13 Giugno 2017

L’obbligo di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE prevale sul giudicato interno. Sezione semplice “batte” Plenum

di Alessandro Benvegnù Scarica in PDF

Cons. di Stato, Sez. VI, ord., 17 gennaio 2017, n. 168 – Presidente Sergio Santoro –Estensore Bernhard Lageder

Rinvio Pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE – Sanzioni Amministrative – Autorità amministrative indipendenti – Sanzioni pecuniarie per violazione di norme sulla concorrenza – Individuazione dell’autorità competente – Possibile contrasto tra norma interna e diritto Comunitario – Questione pregiuziale comunitaria – Domanda di parte -Giudice di ultima istanza – Sezione semplice del Consiglio di Stato – Contrasto con la decisione dell’Adunanza Plenaria – Obbligo di rimessione alla Corte di Giustizia Europea – Sussistenza (Art. 267 Trattato Funzionamento Unione Europea; Artt. 3 comma 4, 8,9, Dir. 2005/29/CE; artt. 24, 25, 26 lett. f) e 27-bis, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 2909 c.c. e 99 c.p.amm.)

Rinvio Pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE – Possibile contrasto tra norma interna e diritto Comunitario – Questione Pregiudiziale comunitaria -Mancato rilievo della questione nei gradi precedenti – Giudice di ultima istanza – Enunciazione di un prinicipio di diritto – Rimessione a una sezione semplice per la decisione nel merito – Giudicato interno – Irrilevanza – Obbligo di rimessione alla Corte di Giustizia Europea – Sussistenza (Art. 267 Trattato Funzionamento Unione Europea; Artt. 3 comma 4, 8,9, Dir. 2005/29/CE; artt. 24, 25, 26 lett. f) e 27-bis, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 2909 c.c. e artt. 33, comma 1, lettera a), e 36, comma 2 99 c.p.amm.)

[1] La sezione semplice di un’autorità giudiziaria di ultima istanza è legittimata a sollevare la questione pregiudiziale comunitaria ai sensi dell’art. 267 TFUE, anche quando il dubbio contrasta con la decisione già resa dall’organo plenario della stessa autorità giudiziaria.

[2] Anche in caso di giudicato interno formatosi su questione di diritto decisa dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, il possibile contrasto della decisione con il diritto comunitario impone alla Sezione Semplice cui la causa è stata rinviata di rimettere la questione alla Corte di Giustizia Europea ai sensi dell’art. 267 TFUE.

 CASO

[1-2] Una compagnia telefonica impugnava la sanzione pecuniaria irrogatale con provvedimento n. 23357 del 6 marzo 2012 dall’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato (AGCM) per violazione delle norme sulla concorrenza avanti il TAR Lazio; il Giudice adito accoglieva l’impugnazione reputando la materia questione di competenza di un’altra autorità amministrativa indipendente, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCom).

La sentenza del TAR, n. 1742 del 18 febbraio 2013, veniva appellata da AGCM avanti il Consiglio di Stato che rimetteva la questione all’Adunanza Plenaria in forza dell’intervenuta modifica legislativa dell’art. art. 27-bis, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, ad opera del decreto legislativo 21 febbraio 2014, n. 21 secondo cui “la competenza ad intervenire nei confronti delle condotte dei professionisti che integrano una pratica commerciale scorretta, fermo restando il rispetto della regolazione vigente, spetta, in via esclusiva, all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (i.e. AGCM), che la esercita in base ai poteri di cui al presente articolo, acquisito il parere dell’Autorità di regolazione competente(nel caso di specie AGCom). Resta ferma la competenza delle Autorità di regolazione ad esercitare i propri poteri nelle ipotesi di violazione della regolazione che non integrino gli estremi di una pratica commerciale scorretta.

L’Adunanza Plenaria, sentenza n. 3 del 9 febbraio 2016, ribaltava il giudizio del TAR Lazio, sancendo la competenza dell’AGCM a levare la sanzione e la piena applicabilità dell’ art. 27-bis, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 anche alla contestazione del 2012 dell’AGCM e rimetteva la questione a una sezione semplice per la decisione nel merito. Nella fase successiva del processo la compagnia telefonica sollecitava il rinvio ex art. 267 TFUE sul possibile contrasto tra la normativa comunitaria (art. 3, comma 4, Dir. 2005/29/CE), e quella interna (art. 27-bis, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206), sia in relazione al riparto dei poteri tra le due Autorità Amministrative che ad altri profili.

SOLUZIONE

[1-2] Ai sensi dell’Art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea:  La Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale: a) sull’interpretazione dei trattati; b) sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione. Quando una questione del genere è sollevata dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno degli Stati membri, tale organo giurisdizionale può, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione. Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale organo giurisdizionale è tenuto a rivolgersi alla Corte.

Il Consiglio di Stato, sezione semplice, organo di ultimo grado nell’impugnazione di sanzioni amministrative emesse dall’AGCM, a seguito di rimessione dell’Adunanza Plenaria ai sensi dell’art. 99 c. proc. amm., su sollecitazione di Telecom, parte del giudizio, rileva quindi un contrasto tra il diritto vivente nazionale e il diritto europeo e solleva la questione ai sensi della citata norma per interpellare la Corte di Giustizia Europea sull’interpretazione della Direttiva CEE 2005/29 in relazione all’art 3, comma 4, in relazione all’art. 27 bis Codice del Consumo italiano.

Contestualmente, la sezione semplice si pone il problema della propria legittimazione a sollevare la questione pregiudiziale comunitaria come sezione semplice di un Giudice di ultima istanza; ma soprattutto si interroga sull’ammissibilità del rinvio alla CGUE in presenza di un giudicato interno ormai formatosi, ai sensi degli artt. 33, comma 1, lettera a), e 36, comma 2, Cod. proc. amm., con riguardo alla questione di individuazione del diritto nazionale applicabile ratione temporis alla fattispecie dedotta in giudizio, a seguito della pronuncia dell’Adunanza Plenaria del 9 febbraio 2016. La risposta a entrambe le domande è affermativa.

QUESTIONI

[1-2] Come ribadito in un recente convegno tenutosi in Torino il 25 maggio 2017, Pluralità delle Giurisdizioni, unità dell’interpretazione tra diritto nazionale ed europeo, (atti in corso di pubblicazione sul Nuovo Diritto delle Società online), il diritto comunitario si è ormai affermato come fonte di immediata e diretta di applicazione da parte del Giudice nazionale, già dal primo grado, il quale risulta così tenuto a una costante integrazione tra diversi ordinamenti.

Il Giudice nazionale funge da “filtro” alle domande di rinvio pregiudiziale richieste dalle parti: egli infatti dovrebbe rifiutare il rinvio ex art. 267 TFUE quando la questione non è pertinente, o la disposizione di cui è necessaria l’applicazione in causa ha già costituito oggetto di interpretazione da parte della Corte, ovvero la corretta applicazione del diritto comunitario si impone con tale evidenza da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio (così CGUE, 06 ottobre 1982, n. 283/81Giur. It., 1983, I,1, 1008 nota di Capotorti. Foro It., 1983, IV, 63 nota di Tizzano e Capotorti., citata nella ordinanza in commento e da ultimo CGUE 15 settembre 2005, C-495/03  e CGUE 18 luglio 2013, C-136/12).

Ma, come è emerso dal dibattito avvenuto nel sopracitato convegno, questo “filtro” va governato con cautela; e soprattutto il giudice di ultima istanza è tenuto a motivare esplicitamente il rifiuto del rinvio pregiudiziale sollecitato dalla parte, anche per prevenire come possibile omissione  del giudicante che potrebbe dar luogo luogo anche una possibile responsabilità personale ex l. 117/1988 (cfr. sul punto Conti Si sciolgono i dubbi del Consiglio di Stato sul rinvio pregiudiziale alla Corte UE in Crr. Giur. 2014, 4, 469), oltre a un’eventuale responsabilità per danni a carico dello Stato di appartenenza (così anche il provvedimento emarginato, punto 15.1).

L’applicazione del diritto dell’Unione Europea da parte del Giudice Nazionale deve essere immediata e diretta, quindi un Giudice, che costituisce una sezione semplice di un organo di ultima istanza, non ha l’onere di rimettere la questione  all’Adunanza Plenaria del medesimo organo, ma può direttamente investire del problema interpretativo la CGUE ai sensi della normativa comunitaria:così CGUE, Grande Camera, 5 aprile 2016, causa C-689/13 – Puligienica c. Airgest S.p.a. in Giorn. di Dir. Amm. 5/2016 con commento di Schneider; Virga, “La ridefinizione dei poteri e dei compiti dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, alla luce di alcune recenti pronunce”, pubblicato il 10 aprile 2016, in www.lexitalia.it; Chiti, Il rinvio pregiudiziale e l’intreccio tra diritto processuale nazionale ed Europeo: come custodire i custodi dagli abusi del diritto di difesa?, in Dir.un.eur., 2012, 5, 745)

Quanto al problema dell’acquisizione da parte di una pronuncia interna dell’autorità di cosa giudicata e del suo contrasto con la norma comunitaria, il principio dell’intangibilità era già stato intaccato CGUE, Grande Sezione, 18 luglio 2007, causa C-119/05, (in Lav. Nella Giur., 2007, 12, 1203, con commento di Morrone; Consolo, Il primato del diritto comunitario può spingersi fino a intaccare la “ferrea” forza del giudicato sostanziale? In Corr. Giur., 9, 2007, 1189;

critico anche Raffaelli, L’applicazione del diritto antitrust comunitario tra Giudici Nazionali e commissione, in Riv. Dir. Proc.,2008, 658 e segg.; contra CGUE, sentenza 10 luglio 2014, causa C-213/13 in Riv. Dir. Proc.,2016, 508, nota di Cordopatri la quale precisa che il giudicato interno cede al diritto comunitario per omesso esperimento del rinvio pregiudiziale di cui all’art. 267 TFUE).

Se al Giudice nazionale fosse, per contro, impedito di sollevare d’ufficio e in via diretta la questione pregiudiziale, sarebbe infatti  attenuato l’effetto utile dell’art. 267 TFUE la cui vigenza sarebbe mediata da un ulteriore organo giurisdizionale interno, di grado superiore, per cui la nomofilachia, così intesa, finirebbe con l’essere una barriera procedurale all’applicazione del diritto comunitario.

In questo, il Giudice nazionale, tenuto d’ufficio al rilievo della questione pregiudiziale allorquando è Giudice di ultima istanza, non è nemmeno vincolato dall’iniziativa della parte e dal contenuto del quesito come da questa prospettato, poiché spetta al giudice del rinvio determinare e formulare le questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione del diritto dell’Unione che esso ritiene rilevanti ai fini della soluzione del procedimento principale (CGUE sez. IV, 18 luglio 2013, n. C-136/12 in Corr. Giur., 4, 2014, p. 463 con commento di Conti, Si sciolgono i dubbi del Consiglio di Stato sul rinvio pregiudiziale alla Corte UE ).

Si ricorda, infine, che le sentenze su rinvio pregiudiziale pronunciate ai sensi dell’art. 267 TFUE, di qualsiasi genere esse siano (interpretative e di validità), hanno efficacia retroattiva, nel senso che sono destinate a retroagire alla data di entrata in vigore della norma interpretata o dell’atto dichiarato invalido (CGUE16 gennaio 2014, C-429/12).

Sul rinvio pregiudiziale si possono inoltre consultare le Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale da parte della Corte di Giustizia Europea, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale dell’unione Europea del 25 novembre 2016, numero C 439/1.

Sulla giurisprudenza comunitaria si può anche prendere visione di una rassegna al seguente link http://libreria.eurojus.it/prodotto/giurisprudenza-di-diritto-dellunione-europea-casi-scelti/, pag. 992 e seguenti.