12 Marzo 2019

Il reclamo nel rito lavoro

di Evangelista Basile Scarica in PDF

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 4 gennaio 2019, n. 83

Rito lavoro – rito Fornero – reclamo – impugnazione – termini – comunicazione – posta elettronica certificata

MASSIMA

La L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 58, prevede espressamente che, contro la sentenza che decide sul ricorso in opposizione è ammesso reclamo davanti alla corte d’appello, “da depositare, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla comunicazione, o dalla notificazione se anteriore”. La comunicazione menzionata nella disposizione è quella effettuata dalla cancelleria a mente dell’art. 133 c.p.c., comma 2, mediante biglietto contenente il testo integrale della sentenza che può essere, ai sensi dell’art. 136 c.p.c., comma 2, consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, ovvero trasmesso a mezzo posta elettronica certificata, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.

COMMENTO

Il Ricorrente adiva la Corte di Cassazione impugnando la sentenza della Corte territoriale la quale aveva dichiarato inammissibile il reclamo avverso ex L. 92/2012 avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento. Nello specifico, la Corte d’Appello di Milano aveva ritenuto che il reclamo era stato depositato presso la cancelleria oltre il termine previsto dall’art. 1 comma 58, L. n. 92/2012, decorrente dalla data di comunicazione da parte della cancelleria ai procuratori costituiti, presso l’indirizzo Pec comunicato ai rispettivi albi di appartenenza. La Suprema Corte adita, confermando la sentenza gravata, ha avuto dunque modo di affermare una serie di principi validi nel processo civile avente ad oggetto l’impugnativa dei licenziamenti sottostanti alla c.d. normativa Fornero. Nello specifico, la Suprema corte ha statuito che (i) l’art. 1, comma 58, L. n. 92/2012, prevede espressamente che, contro la sentenza che decide sul ricorso in opposizione è ammesso reclamo davanti alla corte d’appello, da depositare, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla comunicazione o dalla notificazione;  invero non è mai stato posto in dubbio che la comunicazione menzionata nella disposizione è quella effettuata dalla cancelleria a mente dell’art. 133, comma 2, c.p.c. – rubricato pubblicazione e comunicazione della sentenza mediante biglietto contenente il testo integrale della sentenza che può essere trasmesso a mezzo posta elettronica certificata. Nel caso di impugnativa ex L. n. 92/2012, alla comunicazione da parte della cancelleria della sentenza, quindi, segue pacificamente il decorso del termine breve per impugnare. Inoltre (ii) la prescrizione di cui all’art. 16-sexies d.l. n. 179/2012 prescinde dalla stessa indicazione dell’indirizzo di posta elettronica ad opera del difensore, trovando direttamente applicazione in forza dell’indicazione normativa degli elenchi/registri da cui è dato attingere l’indirizzo PEC del difensore, stante l’obbligo in capo ad esso di comunicarlo al proprio ordine e dell’ordine di inserirlo sia nei registri INI-PEC e ReGIndE. In sostanza, a prescindere dall’indirizzo Pec indicato dal difensore nell’atto, la notifica e/o la comunicazione sono valide dall’agosto 2014 se effettuate all’indirizzo Pec presente nei pubblici registri. Da ultimo la Corte ha ribadito che (iii) la comunicazione integrale del provvedimento da parte della cancelleria, anche quando effettuata telematicamente, deve ritenersi regola che può essere vinta solo da prova contraria. Richiamando alcuni propri precedenti, la Corte di Cassazione ha ribadito che la disciplina dettata ex art 45, comma 2, disp. att. c.p.c., come modificato dal d.l. n. 179/2012, stabilisce che il biglietto contiene il testo integrale del provvedimento comunicato. Laddove non venga rispettata la regola, sarà onere del ricevente darne la prova.