20 Luglio 2016

Ancora sul diritto di voto ai sedicenni nelle associazioni

di Guido Martinelli Scarica in PDF

Lo statuto, di recente entrato in vigore, della U.I.S.P., uno tra i più importanti enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni, introduce, nell’ordinamento sportivo, una importante novità. L’articolo 4, comma quinto, infatti, prevede che: “Il socio minorenne viene convocato alle assemblee e partecipa con diritto di voto al raggiungimento del sedicesimo anno di età con esclusivo riferimento all’elezione dei delegati al congresso territoriale …” (sul punto vedi anche “Il diritto di voto ai minorenni”).
La particolarità della scelta adottata (ratificata dal Coni in sede di definitiva approvazione dello Statuto) si ricava sia dal riconoscimento del diritto di voto al minorenne sia dalla circostanza che questo diritto appare limitato (ad esempio non esercitabile in sede di approvazione dei bilanci).
Ci si chiede se questa scelta possa essere oggetto di censure sotto il profilo della legittimità.
Il codice civile detta disposizioni relativamente all’esercizio dell’impresa commerciale da parte del minore. Nulla dispone in ordine alla partecipazione ad enti non commerciali in cui difetta l’elemento del rischio di impresa ed un fine egoistico, argomenti che hanno influenzato il regime degli articolo 320 e seguenti cod. civ..
Al minore, se non emancipato (articolo 397 cod. civ.), non è consentito di intraprendere l’esercizio di una impresa commerciale ma solo di “continuarlo previa autorizzazione del tribunale su parere del Giudice tutelare” (articolo 320 cod. civ.); il giudice tutelare decide se continuare o alienare l’azienda commerciale che si trova nel patrimonio del minore sottoposto a tutela (articolo 371 cod. civ.). Il legislatore ha certamente tenuto conto del legame indissolubile tra l’attività di impresa ed il rischio connesso e soprattutto della sua incidenza in ragione dell’inizio di una attività di impresa. Ciò in quanto la gestione del rischio presuppone la sua conoscenza e comprensione per farlo evolvere in termini positivi e considerarlo alla stregua di altri fattori produttivi; passaggi questi non verificabili in anticipo prima di intraprendere una attività, ma valutabili in caso di attività in essere per conseguire il giudizio sulla profittabilità dell’impresa e quindi sulla convenienza della sua continuazione.
Il minore può essere titolare di quote ed azioni societarie; il genitore quale titolare dell’usufrutto legale sulle partecipazioni sociali del figlio minore esercita il diritto di voto. In tal caso si tratta di “atti di esercizio dei poteri di godimento e di gestione che spettano al genitore; atti che questi pone in essere agendo in nome proprio” (Cass. 6360/2014; cfr. app. Torino 15.10.1992).
È in luce un ulteriore aspetto della responsabilità genitoriale connesso al dovere di amministrazione e gestione dei beni del minore “affinché essi possano soddisfare esigenze dell’intera famiglia” (Cass. 6360/2014). Posto che l’usufrutto legale spetta ai genitori “responsabili”, esso concretizza una modalità di gestione e di amministrazione dei beni del minore, non sottratta al regime di cui all’articolo 320 cod. civ., con funzione non solo patrimoniale ma solidaristica assegnata dal disposto di cui all’articolo 324 cod. civ. in ordine all’impiego dei frutti percepiti secondo logiche di mutualità familiare.
La normativa specifica pare circoscrivere ai rapporti a contenuto patrimoniale l’ambito di attribuzione della funzione sostituiva dei genitori che operando in luogo e nell’interesse dei figli li rendono giuridicamente attivi nel rapporto con il mondo esterno; restano quindi escluse le attività sostanzialmente e funzionalmente prive del connotato della patrimonialità. Queste ultime sarebbero tutte ricomposte nella relazione tra genitori e figli connessa alla loro educazione secondo i principi di cui all’articolo 316 cod. civ..
Costituisce esplicazione di un diritto di libertà del minore la propensione di associarsi per lo svolgimento di attività sportiva.
È una scelta educativa che si concretizza in atto di ordinaria amministrazione: sull’adesione all’opzione del minore non può imporsi la potestà autoritativa del genitore di segno contrario, funzionando il valore individuale espresso come limite al potere di indirizzo dei genitori. Il potere di rappresentanza conferito ai genitori ex articolo 320 cod. civ. si estende a tutti gli atti anche se a contenuto non patrimoniale.
Il minore “conclude” il contratto associativo a mezzo del genitore; si tratta di attività di ordinaria amministrazione che può essere svolta disgiuntamente dai genitori esercenti la responsabilità genitoriale.
Il minore acquista lo status di associato che gli attribuisce i diritti collegati; fra questi il diritto di partecipare all’assemblea, il diritto di voto oltre al diritto di fruire delle attività e delle iniziative sportive.
Nulla quaestio sulla titolarità del diritto; la questione è sull’esercizio del diritto di voto posto che il diritto di partecipazione all’assemblea non è avversato da sensibili argomenti.
Ritenuta come generale l’ammissibilità del minore in assemblea, non deve sorprendere il patto sociale che garantisce l’esercizio del diritto di voto al socio minore che abbia raggiunto una età ragionevolmente corrispondente al livello di sviluppo psico-fisiologico dell’individuo.
È plausibile la limitazione dell’esercizio a determinate materie ovverosia quelle che intersecano l’amministrazione delle risorse dalla quale dipende il soddisfacimento delle posizioni attive che si collegano allo status di socio.