26 Settembre 2017

Licenziamento disciplinare

di Evangelista Basile Scarica in PDF

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 14 luglio 2017, n. 17531

Licenziamento disciplinare – badge a radio frequenza – controllo costante del personale – dati a centrale operativa di roma – illegittimità dell’uso

 MASSIMA

Bisogna reintegrare il lavoratore licenziato per l’uso illegittimo del badge a radio frequenza che trasmette i dati alla centrale operativa di Roma; il cartellino non è un mero rilevatore ma uno strumento di controllo a tutti gli effetti che confronta subito i dati di tutto il personale monitorandolo costantemente.

 COMMENTO

La questione di cui è stata investita la Corte di cassazione ha ad oggetto la valutazione della legittimità del controllo datoriale a mezzo del badge a radio frequenza da cui derivi il licenziamento del lavoratore. Il Giudice di Prime Cure, accoglieva il ricorso proposto dal lavoratore e dichiarava l’illegittimità del licenziamento del lavoratore. In secondo grado, la Corte d’appello di confermava la sentenza del primo Giudice. Per la cassazione della sentenza ha proposto quindi ricorso l’azienda adducendo diverse argomentazioni. In particolare, ad avviso della Società, la sentenza impugnata era da considerarsi errata per le seguenti ragioni: (i) violazione e/o falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 4 in quanto la sentenza impugnata aveva erroneamente ritenuto che il meccanismo del badge a radio frequenza – che, secondo la tesi datoriale,  si limita a leggere le informazioni contenute nella tessera dei dipendenti rappresentando pertanto una mera evoluzione del cartellino marcatempo -, costituisse un illegittimo strumento di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. (ii) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., e art. 115 c.p.c., evidenziando che la sentenza impugnata aveva posto a base della sua decisione circostanze – quali l’idoneità del sistema badge –  di cui non era stata fornita alcuna prova da parte del lavoratore e negate dalla società. Detti motivi non sono stati ritenuti fondati dalla Suprema Corte che ha, in primo luogo, osservato come la Corte di Appello avesse correttamente rilevato che, sebbene non sia in dubbio che il controllo degli orari di ingresso e di uscita dei lavoratori non abbia nulla a che vedere con il controllo a distanza dell’attività di costoro, essendo piuttosto diretto a verificare la circostanza fondamentale della loro presenza o assenza dall’ufficio o luogo di lavoro, deve considerarsi che la sentenza impugnata ha fondatamente accertato la presenza di ulteriori elementi di fatto, che hanno correttamente indotto la corte di merito all’accoglimento della domanda del lavoratore, in piena applicazione dei precedenti espressi proprio dalla Corte Suprema. La Corte di Cassazione, come anticipato confermava la sentenza della Corte di Appello. Ad avviso del Giudice di legittimità, infatti, i primi due motivi  – congiuntamente esaminati – sono infondati perché la Corte territoriale ha fatto esatta applicazione della norma denunciata (L. n. 300 del 1970, art. 4), avendo ritenuto, con accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità, in quanto congruamente e logicamente argomentato e tanto più nel vigore dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nuovo n. 5, che il badge in uso presso la Società, consistente in un chip RFID contenuto nel badge e in un lettore badge collegato all’ufficio del personale, consentisse la trasmissione, mediante sistema on line, alla centrale operativa di tutti i dati acquisiti tramite la lettura magnetica del badge del singolo lavoratore, riguardanti non solo l’orario di ingresso e di uscita, ma anche le sospensioni, i permessi, le pause, così realizzando in concreto, un illegittimo controllo costante e a distanza circa l’osservanza da parte degli dei dipendenti dell’obbligo di diligenza, sotto il profilo del rispetto dell’orario di lavoro”, rientrante nella fattispecie prevista dalla L. n. 300 del 1970, art. 4, comma 2. Ciò posto, a parere della Cassazione, quanto affermato dalla Corte d’Appello di Napoli è esente da qualsivoglia vizio formale e sostanziale avendo correttamente statuito che il badge utilizzato dalla Società si trattasse di strumento di controllo a distanza e non di mero rilevatore di presenza, tenuto anche conto che il sistema in oggetto ha consentito di comparare i dati di tutti i dipendenti, realizzando così un controllo continuo, permanente e globale. Pertanto, la Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso datoriale e confermato la sentenza di secondo grado.

Articolo tratto dalla Rivista Euroconference “IL GIURISTA DEL LAVORO”