27 Settembre 2016

Obbligazioni contratte dall’amministratore giudiziario nel procedimento per misure di prevenzione: quale tutela per i creditori?

di Salvatore Ziino Scarica in PDF

Tribunale di Reggio Calabria; ordinanza 7 luglio 2015 dott.ssa Drago

[1] Misure di prevenzione patrimoniali – obbligazioni contratte dall’amministratore giudiziario – azione esecutiva del creditore sui beni oggetto di sequestro – ammissibilità.

(Cod. civ., art. 2910; d.leg. 6 settembre 2011, n. 159, Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, art. 30, 45, 55, 56).

[1] Il divieto di azioni esecutive sui beni oggetto di sequestro per misure di prevenzione non trova applicazione nel caso di debiti contratti dall’amministratore giudiziario per l’esercizio dell’impresa.

CASO

[1] Un amministratore giudiziario prosegue l’esercizio dell’impresa oggetto di sequestro per misure di prevenzione, ma non paga i canoni di locazione di un immobile.

Il locatore ottiene un decreto ingiuntivo esecutivo e notifica il titolo unitamente all’atto di precetto.

L’amministratore giudiziario propone opposizione a precetto.

Il Tribunale di Reggio Calabria, con decreto inaudita altera parte del 24 aprile 2015, sospende l’efficacia esecutiva del titolo ai sensi dell’art. 615, primo comma c.p.c.,.

Con successiva ordinanza, depositata il 7 luglio 2015, che si annota, il Tribunale revoca il decreto con cui aveva sospeso l’efficacia esecutiva del titolo, motivando che il creditore può agire esecutivamente sui beni oggetto di sequestro per misure di prevenzione, se si tratta di crediti contratti dall’Amministratore Giudiziario

SOLUZIONE

[1] Il Tribunale di Reggio Calabria, nell’ordinanza in esame, affronta il tema relativo al diritto del creditore di aggredire i beni oggetto di sequestro per misure di prevenzione e distingue due categorie di crediti: i crediti sorti prima del sequestro e quelli sorti nel periodo successivo.

Secondo il Tribunale, il divieto di azioni esecutive sui beni sequestrati, stabilito dall’art. 55 del d.leg. 6 settembre 2011, n. 159, Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, trova applicazione soltanto per i crediti anteriori all’adozione della misura di prevenzione.

Per questi ultimi, infatti, vi è la necessità di accertare la buona fede dei creditori nelle forme stabilite dagli artt. 58 ss. dello stesso Codice.

Per quanto riguarda le obbligazioni contratte dall’amministratore giudiziario, il Tribunale osserva che il creditore non deve chiedere la verifica dei propri crediti e che, ai sensi dell’art. 54 del Codice delle leggi antimafia, l’amministratore giudiziario deve pagare i crediti prededucibili mediante prelievo sulle somme disponibili.

Il Tribunale esclude che l’amministratore giudiziario possa procrastinare ad libitum l’adempimento delle obbligazioni da lui contratte e, laddove l’attivo sia insufficiente per proseguire l’attività, l’amministratore deve attivarsi per mettere in liquidazione l’impresa.

Nella motivazione del provvedimento in esame, vengono pure in rilievo le esigenze di tutele dei complessi produttivi e dei livelli occupazionali.

In particolare, il divieto di azioni esecutive per la soddisfazione dei crediti contratti dall’amministratore giudiziario, lascerebbe i creditori nella assoluta incertezza sulla possibilità di soddisfare i propri crediti.

Pertanto i fornitori ed i lavoratori sarebbero indotti ad interrompere ogni rapporto con la azienda, che sarebbe destinata a chiudere.

In forza di tutte queste considerazioni, il Tribunale di Reggio Calabria privilegia la tutela del creditore, il cui credito sia sorto dopo l’esecuzione del sequestro, riconoscendo il diritto di procedere esecutivamente sui beni oggetto della misura di prevenzione.

QUESTIONI

[1] Il tema della tutela dei creditori nel procedimento per misure di prevenzione forma oggetto di un acceso dibattito.

Il Codice delle leggi antimafia ha introdotto un procedimento di verifica dei crediti e, nel contempo, ha sancito espressamente il divieto di azioni esecutive sui beni sequestrati.

Ha pure stabilito che la confisca comporta la acquisizione dei beni al patrimonio dello Stato “liberi da oneri e pesi” (cfr. art. 45, d.leg. n. 159 del 2011; sull’argomento v. Trisorio Liuzzi, Misure di prevenzione patrimoniali e tutela dei terzi in buona fede, in Giusto proc. civ., 2014 pag. 13 ss.; nonchè Ziino, La tutela dei creditori nel caso di confisca quale misura di prevenzione: le novità introdotte dalla Legge di stabilità 2013, in Riv. es. forzata, 2013, 251 ss. ed ivi richiami).

Il Codice delle leggi antimafia tuttavia lascia il creditore privo di una tutela effettiva, in quanto non regola né le modalità, né i tempi per il pagamento dei creditori, i quali, anche se ammessi nello stato passivo, si ritrovano ad attendere, spesso sine die, le determinazioni dell’amministratore giudiziario ovvero le determinazioni dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

Il Tribunale di Reggio Calabria, nel provvedimento in esame, ha colto in modo lucido e puntuale questa grave lacuna ed ha interpretato le norme vigenti nel rispetto dei principi costituzionali.

In particolare, in mancanza di una disposizione chiara ed esplicita che vieti le azioni esecutive anche nel caso di crediti che sono sorti dopo il sequestro per obbligazioni contratte dall’amministratore giudiziario, lo Stato, che opera attraverso l’amministratore giudiziario, ha il dovere di adempiere le proprie obbligazioni e, in caso di inadempimento, il creditore deve avere il diritto di avvalersi della tutela esecutiva.

L’ordinanza appare conforme alla giurisprudenza coeva della Corte Costituzionale, secondo la quale occorre garantire, almeno ad alcune categorie di creditori, l’accesso alla tutela giurisdizionale anche nel caso in cui il debitore viene assoggettato a misure di prevenzione patrimoniali (v. Corte Cost. 28 maggio 2015, n. 94, in EClegal 26 aprile 2016, che ha aperto anche ai lavoratori subordinati la possibilità di presentare istanza per il riconoscimento dei propri crediti nei procedimenti per misure di prevenzione iniziati prima della entrata in vigore del Codice delle leggi antimafia).

La decisione va condivisa anche perché afferma principi fondamentali dello Stato di diritto: lo Stato non può contrarre obbligazioni e poi sottrarsi all’adempimento.

Pure le considerazioni sulle conseguenze dell’inadempimento delle obbligazioni contratte dagli amministratori giudiziari colgono nel segno.

Troppo spesso, infatti, gli amministratori giudiziari “scelgono”, in modo arbitrario o comunque poco trasparente, quali crediti soddisfare in prededuzione.

Pertanto i fornitori sono sempre più riluttanti ad intrattenere rapporti con le imprese sottoposte a misure di prevenzione; pure gli istituti di credito si ritrovano di fronte ad amministratori giudiziari, che dapprima utilizzano gli affidamenti loro concessi e in un secondo momento rifiutano di rimborsare le somme ricevute.

Questi comportamenti vengono legittimati dalla giurisprudenza, che, purtroppo, è allineata su posizioni ben diverse da quelle espresse dal Tribunale di Reggio Calabria nel provvedimento in esame.

Ed infatti la giurisprudenza è solita ritenere che il divieto di azioni esecutive riguardi tutti i crediti, anche quelli contratti dall’amministratore giudiziario (per tutte, Trib. Palermo, 6 aprile 2016, inedita).

Secondo un indirizzo sostanzialmente unanime, i titolari di crediti che vanno pagati in prededuzione sono esonerati dall’obbligo di presentare domanda per la verifica dei crediti soltanto se si tratta di crediti riconosciuti dall’amministratore giudiziario; essi, in ogni caso, non possono agire esecutivamente sui beni oggetto di sequestro. Al pari di quanto accade nelle procedure fallimentari, il creditore in prededuzione, in mancanza di un pagamento spontaneo, deve attendere il riparto (con la differenza, tuttavia, che nei procedimenti per misure di prevenzione non risulta che si sia mai proceduto ad un riparto, né sono previsti tempi per il riparto).

L’indirizzo dominante della giurisprudenza fa leva pure su esigenze di politica criminale e sulla natura della confisca: se i beni sequestrati sono oggetto acquisiti dallo Stato a titolo originario, gli stessi beni non possono essere soggetto di vendita forzata (e appare evidente che, in una simile incertezza normativa, la prosecuzione delle azioni esecutive comporterebbe gravissimi rischi per gli eventuali aggiudicatari: sul tema v. Farina, Sulla tutela dei creditori ipotecari e dell’aggiudicatario nell’espropriazione dei beni confiscati, in Dir. Fall., 2008, II, 493).

In questo stato di cose sembra difficile che la giurisprudenza muti il proprio orientamento senza un intervento della Corte Costituzionale, che riconosca ai creditori in prededuzione la facoltà di agire esecutivamente.

Tuttavia sino ad oggi la giurisprudenza costituzionale è stata sempre troppo prudente e, con la sola eccezione costituita dalla sentenza 28 maggio 2015, n. 94 (che riguardava fattispecie ben circoscritta) ha sempre eluso la delicata materia dei rapporti tra tutela dei creditori e procedimento per misure di prevenzione, dichiarando inammissibili le relative questioni di legittimità costituzionale, in quanto materia che comporta scelte discrezionali, esclusive del legislatore (v. Corte Cost. maggio 1994, n. 190, in Dir. fall., 1994, II, 689, con nota critica di Ragusa Maggiore, Confisca penale di beni dai mafiosi e tutela dei terzi; Corte Cost. 24 febbraio 2015, n. 101).