2 Ottobre 2018

Sulla nullità degli atti di vendita non in regola con le norme urbanistiche: le Sezioni Semplici rimettono la questione al plenum

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

La materia del trasferimento del diritto reale di proprietà nell’ambito delle alienazioni immobiliari è sempre foriera di “insidie” – nonostante il chiaro dettato normativo, offerto dall’’art. 19 comma 4 della legge 30 Luglio 2010 n. 122[1], ed i successivi interventi delle leggi regionali, da ultimo con la previsione della “relazione tecnica integrata”, da allegare al rogito (in vigore dal 1 settembre 2017) che ha l‘ obiettivo  di assicurare una verifica preventiva degli aspetti tecnici fondamentali relativi gli immobili, assicurando la corretta circolazione del bene nel mercato – ancora oggi non tutte le problematiche risultano essere state risolte.

  1. L’irregolarità urbanistica determina sempre la sanzione della nullità dell’atto di vendita in ragione del “fine pubblico” tutelato dalla legge?

Il focus sul quale la Sezione remittente (Seconda Sezione, n.20961/18 – relatore A. Cosentino) invoca l’aiuto delle SSUU, risulta essere la questione, se la nullità di cui agli articoli 17 e 40 della L.47/1985, inerenti le dichiarazioni rese dal venditore sulla regolarità urbanistica del bene compravenduto, rivestano natura solo formale o anche sostanziale, con ogni ricaduta sulla nullità dell’atto, non solo in ragione della assenza di tali specifiche indicazioni sul rogito, ma anche delle eventuali difformità non dichiarate e non rilevate.

Il ragionamento giuridico della Corte parte da lontano e chiarisce con un elaborato excursus normativo la portata della sanzione della nullità a fronte delle irregolarità urbanistiche dei beni immobili.

Sin dalla c.d “legge ponte” (L. n.765/77) e poi con la legge “Bucalossi” (L.10/1977) in avanti, la ratio dell’intervento legislativo ineriva la protezione dell’acquirente, attraverso la creazione giurisprudenziale della nullità relativa ( quid pluris tra le tante, Cass. Civ. 8685/99).

Successivamente il legislatore intervenne nuovamente nel settore, con la L.47/85 prima ed il DPR 380/01 ora, a prevedere la sanzione espressa della nullità (“sono nulli e non possono essere stipulati”) a tutti gli atti che di trasferimento, costituzione o scioglimento della comunione di  diritti reali  relativi a edifici o loro parti, che non contenessero la dichiarazione dell’alienante sugli estremi edilizi (concessioni, condoni, etc.).

Per effetto dell’introduzione della ridetta normativa si potenziava la protezione dell’interesse pubblico, il contrasto all’abusivismo edilizio, espressamente dando risalto di nullità assoluta al difetto di dichiarazione del venditore (Cass. Civ. 8685/99, 630/03, 23541/17).

Tuttavia, proprio per evitare “la paralisi” del mercato immobiliare, sempre per effetto della medesima richiamata normativa di cui al DPR citato, il legislatore attenuava il rigore della nullità, attraverso l’espressa previsione del rimedio offerto “dalla conferma dell’atto nullo”, di cui al 4^ comma dell’art. 17 ed al 3^ comma dell’art. 40 della L.47/1985 ed al 4^ comma dell’art. 46 del DPR 380/01, da qui, quella che la sentenza in commento ha chiamato: “la dicotomia diacronicamente sviluppatasi nella giurisprudenza di questa Corte sul modo di intendere la nullità urbanistica” .

  1.  L’evoluzione della materia in ragione dei plurimi orientamenti della giurisprudenza di legittimità.

La Sentenza n. 20961/18 ripercorre gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità susseguitesi nel tempo.

Secondo un primo orientamento[2], ancorato all’interpretazione strettamente letterale degli articoli 17 e 40 L. 47/85, la mancata dichiarazione degli estremi della concessione edilizia  ovvero della domanda in sanatoria, da parte del venditore  nell’atto pubblico, comporta la nullità dell’atto; mentre l’irregolarità sostanziale del bene non rileva ai fini della validità dell’atto, ma solo sotto il profilo della responsabilità del venditore.

In seguito, la Sezione ha rivisto l’orientamento [3], che facendo leva sul secondo comma dell’art.40 L.47/1985, ha valorizzato una lettura più rigorosa della norma sancendo una nullità di carattere sostanziale per gli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica – a prescindere dalla dichiarazione del venditore –  ed una nullità formale per gli atti di  trasferimento in regola o in corso di regolarizzazione ma in cui manchi in atto di vendita la dichiarazione del venditore e quindi con possibilità di conferma dell’atto, mediante atto successivo contenente la menzione delle omesse formalità.

Il merito delle richiamate sentenze, che hanno segnato un arresto rispetto al primo orientamento, è certamente quello di avere esteso il principio della nullità sostanziale anche al contratto preliminare con efficacia meramente obbligatoria, in quanto avente ad oggetto la stipulazione di un contratto definitivo nullo per contrarietà a norma imperativa.

Infatti, attraverso un sottile ed articolato ragionamento giuridico esteso dalla richiamata sentenza anche al contratto preliminare, ma senza che poi vi sia stato seguito in argomento, da parte della successiva giurisprudenza la nullità urbanistica sarebbe da ricondurre in via diretta al disposto del 1^ comma dell’art. 1418 c.c., nell’alveo delle “nullità virtuali”, laddove invece l’orientamento precedente la riconduceva all’ultimo comma dell’articolo 1418 c.c. per mancanza di forma.

  1. La decisione di rimettere al plenum per una riconduzione ad unità sintesi degli orientamenti discordanti della Corte.

La stessa Seconda Sezione, dopo aver raggiunto l’approdo che la “nozione di irregolarità urbanistica” presenta insidie legate alla corretta interpretazione dell’articolazione nella quale la si voglia intendere:

  1. immobile edificato in assenza di licenza edilizia;
  2. in difformità alla licenza;
  3. con variazioni essenziali;
  4. con variazioni non essenziali e solo parziali difformità;

perviene alla conclusione che la tesi della “nullità virtuale”, potrebbe incontrare limiti, da una parte strettamente normativi, in quanto non avrebbe un “solido riscontro nella legge” e dall’altra rischierebbe di pregiudicare in maniera irreparabile gli interessi dell’acquirente, ossia della parte che vorrebbe maggiore tutela  e che rimarrebbe in balia di quanto il venditore intenda dichiarare o meno all’interno dell’atto, atteso che dichiarata nulla la vendita, l’acquirente dovrebbe restituire il bene, pure di fronte a situazioni nelle quali risulti il suo incolpevole affidamento sulla validità dell’atto.

Peraltro in un altro recente precedente (Cass. Civ. 11659/18), la Corte era risultata assai prudente, riguardo allo strumento all’incommerciabilità del bene qual riflesso della nullità per irregolarità urbanistiche, definendo il concetto di tolleranza della difformità (quali ad esempio quelle sulla sagoma o sul volume esistente) a seconda della soglia della “parziale difformità rispetto alla concessione”, prevedendo in tale ultimo caso (tolleranza) la possibilità di un trasferimento coattivo dell’immobile pur in presenza di un vizio sulla regolarità urbanistica.

In applicazione del predetto criterio legato alla “tollerabilità” della difformità urbanistica, anche in altri due precedenti, rispettivamente Cass. Civ. 20258/09 e 8081/14, la Corte aveva affermato che la ratio della legge 47/1985 era quello di impedire la circolazione di beni palesemente abusivi, attenuando la rigida interpretazione letterale della norma e determinando una prima breccia alla natura formale della nullità urbanistica.

Tali principi sono stati poi ripresi dalla giurisprudenza di legittimità più recente (Cass. Civ. 8081/14), valorizzando i criteri non di una irregolarità urbanistica tout court che impedisca il trasferimento, bensì la distinzione tra difformità totale o essenziale o parziale e non essenziale.

Proprio l’assenza di uniformità delle pronunce della Cassazione susseguitesi nel tempo, in ordine ad una corretta distinzione sulla essenzialità o meno della difformità urbanistica  e quindi direttamente sul tipo di sanzione di nullità da applicarsi, con tutte le giuridiche conseguente sula validità dell’atto  e sulla tutela delle parti (acquirente, in primis) determina il Collegio della Seconda Sezione  a chiedere alle Sezioni Unite un chiarimento sulla portata di “nozione di irregolarità urbanistica” e sulla possibilità di estendere anche agli atti traslativi di diritti reali, la distinzione di creazione giurisprudenziale in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, tra variazione essenziale e non essenziale.

Peraltro, il Collegio opportunamente rileva che demandare il compito relativo all’emendabilità o meno dell’abuso ai fini della validità dell’atto alle leggi dell’amministrazione municipale (rectius: regolamenti urbanistici) ed al giudice amministrativo, comporterebbe elevati margini di opinabilità: “Tanto più che la questione della verifica in concreto della gravitò dell’irregolarità urbanistica di uno specifico fabbricato, ai fini della loro sanatoria e dell’applicazione delle sanzioni di carattere pubblicistico previste dalla legge per contrastare il fenomeno dell’abusivismo, è demandata dalla legge alle amministrazioni municipali (le cui normative ed i cui orientamenti interpretativi non sempre forniscono criteri di valutazione idonei ad orientare con chiarezza e certezza le valutazioni dei tecnici delle parti contraenti e dello stesso notaio rogante), oltre che, in seconda battuta, al giudice amministrativo”.

Da ciò l’esigenza che il plenum della Corte valuti, di fronte alla distinzione tra natura formale e sostanziale della nullità urbanistica e del bilanciamento del contrasto alla lotta all’abusivismo, se la sanzione della nullità che inficerebbe l’atto, con la conseguente perdita della proprietà da parte dell’acquirente, cui residuerebbe i rimedi della tutela redibitoria e risarcitoria, non risulti sproporzionata rispetto al fine pubblicistico che la legge intende tutelare.

[1]  in tutti gli atti di trasferimento di proprietà degli immobili sia riportata l’identificazione catastale e una “omissis…dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. …omissis”.

[2] Cass.civ. 14025/99, 8147/00, 5068/01,5898/04,26970/05.

[3] Cass. Civ. 23591/13 e 28194/13.

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