29 Agosto 2017

E’ nulla la sentenza depositata prima della scadenza del termine per il deposito delle comparse e delle memorie conclusionali ex articolo 190 c.p.c.

di Etienne Fabio Invernizzi Scarica in PDF

Cass., Sez. I, 7 luglio 2017, n. 16865 – Pres. Di Palma – Est. Valitutti

Decisione della causa – Sentenza pronunciata prima della scadenza dei termini ex art. 190 c.p.c – Nullità (Cost., art. 24; Cod. proc. civ., artt. 101, 190, 352, 360 n. 4).

[1] La pronuncia della sentenza prima della scadenza dei termini di cui all’articolo 190 c.p.c. deve ritenersi in ogni caso causa di nullità della sentenza stessa per violazione del diritto di difesa costituzionalmente garantito ex art. 24 Cost.

CASO

[1] Nell’ambito di una controversia relativa all’installazione di un’antenna televisiva da parte di un condomino sulla proprietà esclusiva di un altro condomino, viene affermato in entrambi i gradi di  giudizio che tale iniziativa – riconosciuta dagli artt. 1 e 3 l. 6 maggio 1940, n. 544 e  231 d.p.r. 29 marzo 1973, n. 156 – è subordinata alla circostanza per cui l’antenna non può essere collocata né in uno spazio condominiale, né proprio, incombendo il relativo onere probatorio sul soggetto che intende effettuare l’installazione stessa.

Parte soccombente – stante il non riconoscimento del diritto all’installazione – proponeva ricorso per cassazione, deducendo, tra l’altro, la violazione dell’articolo 190 c.p.c., in quanto la sentenza era stata depositata prima della scadenza del termine per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica; in particolare, la ricorrente sosteneva la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione, pur chiarendo che la questione non rileva ai fini della soluzione del caso concreto (in quanto la ricorrente aveva omesso di allegare di non essere stata in grado di depositare le conclusionali e le repliche, le quali, anzi, risultavano essere state regolarmente depositate dalla stessa prima della decisione della causa in camera di consiglio), ritiene di dover comunque aderire all’orientamento in virtù del quale la sentenza pronunciata prima dello spirare del termine ex art. 190 c.p.c. è da considerare nulla per violazione del diritto di difesa. In particolare, il Supremo Collegio afferma che la sentenza così pronunciata non è idonea al raggiungimento del suo scopo, ovvero quello di emettere una decisione (anche) sulla base dell’illustrazione definitiva delle difese che le parti possono svolgere proprio attraverso gli atti in questione; la Corte aderisce dunque all’orientamento maggioritario in giurisprudenza (Cass. 2 dicembre 2016, n. 24636; Cass. 8 ottobre 2015, n. 20180; Cass. 24 marzo 2010, n. 7072; Cass., 3 giugno 2008, n. 14657), il quale fa leva sul principio del contraddittorio e sul diritto delle parti a svolgere le proprie attività difensive in modo completo in relazione alle diverse fasi processuali individuate dal codice di rito, affermando così la pari dignità processuale degli atti introduttivi e di quelli finali del giudizio. Per questo motivo, si deve ritenere che l’articolo 190 c.p.c. descriva una delle necessarie fasi processuali che devono precedere la decisione della causa, la cui mancanza determina la nullità del procedimento (art. 156, comma II, c.p.c.) e, conseguentemente, della sentenza (art. 159, comma I, c.p.c.) per violazione del diritto di difesa.

Secondo questa ricostruzione, inoltre, la violazione dei termini ex art. 190 c.p.c. determina automaticamente la lesione del diritto di difesa, senza necessità per la parte di dover dimostrare di aver subito una concreta lesione del diritto stesso; questo perché dalla fissazione di termini perentori – quali quelli ex art. 190 c.p.c. – discende una valutazione legale tipica, in virtù della quale la violazione degli stessi determina una compressione in re ipsa delle facoltà difensive delle parti, che non deve essere né allegata, né provata dalla parte che la eccepisce, essendo la stessa già operata in astratto ed ex ante dal legislatore.

QUESTIONI

[1] Con la sentenza in commento, la Corte sconfessa una recente pronuncia della sua terza sezione (Cass. 9 aprile 2015, n. 7086) che aderiva all’orientamento minoritario (espresso ad es. da Cass. 23 febbraio 2006, n. 4020), in virtù del quale, in accoglimento del principio di lesività in concreto delle nullità, la sola violazione delle norme processuali non determina automaticamente la lesione del diritto di difesa, essendo necessaria la prova che l’atto non depositato e, dunque non esaminato dal giudice, fosse potenzialmente e ragionevolmente idoneo a far pronunciare una decisione diversa da quella concretamente assunta dall’Autorità giudicante. In particolare, a sostegno di questa ricostruzione viene richiamata la sentenza delle Sezioni Unite (17 febbraio 2009, n. 3758), la quale afferma che la lesione delle norme processuali richiede pur sempre la dimostrazione circa l’esistenza di un effettivo pregiudizio per la parte.

Poiché l’adesione all’uno od all’altro degli orientamenti sopra esposti comporta conseguenze processuali molto diverse, è certamente auspicabile un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite.

Per approfondimenti: Asprella, Osservazioni su un caso di decisione di primo grado prima della scadenza del termine per le conclusionali, sanatoria in appello e Cassazione con rinvio, in Giust. civ., 2002, I, 461; Gradi, Vizi in procedendo e ingiustizia della decisione, in Studi in onore di Carmine Punzi, III, Torino, 2008, 63; Argenziano, nota a Cass. 8 ottobre 2015, in Foro it., 2016, I, 2208;  Mandrioli, Diritto processuale civile, Torino, 2009, II, 149.