24 Ottobre 2016

L’iscrizione ai corsi sportivi e l’ammissione come associato

di Guido MartinelliMarilisa Rogolino Scarica in PDF

L’imprenditore (categoria all’interno della quale sono riconducibili la gran parte dei gestori dei centri di fitness) che offre un servizio o beni ad una generalità di destinatari nonché l’associazione sportiva che propone corsi, seminari di perfezionamento o di apprendimento teorico-pratico formulano una dichiarazione rivolta ad un numero imprecisato di soggetti e agli associati impersonalmente.

Il tema che ne consegue è quello di valutare se, ricorrendo le ipotesi descritte, residui l’obbligo a contrarre a carico del dichiarante, ossia se saremo costretti, sempre e comunque, a seguito delle nostre campagne pubblicitarie, ad accettare in palestra il soggetto interessato, anche se “non gradito”. Saremo comunque soggetti ad ammettere l’iscritto che non accetti di sottoscrivere una domanda di associazione o di tesseramento?

La pubblicizzazione di servizi effettuata attraverso la diffusione di cataloghi o depliant o annunci attraverso i media radiotelevisivi, diretti ad una cerchia indistinta di soggetti, formula una offerta al pubblico che vale come proposta (articolo 1336 cod. civ.).  L’associazione sportiva che con sistemi mediali intercetta il pubblico reclamizzando corsi o seminari, dettagliandone il programma ed il costo, formula una offerta al pubblico. La  collocazione sistematica dell’articolo relativo all’offerta al pubblico, inserito fra le disposizioni relative alla formazione dell’accordo, e la lettera della norma  rendono indubbio che l’offerta in parola, quando contiene tutte le condizioni del contratto, è una proposta di contratto o un elemento di un possibile contratto; la proposta ha una efficacia preparatoria (impegna l’offerente a contrattare nei termini ed alle condizioni proposte) ossia vincola l’offerente alla propria dichiarazione di volersi impegnare contrattualmente; il dichiarante è vincolato dalla promessa non appena essa è resa pubblica. L’offerente può revocare la proposta fino a quando non ha avuto conoscenza dell’accettazione (ossia fino all’iscrizione alla palestra); la revoca se è fatta nella stessa forma dell’offerta o in forma equipollente è efficace anche nei confronti di chi non ne ha avuto notizia; l’offerta al pubblico può dar luogo ad un contratto perfetto se è aderita da alcuno dei destinatari.

Ciò che desta maggiore interesse per gli operatori è stabilire se l’offerta al pubblico è fonte dell’obbligazione a contrarre indipendentemente dalla volontà dell’offerente di rifiutare o di scegliere con chi contrattare. Pertanto, il centro di fitness avrà titolo, ad esempio, a rifiutare il rinnovo dell’abbonamento ad un soggetto che, per il comportamento adottato, non sia “gradito” all’interno del centro? È indubbio che l’offerta al pubblico presuppone la volontà di impegnarsi contrattualmente e che essendo diretta ad una generalità indistinta di soggetti, ha efficacia “generalizzata” nei confronti di chiunque ne venga a conoscenza ed anche di coloro che potrebbero essere considerati contraenti “non graditi”.  Alcuna possibilità di scelta è rimessa al proponente allorché riscontri l’adesione alla proposta: è obbligato a concludere il contratto a meno che non si deduca l’indisponibilità della merce o del servizio offerto.

La soluzione di obbligatorietà è, nella pratica, percepita come un limite alla libertà di scelta della controparte contrattuale di rifiutare di contrattare con l’accettante. Invero non esiste un obbligo generalizzato di contrattare tale da infirmare l’autonomia  negoziale, ma  si impone in casi determinati la cui verificazione pratica è proprio rimessa  alla libera scelta  di una parte  che, come nel caso, ricorre all’offerta rivolta in incertam personam exarticolo 1336 cod. civ., per evidenti convenienze “aziendali”: allargare la base della clientela raggiungendo con la pubblicizzazione della merce o dei servizi offerti il maggior numero di soggetti e così  aumentare la possibilità di concludere  contratti. La determinazione dell’obbligo non incide il consenso di una parte ma lo presupponeintegro ritenendosi esso validamente prestato al momento della formulazione della proposta diretta ad una collettività indeterminata.

Logiche economiche di mercato, l’obiettivo del profitto o del maggior profitto nelle società lucrative e l’esigenza “istituzionale” di fornire servizi ed opportunità di aggregazione sociale coinvolgendo il maggior numero di aderenti nelle associazioni, costituiscono normalmente i motivi fondanti la scelta di effettuare una offerta diretta ad una collettività indistinta o ad una cerchia di destinatari individuabili sulla base della appartenenza alla associazione o all’impresa. Anche in tale ultima ipotesi trova applicazione la disciplina dell’offerta al pubblico nonostante il destinatario sia determinato o determinabile.  Ma in tal caso ci si chiede se può l’associazione offerente rifiutare di contrarre assumendo il non gradimento dell’associato e l’incompatibilità delle sue qualità con lo scopo sociale.

Pertanto, pubblicizzata la nostra attività in modo completo (tipologia, costo, modalità di esecuzione), il gestore del centro difficilmente potrà rifiutarsi di iscrivere un soggetto non gradito, analogamente in caso di rinnovo. Parimenti si potrà “espellere” dal centro un soggetto regolarmente ammesso solo se sussistono gli estremi per la risoluzione del contratto, ad esempio per non aver rispettato il regolamento del centro debitamente sottoscritto o, per le associazioni, lo statuto. Al di fuori di queste ipotesi ben difficilmente si riuscirà, legittimamente, ad escludere un soggetto che voglia partecipare alle nostre attività per come le stesse sono state pubblicizzate.