza dei presupposti per l’ammissione al concordato anche in pendenza del ricorso per dichiarazione di fallimento, che solo temporaneamente non può essere dichiarato;
  2. b) dichiarare il fallimento, in pendenza della domanda di concordato, solo nel caso in cui ricorrano le ipotesi di cui agli artt. 162, 173, 179 e 180 R.D. 16 marzo 1942, n. 267;
  3. c) rigettare il ricorso per dichiarazione di fallimento ove se ne ravvisi l’infondatezza, senza dover attendere la definizione del procedimento di ammissione al concordato;
  4. d) sanzionare l’eventuale abuso dello strumento processuale con la declaratoria di inammissibilità della domanda di concordato.

Per approfondimenti: R. Tiscini, Esigenze di coordinamento tra concordato preventivo e fallimento e categorie del diritto processuale, in Corr. Giur., 2015, n. 4, pag. 557 e ss.; F. De Santis, Principio di prevenzione ed abuso della domanda di concordato: molte conferme e qualche novità dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in Il Fallimento, 2015, n. 8-9, pag. 908 e ss.; I. Pagni, I rapporti tra concordato e fallimento in pendenza dell’istruttoria fallimentare dopo le Sezioni Unite del maggio 2015, in Il Fallimento, 2015, n. 8-9, pag. 922; M. Fabiani, Di un’ordinata decisione della Cassazione e procedimento per dichiarazione di fallimento con l’ambiguo addendo dell’abuso del diritto, in Foro it., 2015, n. 7-8, I, pag. 2335.