22 Gennaio 2019

Il superminimo individuale e contrattazione collettiva

di Evangelista Basile Scarica in PDF

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 9 novembre 2018, n. 28769

Superminimo individuale – Sussiste – Termine – Produrre – CCNL – Migliorativo – Comparsa di risposta – Decade

MASSIMA

Il superminimo individuale resiste anche se la contrattazione collettiva introduce miglioramenti nella retribuzione del lavoratore, poiché fa fede l’accordo ad hoc raggiunto tra il datore di lavoro e il lavoratore. Il termine per l’azienda per poter indicare fra i documenti e depositare il verbale dell’accordo sindacale è la comparsa di risposta, se quest’ultima vuole provare che il superminimo è regolamentato dal contratto collettivo, altrimenti decade dal diritto di poterlo produrre.

COMMENTO

La Corte di Appello di Roma confermava la sentenza del primo grado. Il Tribunale aveva ritenuto non assorbiti gli importi erogati dalla società a titolo di superminimo individuale e di premio di produzione, nonché l’inadempimento della stessa agli obblighi derivanti dal verbale di conciliazione sindacale. I Giudici della Corte di Appello confermavano il principio secondo cui il superminimo individuale è di norma soggetto ad assorbimento nei miglioramenti retributivi previsti dalla contrattazione collettiva, tuttavia tale e specifica regola non trova applicazione nel caso in cui le parti abbiano pattuito, con un accordo individuale, la non assorbibilità di tale elemento aggiuntivo della retribuzione. Per di più il Collegio riteneva che non potesse trovare ingresso la documentazione diretta a dimostrare l’esistenza di una disciplina collettiva del superminimo individuale non assorbibile, poiché prodotta tardivamente in appello. Di qui il ricorso per Cassazione. I giudici di legittimità cassano il ricorso dell’azienda, dunque diventa definitiva la decisione dei giudici di merito secondo cui l’elemento aggiuntivo della retribuzione non risulta cancellato dalla contrattazione collettiva. Non trova ingresso neanche la censura secondo cui i giudici di appello avrebbero dovuto ricorrere ai propri poteri istruttori d’ufficio per consentire che fosse acquisito nel giudizio l’accordo sindacale come documento indispensabile per la decisione. Tale decisione trova fondamenta nell’art. 437, secondo comma, c.p.c., il quale prevede il divieto dei nova in appello. Infine non trova fondamento neanche la censura secondo cui l’accordo sindacale abbia rideterminato la struttura della retribuzione con miglioramenti per i dipendenti all’esito di una complessa trattativa con le parti sociali: la difficoltà del negoziato non viene reputato come un elemento decisivo.