19 Settembre 2017

Processo penale e sospensione del giudizio civile

di Adele Sangrigoli Scarica in PDF

Cass, Sez. VI, ord., 22 dicembre 2016, n. 26863 – Pres. Amendola  – Est. Scrima

Pregiudizialità – obbligazioni e fatti illeciti – rapporti tra azione civile e penale – sospensione necessaria – condizioni e limiti (C.p.p. artt. 75, 651, 652; C.p.c. art. 42, 295)

[1] In tema di rapporti tra giudizi civili e penali, non sussistendo più la regola della pregiudizialità dell’accertamento penale rispetto a quello civile, fuori dal caso in cui i giudizi di danno possono proseguire davanti al giudice civile ai sensi dell’art. 75 c.p.p., comma 2, il processo  deve essere sospeso solo se tra il processo penale e altro giudizio ricorra il rapporto di pregiudizialità indicato dall’art. 295 c.p.c., o se la sospensione sia prevista da altra specifica norma e sempre che la sentenza penale esplichi efficacia di giudicato nell’altro giudizio ai sensi degli artt. 651, 652 e 654 c.p.p.

CASO

[1] Tizio proponeva istanza di regolamento di competenza avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Barcellona Pozzo, con la quale era stata disposta, ritenutane l’opportunità, la sospensione del processo civile – volto ad ottenere la condanna dei sanitari convenuti al risarcimento dei danni patiti dagli attori, in proprio e nella qualità di eredi del loro figlio minore, per il decesso di quest’ultimo in conseguenza dell’asserita condotta negligente posta in essere dai convenuti durante il ricovero del predetto – sino alla definizione del processo penale pendente nei loro confronti al fine di accertarne le rispettive responsabilità. All’istanza di regolamento resistevano con controricorso i convenuti i quali eccepivano, tra l’altro la inammissibilità del ricorso per tardività, essendo lo stesso stato notificato oltre la scadenza dei termini di legge.

SOLUZIONE

[1] Il Collegio accoglie il ricorso disponendo la prosecuzione del giudizio civile, ricordando che quest’ultimo può essere sospeso se tra il processo penale e altro giudizio ricorra il rapporto di pregiudizialità indicato nell’art. 295 c.p.c. e a condizione che la sentenza penale esplichi efficacia di giudicato nell’altro giudizio o se la sospensione sia prevista da altra specifica norma. Quest’ultima eventualità si realizza nei casi espressamente previsti dal terzo comma dell’art. 75 c.p.p. che prevede la sospensione del processo quando l’azione in sede civile sia stata proposta dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado; nel caso inverso, invece, la disposizione consente di trasferire l’azione civile nel processo penale facendone discendere la rinuncia ex lege agli atti del giudizio civile ovvero la prosecuzione separata dei due giudizi.

QUESTIONI

[1] La sentenza in commento muove dal presupposto per cui nell’attuale sistema processuale, alla luce della disciplina di cui all’art. 42 c.p.c. – il quale, come novellato dalla L. 353/1990, consente ora di impugnare con il regolamento di competenza i provvedimenti che, come nella fattispecie considerata, dichiarano la sospensione del processo – non vi è più spazio per una discrezionale facoltà di sospensione del processo, esercitabile dal giudice al di fuori dei casi tassativi di sospensione legale.

Tale facoltà, infatti, oltre confliggere con le finalità della citata riforma improntata ad un radicale contenimento del fenomeno sospensivo, andrebbe a porsi in aperto contrasto con il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), della effettività della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) nonché con il canone della durata ragionevole del processo ai sensi dell’art. 111 Cost. In particolare, le modifiche apportate dalla novella del 1990 agli artt. 42 e 295 c.p.c. – quest’ultima disposizione, nella formulazione previgente, includeva tra le ipotesi di sospensione necessaria il caso previsto dall’art. 3 c.p.p. (oggi abrogato), in virtù del quale doveva disporsi la sospensione del giudizio civile e dei giudizi amministrativi e disciplinari avanti la pubblica autorità se era iniziata l’azione penale e se dal relativo accertamento dipendeva la decisione della controversia  – dimostrano il disfavore del legislatore della riforma per un istituto che si risolve di fatto in un temporaneo diniego di giustizia (Cfr. sul punto, Vellani, Considerazione sulla sospensione del processo civile alla luce del nuovo c.p.p., in Riv. trim. dir. proc. civ., 1991, 752 ss. per il quale al di fuori delle ipotesi di sospensione disciplinate dall’art. 75, comma 3 c.p.p. e dei casi in cui il diritto fatto valere dipende dall’accertamento del reato, l’esclusione della sospensione necessaria per pendenza del processo penale sembra essere evidente, oltre che per l’eliminazione del disposto dell’art. 3 del previgente codice di procedura penale, per il rilievo di fondo che il nuovo codice di procedura penale è ispirato al principio dell’autonomia dei giudizi penale e civile; cfr. anche Satta-Punzi, Diritto processuale civile, Padova, 2000, 396).

Inoltre contrariamente al passato, in cui l’ordinamento manifestava un evidente favor per il processo penale, quale sede privilegiata per l’accertamento di un fatto, anche per via della quasi totale assenza di limiti in ordine all’assunzione delle prove, l’attuale assetto di rapporti tra i due sistemi processuali si fonda su un principio di tendenziale autonomia e separatezza dei due giudizi, scelta dettata dalla necessità di assicurare la conclusione di ogni processo in tempi contenuti e tali da preservarne una “ragionevole durata” (in quest’ottica, il giudice civile conosce e decide in via incidentale, senza efficacia di giudicato, ogni questione che sia necessaria per giungere a definire la controversia sottoposta al suo giudizio; correlativamente l’art. 2 c.p.p. precisa che il giudice penale “risolve ogni questione da cui dipende la decisione, salvo che sia diversamente stabilito”).

Se dunque la regola generale, comune a tutti i processi, è espressione dell’autonomia e della separatezza dei due ambiti di esercizio del potere giurisdizionale, occorre rilevare come questa subisca numerose eccezioni, ispirate all’opposta soluzione della dipendenza tra i due giudizi. Si pensi a titolo esemplificativo alle controversie “sullo stato di famiglia o di cittadinanza”: in tali casi il giudice penale  può sospendere il processo fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce la questione se questa “è seria e se l’azione a norma delle leggi civili è già in corso” (art. 3 c.p.p.); o ancora, anche in sede di procedimento di riesame sulle misure cautelari reali il giudice penale rinvia la decisione della controversia al giudice civile “nel caso di contestazione della proprietà” (art. 324, comma 8, c.p.p.).

Nei casi citati, la sospensione del processo viene disposta sempre che siano state proposte le relative azioni innanzi al giudice civile e la questione rivesta carattere pregiudiziale.

La sospensione del giudizio civile ex art. 295 c.p.c. viene definita “sospensione necessaria” perché il giudice, senza prevedere alcuna valutazione di opportunità, ma solo previo esame della questione relativa al rapporto di pregiudizialità, “dispone che il processo sia sospeso” (cfr. sul punto, Mandrioli, in Diritto processuale civile, Torino, 2000, II, 309 ss., che opta per una posizione “intermedia” tra le teorie nelle quali la dottrina si divide nell’interpretare questa parte dell’art. 295 c.p.c. sulle quali ivi, 312. La dottrina prevalente è comunque orientata nel senso che il giudice deve sospendere la causa (e perciò la sospensione è necessaria e non facoltativa) ogni qual volta valuta che sussista il presupposto che la legge esprime con le parole “dalla cui definizione dipende la decisione della causa”; sul punto cfr. anche Recchioni, Appunti in tema di incompatibilità fra situazioni giuridiche soggettive, pregiudizialità e processo, in Riv. dir. proc., 1996, p.182 ss.; Andrioli, Commento al codice di procedura civile, II, Napoli 1956, 305 ss.).

Nel caso in esame, il Collegio tiene a precisare che non sussistendo più la regola della pregiudizialità dell’accertamento penale rispetto a quello civile, fuori dal caso ex art. 75, comma 2 c.p.p. in cui l’azione civile prosegue davanti al giudice civile, “ il processo può essere sospeso se tra il processo penale e altro giudizio ricorra il rapporto di pregiudizialità indicato dall’art. 295 c.p.c.”. In quest’ottica, il caso più frequente di sospensione è ormai quello dell’art. 75, u.c., c.p.p. mentre una sospensione per pregiudizialità in senso proprio ex art. 295 c.p.c. è un’ ipotesi decisamente residuale.

Nella pronuncia in commento la Corte, muovendo dal presupposto per cui ai sensi dell’art. 295 c.p.c., nella sua novellata formulazione, non vi sarebbe più spazio per una discrezionale facoltà di sospensione del processo civile – disposta cioè al di fuori dei casi tassativamente previsti dalla legge – rileva come, nel caso di specie, difetterebbero le condizioni richieste per disporre la sospensione necessaria del processo civile di danno (ossia, la preventiva costituzione della parte civile nel processo penale rispetto all’esercizio dell’azione civile ovvero l’esercizio dell’azione civile dopo la sentenza di primo grado ex art. 75, comma 3 c.p.p.), dal momento che l’azione civile era stata proposta prima dello svolgimento della prima udienza dibattimentale del processo penale e che nessuno degli attori si era costituito parte civile nel processo penale pendente a carico dei convenuti.

Infatti, al di fuori delle due ipotesi già ricordate e ferma restando l’insussistenza di un potere discrezionale del giudice di disporre la sospensione del processo, sussiste un potere “residuale” esercitabile in presenza di una pregiudizialità logico-giuridica tra i fatti posti alla base del processo civile e quelli oggetto del giudizio penale; in questo senso la giurisprudenza di legittimità ha più volte chiarito che “perché sussista il presupposto della sospensione necessaria del giudizio civile per dipendenza pregiudiziale dalla definizione di altra causa, non basta che sussista un mero collegamento fra le diverse statuizioni, per l’esistenza di una coincidenza o analogia di riscontri fattuali o di quesiti di diritto da risolvere per la loro adozione, occorrendo invece un vincolo di stretta ed effettiva consequenzialità fra le due emanande statuizioni, vincolo insito nell’accertamento di una questione che in tanto può ritenersi pregiudiziale, in quanto rappresenti un indispensabile antecedente logico-giuridico, la cui soluzione esplichi un effetto cogente, in tutto o in parte, sull’esito della causa da sospendere.” (Cfr. ex plurimis Cass. 4 aprile 2016 n. 6510 ove, in materia di rapporti tra giudizio civile promosso per risarcimento del danno da responsabilità medica e concomitante processo penale per falso in scrittura privata ex art. 485 c.p., viene annullata l’ordinanza di sospensione impugnata e disposta la prosecuzione del giudizio civile in quanto non sussistente alcuna delle ipotesi nelle quali, a seguito della riforma introduttiva del Codice del processo penale del 1989, è configurabile un rapporto di pregiudizialità giustificativa della sospensione necessaria del processo civile in attesa della definizione di quello penale poiché “nella specie l’oggetto del giudizio civile non concerne l’azione di risarcimento dei danni derivati dal reato per cui pende il processo penale, bensì un’azione di risarcimento danni da responsabilità medica; cfr. sul punto anche Cass., ord. 25 febbraio 2015 n. 3881, ove si dispone l’annullamento dell’ordinanza di sospensione e conseguente prosecuzione del giudizio di opposizione al precetto, ritenendo insufficiente ai fini sospensivi la pretesa falsità, penalmente rilevante e sostenuta dall’opponente, della sottoscrizione della rinuncia al diritto a procedere ad esecuzione forzata, sostenendo che in materia di rapporti tra giudizio civile e processo penale, il primo può essere sospeso, in base a quanto dispongono l’art. 295 c.p.c., art. 654 c.p.p. e art. 211 disp. att. c.p.p., “nell’ipotesi in cui alla commissione del reato oggetto dell’imputazione penale una norma di diritto sostanziale ricolleghi un effetto sul diritto oggetto di giudizio nel processo civile”).

In conclusione, il Collegio, richiamandosi ad un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass., sez. un. ord. 1 ottobre 2003, n. 14670; Cass., ord. 15 marzo 2006, n. 5767; Cass., ord. 25 novembre 2010, n. 23906; Cass., ord. 26 giugno 2013, n. 16198) chiarisce come dalla esclusione della configurabilità di una sospensione facoltativa ope iudicis del giudizio, deriva sistematicamente, come logico corollario, la impugnabilità, ai sensi dell’art. 42 c.p.c., di ogni sospensione del processo ogni qualvolta non si sia in presenza di un caso di sospensione ex lege. Conseguenza diretta di tale impostazione è, da un lato, la prosecuzione parallela del giudizio civile e di quello penale, senza alcuna possibilità di influenza del secondo sul primo, e dall’altro l’obbligo del giudice civile di accertare i fatti in via autonoma.