6 Dicembre 2016

I rimedi preventivi per la ragionevole durata del processo civile e la prospettiva di (il)legittimità convenzionale: un epilogo già annunciato?

di Mattia Polizzi Scarica in PDF

 

Corte europea dei diritti dell’uomo, sez. I, sent. 25 febbraio 2016, Olivieri ed altri c. Italia

Procedimento civile – Giusto processo – Durata ragionevole del processo – Equa riparazione –Istanza di prelievo – Effettività rimedio interno – Esclusione – Fondamento (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, art. 1, 6, 13, 34, 35; d.leg. 2 luglio 2010, n. 104, attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo, art. 71; d.l. 25 giugno 2008, n. 112 conv. in l. 6 agosto 2008, n. 133, disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria, art. 54; l. 24 marzo 2001, n. 89, previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’art. 375 del codice di procedura civile; l. 21 luglio 2000, n. 205, disposizioni in materia di giustizia amministrativa, art. 9)

[1] L’istanza di prelievo di cui all’art. 54, comma 2, d.l. 112/2008 non rappresenta una misura interna in grado di garantire una tutela effettiva del diritto ad un processo di durata ragionevole.

CASO
[1] Nel 1990 quattro dipendenti del Comune di Benevento propongono ricorso dinanzi al T.A.R. Campania al fine di ottenere la rettifica dei calcoli inerenti la propria anzianità di servizio e la conseguente condanna dell’Ente territoriale al versamento delle differenze retributive, presentando congiuntamente istanza di fissazione dell’udienza.

Nel 2008 la segreteria del T.A.R. comunica ai ricorrenti un avviso contenente l’obbligo di presentare una nuova domanda di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 9, co. 2, l. 205/2000: le parti private adempiono, formulando altresì ricorso ai sensi della c.d. legge Pinto presso la Corte d’appello di Napoli.

Nel 2009, la Corte territoriale dichiara irricevibili i ricorsi ex l. 89/2001, non avendo i ricorrenti presentato istanza di prelievo dinanzi al Giudice amministrativo, così come richiesto dall’art. 54, co 2, d.l. 112/08. La Cassazione conferma la decisione della Corte d’appello.

I dipendenti spiegano ricorso davanti la Corte di Strasburgo, sostenendo che l’obbligo dell’istanza di prelievo ai fini della richiesta di equa riparazione per irragionevole durata del processo rappresenti un’indebita causa ostativa al ristoro dei propri diritti, in violazione degli artt. 6 e 13 Cedu.

Il Governo italiano afferma in primo luogo che alcuni dei ricorrenti presso la CoEdu non siano – in quanto eredi dei dipendenti – “vittime” di una violazione ai sensi dell’art. 34 Cedu; sostiene poi che la mancata proposizione dell’istanza di prelievo integri una violazione dell’art. 35, par. 1, Cedu; reputa infine effettiva la tutela predisposta dal rimedio interno.

SOLUZIONE
[1] La Corte di Strasburgo preliminarmente rigetta l’eccezione del Governo inerente la carenza della qualità di vittima in capo agli eredi, riprendendo i principi dalla stessa già affermati nei casi Scordino (CoEdu, Grande Camera, 29 marzo 2006, Scordino c. Italia, in DeJure, 2006) e Cocchiarella (CoEdu, Grande Camera, 14 dicembre 2006, Cocchiarella c. Italia, ibidem, 2006).

La Corte, dopo aver richiamato i consueti principi di sussidiarietà della tutela sovranazionale e di effettività delle garanzie interne (arg. ex artt. 1, 13 e 35), declina concretamente questo ultimo concetto nella materia de qua, affermando che «i ricorsi di cui dispone una persona sottoposta alla giustizia a livello interno per lamentare la durata di un procedimento sono «effettivi», nel senso dell’articolo 13 della Convenzione, quando permettono di far intervenire in maniera più celere la decisione dei giudici aditi o di fornire all’interessato una riparazione adeguata per i ritardi già subiti» (par. 44 della decisione in commento).

Ripercorrendo le tappe principali dell’ordinamento giuridico italiano in materia, i Giudici europei rigettano la eccezione relativa al primo paragrafo dell’art. 35 Cedu, sostenendo che il «sistema Pinto» così come integrato dall’art. 54, comma 2, d.l. 112/2008 non rappresenti una tutela effettiva per il cittadino: si tratterebbe, infatti, di una «condizione formale che produce l’effetto di ostacolare l’accesso alla procedura «Pinto»» (par. 64), peraltro priva di effetti significativi nella pratica giudiziaria esaminata (cfr. par. 59).

Per l’effetto, la Corte Edu dichiara la violazione degli artt. 6, par. 1, e 13 Cedu.

QUESTIONI
[1] La pronuncia in esame è stata resa con riferimento ad un istituto proprio del diritto processuale amministrativo, ossia l’istanza di prelievo: come noto, tramite questo strumento la parte può, in caso di urgenza, chiedere al presidente del T.A.R. l’anticipazione della fissazione dell’udienza rispetto al normale ordine cronologico delle cause.

Tuttavia, la decisione della CoEdu appare indubbiamente densa di possibili implicazioni anche nel processo civile e, più in generale, nel sistema Pinto, con riferimento ai cc.dd. rimedi preventivi.

Difatti, con l’art. 1, co. 177, l. 208/2015 (legge di stabilità per l’anno 2016) è stato introdotto nel corpo della l. 89/2001 l’art. 1 ter, in forza del quale rappresenta rimedio preventivo alla violazione dell’art. 6, par. 1, Cedu la proposizione dell’istanza di decisione a seguito di trattazione orale della causa ex art. 281 sexies c.p.c.: il vero punctum dolens della disposizione è rappresentato dal fatto che – a norma dell’art. 2, comma 1, l. 89/2001 – la domanda di equa riparazione risulta inammissibile qualora la parte non abbia esperito i rimedi preventivi di cui al citato art. 1 ter (oltre all’istanza di decisione orale, rientrano in tale categoria le istanze ex artt. 702 bis e 183 bis c.p.c.).

Appaiono dunque chiare le influenze che la pronuncia in esame può spiegare con riferimento all’ordinamento processuale civile: a prescindere dal caso concreto (che verte sull’istituto dell’istanza di prelievo di cui all’art. 71, comma 2, c.p.a.) la Corte di Strasburgo mostra la propria insofferenza verso modelli di rimedio preventivo che – pur desiderabili per l’avvenire – non possono essere «sufficienti per raddrizzare una situazione laddove è manifesto che la procedura si è già sviluppata su un periodo eccessivo» specie «per i paesi in cui esistono già delle violazioni legate alla durata dei giudizi» (par. 46).

In dottrina, peraltro, sono stati avanzati seri dubbi sulla effettività di tali rimedi anche a prescindere dalla violazione della Cedu, specie considerando che nel processo civile l’udienza viene fissata ex officio e che restano intatte – anche dopo l’intervento della legge di stabilità per il 2016 – le norme che regolano l’ordine di priorità del ruolo.

Non solo. Un ulteriore profilo critico della riforma riguarda la tutela del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., sub specie di diritto alla autodeterminazione difensiva: difatti, la parte risulterebbe in concreto “obbligata” ad incardinare la causa scegliendo i rimedi preventivi anzidetti, a pena di inammissibilità di un futuro (ed invero non così eventuale) ricorso ex  l. 89/2001, anche qualora ciò possa non risultare conforme alle esigenze di maggior approfondimento giudiziario del caso al vaglio del giudice civile.

In conclusione di questa sintetica analisi, non appare infondato un ripensamento delle novità introdotte con la citata legge di stabilità, specie in considerazione del disposto del primo capoverso dell’art. 117 Cost. e dei conseguenti obblighi per il Legislatore italiano.

Per un approfondimento dell’argomento in esame si v., ex pluribus, G. Anania, Indennizzo ex legge Pinto: la CEDU boccia i formalismi diretti ad eluderlo, in questa Rivista, 11.10.2016;  D. Turroni, La legge di stabilità estende l’art. 281 sexies c.p.c. al tribunale in composizione collegiale, ibidem, 11.01.2016; G. Sorrenti, La condizione di ricevibilità dell’istanza di prelievo nei giudizi amministrativi rende ineffettivo il  rimedio Pinto, aprendo ancora una volta la via del ricorso diretto a Strasburgo, in Forum di Quaderni Costituzionali, 21.05.2016.

Sul tema della istanza di prelievo cfr., a mero titolo esemplificativo, R. Garofoli, G. Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, 2015, Nel Diritto Editore, 2015, pagg. 2316 e ss.; A. Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, Giappichelli, 2010, pagg. 267 e ss..