19 Settembre 2017

Il mantenimento del figlio maggiorenne: il principio di autosufficienza economica

di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDF

L’obbligo di mantenimento nei confronti dei figli non viene meno per il solo fatto del compimento della maggiore età.

L’art. 337 septies c.c. prevede espressamente che il giudice possa, previa valutazione delle circostanze, disporre in favore dei figli maggiorenni non ancora economicamente indipendenti, il pagamento di un assegno periodico.

È chiaro che l’obbligo di mantenimento non può essere illimitato per il genitore, quindi si tratta di capire fino a che punto dovrà protrarsi.

È pacifico che il figlio maggiorenne che prosegua i propri studi debba essere mantenuto fino alla fine degli studi e fino a che non acquisisca una professionalità tale da essere pronto a inserirsi nel mondo del lavoro stabilmente, almeno tendenzialmente.

Se la mancata autosufficienza sia imputabile a colpa o inerzia del figlio o comunque l’insufficienza del reddito sia causata da meri fattori esterni o congiunture economiche sfavorevoli, si deve considerare cessato il dovere di contribuire al mantenimento (Cass. Civ. 6 dicembre 2013, n. 27377).

La Corte di Cassazione ha più volte affermato il principio.

Può essere dichiarato terminato l’obbligo per il padre di versare il mantenimento al figlio (nella specie trentasettenne) che dopo gli studi rifiuta lavori perché ritenuti non consoni alle sue aspirazioni e al suo titolo di studio (Cass. Civ. ordinanza n. 7970/2013).

Il conseguimento di una borsa di studio correlata a un dottorato di ricerca, non è stato ritenuto equivalente al raggiungimento dell’indipendenza economica, sia per la sua temporaneità sia per l’entità dell’entrata (Cass. Civ. 15 febbraio 2012 n. 2171).

Facendo il punto sulle decisioni in materia, secondo la Corte di Cassazione – sentenza n. 12952 del 22 giugno 2016 – la cessazione dell’obbligo di mantenimento per i figli maggiorenni non autosufficienti deve essere fondata su un accertamento di fatto che si fonda su quattro punti:

  • l’età;
  • l’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica;
  • l’impegno diretto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa;
  • la complessiva condotta personale tenuta dal figlio dal momento del raggiungimento della maggiore età.

Il giudice di merito deve valutare con insindacabile apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il perdurare dell’obbligo di mantenimento, poiché tale obbligo non può prolungarsi oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura.

Il diritto del figlio si giustifica se esiste l’obiettivo di realizzare di un progetto educativo e un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e aspirazioni, purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori (Corte di Cassazione – ordinanza n. 10207  26 aprile 2017).

Si è parlato molto di “autosufficienza o indipendenza economica” anche nella rivoluzionaria sentenza della Cassazione che ha ancorato il diritto al mantenimento del coniuge nel divorzio al presupposto della non autosufficienza economica del coniuge più debole, ritenendo non più attuale, nell’ambito dei mutamenti economico-sociali, il riferimento alla continuazione del tenore di vita goduto durante il matrimonio.

La Corte, ha richiamato tale parametro applicabile per il mantenimento del figlio maggiorenne nell’art. 337 septies c.c., utilizzabile per analogia legis, anche per il mantenimento del coniuge.

Nel suo aspetto in cui il mantenimento è collegato alla capacità lavorativa, la giurisprudenza di legittimità ha, infatti, escluso che se il figlio abbia svolto un’attività lavorativa dimostrando il raggiungimento di un’adeguata capacità e determinando la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento, possa chiedere nuovamente il mantenimento ai genitori.

La circostanza sopravvenuta della cessazione del rapporto lavorativo, anche per le congiunture del mercato, non può far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti siano già venuti meno (Cass. Civ. 16/05/2017 n° 12063).

La ratio dell’art. 337 septies c.c. sarebbe ispirata al principio dell’autoresponsabilità economica, legato alla libertà delle scelte esistenziali della persona.

Il Tribunale di Milano ha individuato anche un limite generale di età al di la del quale non no può nemmeno più parlare di mantenimento del figlio ma di ausilio ad una persona adulta.

“L’obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione e non può protrarsi oltre la soglia dei 34 anni, età a partire dalla quale lo stato di non occupazione del figlio maggiorenne non – può – più essere considerato quale elemento ai fini del mantenimento, dovendosi ritenere che, da quel momento in poi, il figlio stesso possa, semmai, avanzare le pretese riconosciute all’adulto (Trib. Milano ord. 29 marzo 2016).