2 Aprile 2019

Le spese per la conservazione della cosa comune. La valutazione dell’indifferibilità-urgenza ex art. 1134 c.c. e la sua applicazione anche nel condominio c.d. “minimo”

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Corte di Cassazione – Seconda sez. civile – Sentenza n.17393/2017

Condominio – comunione – condominio minimo – delibera assembleare – indifferibilità-urgenza – art. 1134 c.c. – spese condominiali in assenza di delibera assembleare.

“La Corte territoriale ha evidenziato che il fabbricato necessitava di opere di conservazione e miglioramento … secondo un’interpretazione condivisibile della nozione di indifferibilità-urgenza connessa anche alla oggettiva convenienza economica di effettuare tutti i lavori necessari nell’unico contesto temporale, nella prospettiva dell’analisi economica del diritto.”

“… l’art. 1134 cod. civ. trova applicazione anche nel cosiddetto condominio minimo, e che pertanto il rimborso delle spese sostenute dal partecipante per la conservazione della cosa comune, in assenza di autorizzazione assembleare, presuppone l’urgenza …”

Inquadramento generale

Nella nota in commento, la questione trattata dalla Suprema Corte si occupa di lavori condominiali fatti in assenza di delibera assembleare, in condominio minimo “tenuto conto delle dimensioni del condominio”, ma che stando ai fatti narrati dalle parti, sarebbero da ricondurre alla disciplina dei lavori urgenti e, pertanto, non assoggettabili necessariamente a decisione assembleare, se eseguiti su iniziativa del singolo.

Le norme di riferimento risultano essere gli articoli 1110 c.c. e 1334 c.c., dettati rispettivamente in materia di comunione e di condominio e che qui si trascrivono per comodità di lettura:

– Articolo 1110 c.c.: “Il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell’amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso”.

Articolo 1134 c.c.: “Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente”.

La differenza tra le due norme appare immediata, in quanto in materia di comunione non si fa riferimento al criterio dell’urgenza, presente invece quale contenuto indefettibile per l’applicazione dell’articolo 1134 c.c., quest’ultima  norma, presentandosi quale eccezione alla regola delle spese in materia di comunione.

La valutazione dell’urgenza ex art. 1134 c.c. e la sua applicazione al c.d. condominio minimo

Dottrina e giurisprudenza affermano che la ratio della norma trova fondamento nell’intento del legislatore di impedire indebite intromissioni del singolo condomino nelle sfere di competenza dell’assemblea o dell’amministratore, salvo ovviamente si tratti di spesa urgente, così costituendo un “argine” ad eventuali arbitrarie “invasioni di campo”.

Il singolo condomino, il quale ritenga che occorra effettuare una spesa per interventi (opere o lavori) ritenuti necessari per la conservazione o il godimento di beni comuni, siano essi di manutenzione ordinaria o straordinaria, non può provvedervi direttamente, infatti   è tenuto:

  1. ad interpellare l’amministratore chiedendo formalmente a quest’ultimo di provvedere;
  2. nel caso in cui l’amministratore non ottemperi alla richiesta o non informi l’assemblea con regolare sua convocazione, il condomino potrà procedere a convocare direttamente l’organo assembleare.

Inoltre, quest’ultimo è legittimato ad agire giudizialmente nel caso in cui l’assemblea rifiuti di deliberare sulla questione e conseguentemente di disporre gli interventi necessari attraverso l’impugnazione della delibera di rifiuto dell’esecuzione dell’opera e chiedendo al contempo la condanna del condominio all’esecuzione delle opere stesse.

Ove il condomino esegua ugualmente i lavori ed essi risultino non urgenti non avrà diritto al rimborso, atteso che l’applicazione dell’articolo 1134 cc..  costituisce una deroga alla disciplina generale dettata in riferimento al regime della comunione; infatti, ai sensi dell’art. 1110 c.c., negandosi qualsivoglia valutazione o accertamento del carattere di urgenza della spesa effettuata, il partecipante alla comunione ha diritto al rimborso se ha sostenuto spese in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell’amministratore, a prescindere dall’urgenza.

IL perimetro applicativo dell’articolo 1134 c.c. è circoscritto alle spese relative alla riparazione ed alla conservazione di beni comuni. Tuttavia, non sono mancate alcune decisioni le quali ne hanno affermato l’operatività anche in relazione ai beni in proprietà esclusiva a condizione che quest’ultimi presentino una funzione di comune utilità anche al resto del condominio, come nel caso del  lastrico in uso esclusivo del condomino.

Quanto alla natura del  credito vantato dal condomino a titolo di rimborso, se di valore o valuta,  si è precisato che trattasi di credito di valuta,  pertanto dal principio nominalistico; tale credito, conseguentemente, non è automaticamente rivalutabile, ma può dar luogo, nel caso di mora, solo ad una pretesa risarcitoria che, ai sensi dell’art. 1224 c.c., si esaurisce nella misura degli interessi legali sulla somma dovuta, fatta salva la prova del maggior danno.

Il caso del condominio minimo

Nella giurisprudenza di legittimità si è rilevato un contrasto avente ad oggetto il corretto regime giuridico applicabile al rimborso delle spese per la conservazione delle cose comuni nel caso di c.d. “condominio minimo”,  cioè in quella peculiare forma di collettività condominiale che risulta composta da due soli partecipanti, ossia  se in tale ipotesi debba applicarsi l’art. 1110 c.c. ovvero il 1134 c.c., tenuto conto che nel primo caso il rimborso è subordinato alla mera trascuranza degli altri condomini, nel caso del 1134 c.c. invece il diritto al rimborso soltanto per le spese urgenti.

Nel contrasto di svariati precedenti giurisprudenziali di merito e legittimità susseguitisi nel tempo, la prospettata questione è stata risolta dall’intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte, chiamate a dirimere il contrasto insorto tra i due opposti orientamenti, l’uno incline a privilegiare il regime del condominio (art. 1134c.c.), l’altro a considerare applicabile la disciplina della comunione (art. 1110 c.c.), attraverso il riconoscimento anche al condominio minimo dell’applicazione dell’articolo 1134 c.c.

La  Suprema Corte ha precisato che in sede di rimborso delle spese sostenute dal compartecipe a fini di conservazione della cosa comune, rispettivamente, nella comunione e nel condominio, la diversa disciplina dettata dagli artt. 1110 e 1134 c.c. – che condizionano, rispettivamente, il relativo diritto, nell’un caso, alla mera “trascuranza” degli altri comunisti, nell’altro, al più rigoroso presupposto dell'”urgenza” della spesa, trova il suo fondamento nella considerazione che, nella comunione, i beni che ne costituiscono l’oggetto rappresentano l’utilità finale del diritto dei partecipanti – i quali, non volendo addivenire allo scioglimento, possono legittimamente determinarsi a provvedere personalmente alla relativa conservazione -, mentre, nel condominio, siffatti beni si configurano come utilità strumentali al godimento delle proprietà esclusive – sicché la legge regolamenta con maggior rigore la possibilità che il singolo possa interferire nella loro amministrazione. Ne consegue che, a giudizio della Corte, strutturandosi il condominio secondo relazioni di accessorietà tra beni comuni e proprietà individuali, e realizzandosi tale situazione anche nella fattispecie di condominio c.d. “minimo” (di condominio, cioè, composto da due soli compartecipi), la spesa autonomamente sostenuta da uno di essi è rimborsabile solo nel caso in cui rivesta il carattere dell’urgenza, ai sensi dell’art. 1134 c.c.

Il principio sancito dalle Sezioni Unite è stato poi successivamente ribadito e riprese da tutta la susseguente giurisprudenza di legittimità, che senza revirement, ad oggi è ancora in linea con quegli insegnamenti, recentemente ripresi anche da[1]:

“Nel caso di specie, la Suprema Corte, nel riaffermare il principio espresso dalle Sezioni Unite, ha ritenuto incensurabile la sentenza del giudice del merito, la quale aveva ritenuto applicabile la disposizione dell’art. 1134  c.c. pur se il condominio nel caso in esame non risultava formalmente costituito, con nomina dell’amministratore, sul presupposto che la disciplina del condominio negli edifici è comunque destinata ad operare per il semplice fatto che coesistano in un fabbricato parti di proprietà comune e parti di proprietà esclusiva”.

I principi applicabili alla sentenza in commento e la natura dei lavori condotti: “l’oggettiva convenienza”

Nella fattispecie in esame, il giudice di prime cure, pertanto, accoglieva la domanda di rimborso ex art. 1134 c.c. delle spese sostenute per i lavori condominiali, avanzate da alcuni condomini, incidentalmente e per quanto occorrer possa, sempre Il tribunale in accoglimento della riconvenzionale proposta dai convenuti, condannava parte attrice al ripristino delle canne fumarie “soppresse”.

In appello la Corte, richiamando le conclusioni tratte dal CTU in primo grado, confermava l’urgenza dei lavori e la congruità delle spese, ritenendo, quindi, non necessaria la convocazione dell’assemblea di condominio, tenuto conto anche delle dimensioni ridotte dell’ente di gestione.

Nel caso di specie è stata ritenuta assorbita la motivazione data dalla Corte d’Appello riguardo presunte autorizzazioni implicite date dai condomini per il tramite di missive/comunicazioni, mai opposte e dell’oggettiva convenienza economica. Infatti, premettendo che l’art. 1134 c.c. è applicabile anche al c.d. condominio minimo[2], vengono posti i confini della nozione di urgenza della spesa.

Dunque, la valutazione deve essere fatta tenendo presente, non solo l’urgente necessità dell’intervento, ma anche l’oggettiva convenienza economica di effettuare in un unico lasso temporale tutti i lavori, senza poter diminuire il carico di spesa e posticiparlo in attesa di approvazione assembleare, nella prospettiva economica del diritto.

Nel caso in esame, la Corte, valutando le condizioni dello stabile e la tipologia degli interventi, ha ritenuto tali lavori rientranti nella nozione di urgenza, prescindendo dall’esistenza di un pericolo di danno imminente a persone e cose vertendosi in lavori che riguardavano opere di conservazione e miglioramento di intonaci ammalorati e un intervento sul lastrico solare risultante privo di isolamento e di impermeabilizzazione, nonché la messa a norma dell’impianto elettrico.

D’altro canto, applicando i criteri che precedono (oggettiva convenienza economica di effettuare in un unico lasso temporale tutti i lavori), la Corte rilevava la convenienza di eseguire anche i lavori sul tetto, proprio in quanto presente e necessaria l’impalcatura per i lavori sugli intonaci, in ragione di un contenimento ed ottimizzazione dei costi: “secondo un’interpretazione condivisibile della nozione di indifferibilità-urgenza connessa anche alla oggettiva convenienza economica di effettuare tutti i lavori necessari nell’unico contesto temporale, nella prospettiva dell’analisi economica del diritto.”.

Altro elemento fattuale che la Suprema Corte ha valorizzato nel rigetto delle censure e quindi nella conferma della corretta applicazione dell’articolo 1134 c.c., risulta essere “l’adesione implicita della condomina alla decisione di procedere ai lavori…e per finire la mancata opposizione agli interventi effettuati nel suo appartamento”, entrambe circostanze utili a confermare l’assenza di un interesse alla mancata esecuzione delle opere di conservazione e miglioramento eseguite e quindi di una reale ragione di opposizione.

Ancora una volta, la sentenza rimarca le differenze tra le spese necessarie ma la peculiarità e che l’urgenza prescinde dalla pericolosità del danno e soprattutto viene esaltato anche il criterio dell’oggettiva convenienza economica di effettuare in un unico lasso temporale tutti i lavori, quale ulteriore elemento valorizzatore delle dinamiche di spesa.

[1] Cassazione civile, Sezione 2, Sentenza 12.10.2011, n. 21015

[2] Corte di Cassazione, Sezione 2, Civile, Sentenza 14 aprile 2015 n. 7457,

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