7 Marzo 2017

Rafforzata la tutela delle microimprese da prassi commerciali scorrette nei rapporti con altre imprese

di Carlo Biasior Scarica in PDF

L’art. art. 7, comma 1, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, ha introdotto nel codice del consumo le «microimprese», estendendo a loro la disciplina delle prassi commerciali scorrette, ora applicabili anche ai rapporti tra operatori professionali e «microimprese».

La definizione di microimpresa si trova all’art. 18, lett. d-bis) del codice del consumo, dove per “microimprese” si intendono le “entità, società o associazioni che, a prescindere dalla forma giuridica, esercitano un’attività economica, anche a titolo individuale o familiare, occupando meno di dieci persone e realizzando un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a due milioni di euro, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, dell’allegato alla raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003”.

All’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del Consumo) dopo le parole: “relativa a un prodotto” sono aggiunte, infine, le seguenti: “nonché alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e microimprese. Per le microimprese la tutela in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità comparativa illecita è assicurata in via esclusiva dal decreto legislativo 2 agosto 2007, n.145.”

In occasione del recepimento della direttiva 2005/29/CE sulle prassi commerciali sleali tra imprese e consumatori (fenomeno che ricomprende anche la pubblicità ingannevole a danno di consumatori), le tutele, dal lato soggettivo, per così dire, si sono sdoppiate: il decreto legislativo n. 145 del 2007, dando attuazione alla direttiva 2006/114/CE e all’art. 14 della direttiva 2005/29/CE, reca ora la disciplina generale della pubblicità commerciale applicabile solo ai rapporti tra operatori professionali e il decreto legislativo n. 146 del 2007, dando attuazione alla Direttiva n. 2005/29/CE, ha introdotto nell’ordinamento italiano (artt. da 18 a 27-quater del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 2006, codice del consumo) la disciplina delle pratiche commerciali scorrette applicabile solo ai rapporti tra imprese e consumatori (la disciplina delle prassi commerciali sleali comprende la pubblicità ingannevole e comparativa scorretta a danno dei consumatori).

Quindi l’equiparazione delle microimprese ai consumatori avviene solamente per la tutela da prassi commerciali aggressive e rappresenta un’unicità italiana.

Le prassi commerciali scorrette sono vietate. La contrarietà alla diligenza professionale e la capacità di falsare le scelte economiche del consumatore medio (microimpresa media) sono i due parametri utili per individuare un comportamento commerciale scorretto.

La diligenza professionale rappresenta il parametro principale per valutare la correttezza di un comportamento commerciale. La diligenza professionale è un concetto, dinamico, che raffronta, di volta in volta, in ciascun caso concreto, l’attività del professionista con l’integrità delle scelte d’acquisto del consumatore e della microimpresa. E’ il parametro che ci dice quale sia il livello atteso di conoscenza (dei prodotti, del mercato), di competenza (conoscenza e rispetto delle leggi applicabili), di organizzazione (efficace allocazione delle risorse a presidio delle varie fasi della produzione, distribuzione/vendita e post/vendita) dell’impresa nella sua attività di promozione, vendita o fornitura di prodotti o servizi nei diversi mercati: la diligenza professionale varierà in base alla complessità dei prodotti e dei servizi offerti, in relazione al mercato considerato.

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM)  è l’Autorità a cui l’art. 27 del codice del consumo ha affidato, in via esclusiva, il controllo sulle pratiche commerciali scorrette.

Aver affidato il controllo delle prassi commerciali scorrette a forme di public enforcement, ha impresso una forza propulsiva significativa al consumerismo in Italia e al diritto privato del mercato: esemplari, a riguardo, paiono le norme a tutela del consumatore adottate a seguito di valutazioni di scorrettezza da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e Mercato, quali, ad esempio, a) l’introduzione di un termine perentorio per la chiusura di un contratto di conto corrente; b) il divieto della prassi bancaria di subordinare la concessione di un mutuo all’acquisto di una polizza assicurativa erogata dalla medesima banca o all’apertura del conto corrente; c) il divieto della no show rule.

Tra le microimprese, i professionisti che le assistono e le associazioni che le rappresentano pare non esserci piena consapevolezza della portata dello strumento normativo loro esteso, che permette di fare proprie le tutele dei consumatori e su cui, si è andata formando una cospicua giurisprudenza che apre la porta a forme di tutela degli interessi collettivi, con importante ricadute per i mercati.