7 Febbraio 2017

Opposizione ex art. 7 d.leg. 150/2011 tardiva e mezzi di impugnazione esperibili

di Giacinto Parisi Scarica in PDF

Cass., Sez. VI-2, 1° dicembre 2016, n. 24618 (ord.)

Sanzioni amministrative e depenalizzazioni – Infrazioni stradali – Opposizione tardiva – Inammissibilità – Ordinanza resa fuori udienza o dopo l’instaurazione del contraddittorio – Nullità – Appello (C.p.c., art. 161, comma 1, 433 e segg.; d.leg. 1° settembre 2011, n. 150, art. 7, comma 9, lett. a; l. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, comma 1)

[1] In tema di opposizione alle sanzioni amministrative irrogate per infrazioni stradali, nel regime introdotto dall’art. 7 d.leg. 150/2011, l’ordinanza con cui, fuori udienza o dopo l’instaurazione del contraddittorio, viene dichiarato inammissibile il ricorso proposto tardivamente non è provvedimento abnorme, ricorribile per cassazione, ma nullo, ordinariamente impugnabile con l’appello.

CASO

[1] Con ordinanza pronunciata a seguito dell’instaurazione del contraddittorio, il Giudice di pace di Trieste dichiarava l’inammissibilità dell’opposizione tardivamente promossa, ai sensi dell’art. 7 d.leg. 150/2011, avverso una sanzione amministrativa irrogata per infrazioni stradali. L’opponente-ingiunto impugnava, quindi, la predetta decisione, proponendo ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto la pronuncia del Giudice di pace avrebbe dovuto essere impugnata mediante l’appello.

A sostegno della propria statuizione, la Suprema Corte ha innanzitutto evidenziato che, a norma dell’art. 7, comma 9, lett. a), d.leg. 150/2011, il giudice di prime cure avrebbe dovuto dichiarare, all’esito della prima udienza, l’inammissibilità dell’opposizione proposta oltre il termine stabilito dalla legge con sentenza, impugnabile con appello (sul punto, v. anche la Relazione illustrativa al d.leg. 150/2011, richiamata in motivazione).

Per converso, il provvedimento reso dal Giudice di pace era astrattamente riconducibile al modulo decisorio di cui al previgente art. 23, comma 1°, l. 689/1981 (abrogato dall’art. 34 d.leg. 150/2011): tale norma prevedeva, infatti, che, nel caso di ricorso proposto avverso un’ordinanza di ingiunzione-pagamento oltre il termine stabilito dalla legge, il giudice era tenuto a dichiararne l’inammissibilità inaudita altera parte con ordinanza immediatamente ricorribile per cassazione.

Pertanto, in ragione della riferibilità al previgente art. 23 l. 689/1981, la Corte di cassazione ha stabilito che il provvedimento impugnato non potesse essere considerato abnorme, e, dunque, immediatamente ricorribile per cassazione, ma nullo, e, quindi, sulla base delle regole ordinarie, impugnabile con l’appello.

QUESTIONI

[1] Secondo una celebre definizione coniata dalla dottrina processual-penalistica, «le regole su cosa sia impugnabile e come, valgono rispetto all’anomalo “normale”, ossia concernono provvedimenti imperfettamente conformi ai modelli, ma esistono gli abnormi; ignoti al sistema legale, sfuggono alle relative previsioni; a fortiori, esigono rimedio e l’unico possibile è impugnarli in cassazione (corsivo nostro)» (Cordero, Procedura penale, Milano, 2012, 1091; nell’ambito della dottrina processuali-civilistica più recente, anche per i richiami bibliografici e giurisprudenziali ivi contenuti, v. Auletta, Nullità e «inesistenza» degli atti processuali civili, Padova, 1999, 7 e 181, nt. 58; Tiscini, Decisione per decreto dell’opposizione agli atti esecutivi: note sull’impugnazione del “provvedimento abnorme”, in www.judicium.it).

Per un’applicazione del principio sopra esposto nella materia in esame, in senso conforme alla pronuncia in commento, v. Cass. 23 settembre 2015, n. 18820, Foro it., Rep. 2015, voce Sanzioni amministrative e depenalizzazione, n. 33, richiamata in motivazione, che, al fine di individuare il mezzo di impugnazione esperibile avverso un’ordinanza resa “fuori udienza”, all’esito di un giudizio di opposizione ex art. 7 d.leg. 150/2011, dopo aver enucleato la linea di confine tra abnormità e nullità degli atti processuali, ha ritenuto il provvedimento impugnato emesso in palese violazione della (nuova) normativa ma al contempo «astrattamente riconducibile ai moduli processuali previsti dalle norme sul giudizio di opposizione» – e, quindi, affetto non da abnormità bensì nullità, da far valere mediante appello, ai sensi dell’art. 161, comma 1°, c.p.c.

In altra ipotesi, Cass. 1° marzo 2013, n. 5237 (ord.), id., Le banche dati, archivio Cassazione civile, ha ritenuto abnorme (e, quindi, immediatamente ricorribile per cassazione) l’ordinanza con cui «al di fuori di alcuna previsione normativa» il Giudice di pace di Roma, nel vigore del previgente art. 23 l. 689/1981, aveva dichiarato l’inammissibilità dell’opposizione «perché i motivi posti a fondamento … sono puramente di stile e/o generici e comunque tali da configurare una motivazione apparente, tale cioè da non consentire un sindacato di merito sull’impugnato provvedimento».

Infine, si segnala Cass. 11 giugno 2014, n. 13260, id., Rep. 2014, voce Sanzioni amministrative e depenalizzazione, n. 36, richiamata (impropriamente) in motivazione, che, pur giungendo al medesimo risultato della pronuncia in commento, ha applicato il principio di prevalenza della sostanza sulla forma, ritenendo che l’ordinanza (erroneamente) emessa nel caso di specie dal Giudice di pace all’esito del(l’analogo) giudizio di opposizione ex art. 6 d.leg. 150/2011 avesse natura di sentenza, poiché aveva deciso con efficacia idonea al giudicato questioni attinenti ai presupposti dell’azione, e fosse dunque impugnabile mediante appello.