24 Ottobre 2017

Sospensione del processo esecutivo in favore delle vittime di usura o estorsione e sindacato del giudice dell’esecuzione

di Viviana Battaglia Scarica in PDF

Cass., Sez. Un., 20 settembre 2017, n. 21854; Pres. Amoroso; Est. Frasca; P.M. Fuzio (conf.)

Esecuzione forzata in genere – Processi esecutivi promossi nei confronti delle vittime dell’usura – Sospensione – Decreto del P.M. – Poteri del giudice dell’esecuzione (legge 23 febbraio 1999, n. 44, Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura, art. 20, comma 7).

Il Giudice dell’esecuzione cui sia stato trasmesso il provvedimento del Pubblico ministero che, ai sensi dell’art. 20, comma 7, l. n. 44/1999, dispone la sospensione dei termini di una procedura esecutiva a carico di soggetti vittime di richieste estorsive o di usura, non può sindacare le valutazioni del giudice penale circa la sussistenza dei presupposti della provvidenza sospensiva, né l’idoneità della procedura esecutiva ad incidere sull’efficacia dell’elargizione richiesta dall’interessato. Spetta invece al giudice dell’esecuzione sia il controllo della riconducibilità del provvedimento del pubblico ministero alla norma sopra citata, sia l’accertamento che esso riguarda uno o più processi esecutivi pendenti dinanzi al suo ufficio, sia la verifica che nel processo esecutivo in corso o da iniziare decorra un termine in ordine al quale il provvedimento di sospensione possa dispiegare i suoi effetti.

CASO

L’art. 20, comma 7, L. n. 44/1999 (“Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura”), così come modificato dall’art. 2, comma 1, lett. d), n. 1), L. n. 3/2012, attribuisce al Procuratore della Repubblica il potere di sospendere le procedure esecutive (e, più in generale, i termini di pagamento relativi a mutui e crediti erariali) promosse nei confronti di soggetti vittime di richieste estorsive e di usura; potere che, prima della novella, era riservato al giudice dell’esecuzione, previo parere non vincolante del prefetto competente per territorio (sul punto v. Corte Cost. 23 dicembre 2005, n. 457, in Riv. esec. forzata 2006, 379 ss., con nota di Francavilla, L’art.20 l. n. 44/99 e la sospensione dei termini dei processi esecutivi nei confronti delle vittime di attività estorsive ed usurarie: il parere prefettizio non può vincolare. V. pure Vigorito, Limiti interni ed esterni all’azione esecutiva, ibidem, 827 ss.; Pucciariello, Sulla sospensione dei termini del processo esecutivo in favore dei beneficiari del fondo di cui alla legge n. 44/99, in Riv. esec. forzata 2007, 364 ss.).

La novità riguarda, dunque, l’eliminazione dell’intervento del prefetto (già divenuto meramente consultivo in seguito alla ricordata sentenza della Consulta) e la sua sostituzione con un atto del P.M., qualificato non più come “parere” ma come “provvedimento favorevole”.

Modificata in questi termini, la disposizione non collide più con il principio costituzionale della separazione dei poteri (a suo tempo richiamato dal Giudice delle leggi per dichiarare l’illegittimità della norma nella parte in cui condizionava al parere favorevole del prefetto – e quindi di un organo amministrativo – la sospensione del processo esecutivo), ma pone il diverso problema del rapporto tra il pubblico ministero, al quale spetta la valutazione dei presupposti per elargire la provvidenza sospensiva di cui alla normativa antiusura, e il giudice dell’esecuzione, al quale spetta di adottare il provvedimento sospensivo della singola procedura esecutiva di sua competenza.

Le divergenze interpretative e i contrasti applicativi emersi nella giurisprudenza di merito (in particolare negli uffici giudiziari salernitani) in relazione alla natura vincolante del provvedimento di sospensione emesso dal P.M. (e ai conseguenti poteri del giudice dell’esecuzione) hanno indotto il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione a proporre ricorso ex art. 363, comma 1, c.p.c., chiedendo alla S.C. l’enunciazione del principio di diritto nell’interesse della legge.

SOLUZIONE

Ritenuto sussistente l’interesse pubblico al richiesto intervento nomofilattico e ripercorsa la storia dell’art. 20 l. n. 44/1999 (evidenziando le profonde differenze tra l’originaria formulazione e quella risultante dalle modifiche apportate dalla L. n. 3/2012), le Sezioni Unite della S.C. affermano a chiare lettere il carattere vincolante per il Giudice dell’esecuzione del decreto con cui il Pubblico Ministero dispone la sospensione delle procedure esecutive in favore dei soggetti vittime di richieste estorsive o di usura.

Più precisamente, il Giudice dell’esecuzione cui sia stato trasmesso il suddetto decreto non può sindacare le valutazioni del giudice penale in ordine alla sussistenza dei presupposti della provvidenza sospensiva, dovendo limitarsi ad un controllo ab estrinseco sulle condizioni di applicabilità del provvedimento alla singola procedura esecutiva di sua competenza.

QUESTIONI

Sulla scia delle conclusioni cui era già pervenuta la Consulta nel 2014 (v. Corte cost. n. 192/2014), le Sezioni Unite della S.C. sottolineano la competenza esclusiva del giudice penale a decidere sulla sussistenza delle condizioni per l’accesso al beneficio della sospensione, di cui all’art. 20, comma 7, l. n. 44/1999.

Invero la menzionata norma, attribuendo il potere sospensivo al Pubblico Ministero “competente per le indagini in ordine ai delitti che hanno causato l’evento lesivo di cui all’art. 3, comma 1”, lascia chiaramente intendere che il relativo provvedimento si colloca sul piano delle funzioni proprie del Pubblico Ministero nel processo penale (inteso in senso lato, cioè con estensione anche alle attività di indagine preliminare).

Stando così le cose, sarebbe del tutto contraddittorio ipotizzare che, quando il decreto del Pubblico Ministero venga rimesso al Giudice dell’esecuzione, questi possa sindacarlo sotto il profilo dei presupposti per la spettanza della provvidenza sospensiva. Al contrario, il decreto in discorso, in quanto appartenente all’ambito della giurisdizione penale, è indiscutibile da parte del giudice civile, che ne deve prendere atto e provvedere in conformità.

In breve, la sospensione del procedimento esecutivo disposta dal p.m. in favore delle vittime di estorsione e usura dispiega effetti vincolanti nell’ambito della giurisdizione civile.

Molto correttamente le SS.UU. rilevano che la vincolatività di un provvedimento penale in sede civile è fenomeno già noto al nostro ordinamento – come dimostrano le norme del c.p.p. che stabiliscono entro certi limiti che il giudicato penale spieghi effetti nel giudizio civile –  e che nella specie si giustifica proprio perché la valutazione che sorregge il provvedimento sospensivo del P.M. “implica l’accertamento della correlazione fra la posizione del soggetto che ha chiesto il beneficio, siccome descritta dalla legge, e l’attività di accertamento dei delitti sui quali il pubblico ministero è competente per le indagini”.

Inoltre la previsione di una modalità di mera trasmissione del provvedimento penale (v. art. 20, comma 7-bis, l. n. 44/1999), senza alcuna precisazione sul potere del Giudice dell’esecuzione che lo riceve, conferma che l’interferenza della sospensione disposta dal P.M. sulla procedura esecutiva in corso si risolve “in un vincolo a carico della giurisdizione ricevente quanto all’esistenza del presupposto giustificativo del provvedimento”.

Dovendo emettere un provvedimento che recepisca il decisum del P.M., il Giudice dell’esecuzione dovrà comunque verificare la sussistenza di una serie di presupposti formali – attinenti cioè alla regolarità della procedura – in assenza dei quali non potrà sospendere alcunché. Così, accertato anzitutto che il decreto trasmessogli è identificabile come provvedimento emesso ai sensi dell’art. 20, comma 7, l. 44/1999, rientra certamente nei poteri di controllo del Giudice dell’esecuzione l’accertamento che il provvedimento medesimo riguarda uno o più processi esecutivi pendenti innanzi al suo ufficio, nonché la verifica che nel processo esecutivo in corso o da iniziare decorra un termine in ordine al quale il provvedimento sospensivo possa dispiegare i suoi effetti.

Le Sezioni Unite precisano infine che avverso l’ordinanza con cui il Giudice dell’esecuzione, in conformità al decreto del P.M., dispone la sospensione della procedura esecutiva è proponibile opposizione agli atti esecutivi, e che il giudice di tale opposizione “incontrerà nei suoi poteri gli stessi limiti di valutazione che aveva il giudice dell’esecuzione e che si sono sopra delineati”.

Le soluzioni offerte dalla sentenza in esame vanno senz’altro condivise perché coerenti con la lettera e la ratio del nuovo art. 20, comma 7, l. n. 44/1999 e, sebbene non vincolanti, eviteranno certamente l’insorgere di ulteriori contrasti interpretativi sulle modalità di applicazione, con riguardo al processo esecutivo, della sospensione dei termini prevista dalla normativa antiusura.