8 Maggio 2018

Risarcimento del danno conseguente alla mancata assunzione per motivi illegittimi

di Evangelista Basile Scarica in PDF

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 27 febbraio 2018, n. 4543

Assunzione – Rifiuto illegittimo – Risarcimento del danno – Condizioni

MASSIMA

Pur nelle ipotesi di danno in re ipsa, in cui la presunzione si riferisca solo all’an debeatur (che presuppone soltanto l’accertamento di un fatto potenzialmente dannoso in base ad una valutazione anche di probabilità o di verosimiglianza secondo l’id quod plerumque accidit) e non all’effettiva sussistenza del danno e alla sua entità materiale, permane la necessità della prova di un concreto pregiudizio economico ai fini della determinazione quantitativa e della liquidazione del danno per equivalente.

COMMENTO

Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in tema di risarcimento del danno conseguente alla mancata assunzione per motivi illegittimi, ribadendo in particolare la necessità, per il titolare del diritto leso, di provare l’effettivo pregiudizio subito. La Suprema Corte ha così parzialmente accolto il ricorso promosso dalla Società datrice di lavoro avverso la sentenza della Corte d’Appello che, confermando l’illegittimità della mancata assunzione di una lavoratrice per l’impossibilità di adibirla, nel rispetto dell’art. 53 D.Lgs. n. 153/2001, a turno di lavoro notturno nella movimentazione manuale dei carichi per un periodo di nove mesi (in quanto coincidente con il compimento del primo anno del bambino partorito tre mesi prima), aveva riconosciuto l’esistenza del danno risarcibile sul solo presupposto dell’illegittimità della mancata assunzione. Adita sulla questione, la Suprema Corte ha anzitutto ribadito come il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo debba essere riconosciuto solamente in relazione all’effettivo pregiudizio patito dal danneggiato, non potendo, viceversa, essere liquidato a soli fini punitivi e in assenza di una causa giustificatrice dello spostamento patrimoniale da un soggetto ad un altro. A dire della Cassazione, dunque, l’illegittimità del rifiuto da parte della Società ad assumere la lavoratrice per i motivi sopra richiamati, pur costituendo un fatto potenzialmente dannoso in base ad una valutazione di probabilità o di verosimiglianza secondo l’id quod plerumque accidit, non esclude di per sé “la necessità della prova di un concreto pregiudizio economico ai fini della determinazione quantitativa e della liquidazione del danno per equivalente pecuniario”. Del resto, se è vero che l’art. 1218 c.c. pone una presunzione di colpevolezza dell’inadempimento, altrettanto vero è che la stessa disposizione normativa non agevola la posizione del danneggiato in ordine alla prova del danno derivante dall’inadempimento, gravando sullo stesso l’onere di provare l’effettiva esistenza del pregiudizio lamentato e la sua riconducibilità alla condotta del debitore. Sulla scorta delle considerazioni che precedono, la Suprema Corte ha quindi cassato la sentenza, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’Appello in diversa composizione.

Articolo tratto dalla Rivista Euroconference “IL GIURISTA DEL LAVORO”