6 Giugno 2017

Le Sezioni Unite chiariscono i rapporti fra appello incidentale e riproposizione

di Enrico Picozzi Scarica in PDF

Cass, Sez. Un., 12 maggio 2017, n. 11799 – Pres. Canzio – Est. Frasca

Impugnazioni civili – eccezione di merito rigettata – appello incidentale – necessità – sussistenza (C.p.c. artt. 333, 343, 346)

[1] Qualora un’eccezione di merito sia stata ritenuta infondata, in modo espresso o attraverso un’enunciazione indiretta, la sua devoluzione al giudice d’appello, da parte del convenuto vittorioso nel merito, esige la proposizione dell’appello incidentale.

Impugnazioni civili – eccezione di merito non esaminata – riproposizione – necessità – sussistenza (C.p.c. artt. 333, 343, 346)

[2] Qualora un’eccezione di merito, non sia stata ritenuta infondata, in modo espresso o attraverso un’enunciazione indiretta, la sua devoluzione al giudice d’appello, da parte del convenuto vittorioso nel merito, esige la riproposizione espressa.

 Impugnazioni civili – graduazione delle eccezioni di merito – omesso esame dell’eccezione proposta in via principale – appello incidentale – necessità – sussistenza (C.p.c. artt. 276, 333, 343, 346)

 [3] Qualora il convenuto abbia graduato l’ordine di esame delle sue difese meritali e la sentenza a lui favorevole abbia omesso di esaminare quella proposta in via principale, questi, se intende devolvere al giudice dell’impugnazione la difesa principale pretermessa, deve proporre appello incidentale.

Impugnazioni civili – eccezione di rito non esaminata – appello incidentale – necessità – sussistenza (C.p.c. artt. 333, 343, 346)

[4] Qualora il giudice, pur rigettando nel merito la domanda, ometta di decidere su un’eccezione di rito, il convenuto, se intende devolvere la giudice dell’impugnazione la difesa di rito pretermessa, deve proporre appello incidentale.

 CASO

[1] [2] [3] [4] La vicenda che ha dato luogo, dapprima, all’ordinanza di rimessione della Seconda Sezione (cfr. Cass., Sez. II, 3 marzo 2016, n. 4058) e, poi, all’odierna pronuncia delle Sezioni Unite, può così riassumersi. Per resistere ad un’azione di annullamento di un contratto di compravendita immobiliare, la società acquirente ne eccepiva la prescrizione. Tale eccezione veniva disattesa dal giudice di prime cure, anche se il convenuto risultava poi comunque vittorioso nel merito in forza di altre ragioni. Proposto appello principale da parte dell’attore, la società appellata deduceva nuovamente l’eccezione, per il tramite della sua mera riproposizione ex art. 346 c.p.c., anziché attraverso la formulazione di uno specifico motivo di gravame incidentale nei confronti della decisione contraria. La Corte d’appello, nel confermare la sentenza gravata, dichiarava pure la prescrizione dell’azione di annullamento. Gli alienanti ricorrevano allora per cassazione, censurando, fra le altre cose, che l’eccezione in discorso, in quanto esplicitamente rigettata dal Tribunale, avrebbe dovuto costituire oggetto di appello incidentale e non di mera riproposizione.

SOLUZIONE

La pronuncia delle Sezioni Unite può – per comodità espositiva – suddividersi in tre macro capi.

Nel primo, viene chiarito il significato da attribuire all’espressione rigetto di un’eccezione di merito: più precisamente, la statuizione negativa, in ordine all’esistenza di un fatto impeditivo, modificativo od estintivo, può realizzarsi tanto con affermazioni espresse quanto con affermazioni enunciate in modo indiretto nella motivazione. In entrambi i casi, il convenuto, totalmente vittorioso nel merito, se intende coltivare l’eccezione, dovrà spiegare appello incidentale.

Nel secondo, invece, viene chiarito il significato da attribuire all’espressione eccezione di merito non esaminata: l’omesso esame di un’eccezione sussiste tutte le volte che il giudice non abbia considerato, né direttamente né indirettamente, la difesa del convenuto. Tale comportamento dell’organo giudicante può ritenersi legittimo a condizione che il convenuto sia risultato vittorioso nel merito, da un lato, e dall’altro lato non abbia impresso un ordine di esame alle sue difese meritali. Ove, infatti, il convenuto sia soccombente nel merito, l’omesso esame dell’eccezione integra una violazione della regola di cui all’art. 112 c.p.c.; come pure una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sussiste nel caso in cui la domanda attorea sia stata sì rigettata, ma sulla base dell’eccezione proposta in via subordinata e dunque, in thesi, omettendo l’esame di quella principale. Di conseguenza, nelle ipotesi appena richiamate, l’opzione fra riproposizione e appello incidentale va necessariamente risolta a favore della prima nelle sole situazioni in cui l’omissione di pronuncia sia lecita (eccezioni di merito sollevate in via alternativa dal convento che abbia ad ogni modo conseguito la vittoria nel merito); altresì, nei casi di illegittima pretermissione, il convenuto, che intenda coltivare l’eccezione non esaminata, dovrà spiegare appello incidentale.

Infine, nel terzo macro capo, viene analizzato il regime di devoluzione delle eccezioni di rito non esaminate. Fermo restando che la difesa rituale rigettata dovrà costituire oggetto di impugnazione incidentale, per quella omessa, sulla quale cioè non sia intervenuta né una pronuncia espressa né indiretta, varrà un analogo regime di devoluzione, giacché il silenzio del giudice si risolve in una violazione della regola di cui all’art. 276, comma 2, c.p.c.

QUESTIONI

La sentenza in commento completa idealmente, arricchendole, le conclusioni cui erano già pervenute le medesime Sezioni Unite nell’aprile del 2016 (cfr. parr. 5.6 e ss. di Cass., Sez. Un., 19 aprile 2016, n. 7700, annotata da Consolo, in Corr. giur., 2016, 977 e ss.). Alla base delle distinte soluzioni adottate e sopra sinteticamente ripercorse, vi è un criterio orientatore di sicura attendibilità, che aiuta a comprendere in quali casi trovi applicazione l’istituto dell’appello incidentale ed in quali casi, viceversa, trovi applicazione l’istituto della riproposizione: più specificamente, la negativa presa di posizione del giudice, sia essa espressa o indiretta, nella motivazione della sentenza, in ordine all’inesistenza di un’eccezione, spinge il convenuto – per il resto totalmente vittorioso e che intenda coltivarla – ad avvalersi dell’impugnazione incidentale. In altre parole, la maturata posizione di soccombenza, ovvero di «torto» (l’utilizzo di questo sostantivo, si ha pure in Cass., Sez. Un., 20 ottobre 2016, n. 21260) rispetto alla soluzione della questione, giustifica l’interposizione del gravame incidentale.

Ed è sempre la soccombenza – parametrata su dati meramente formali ed obiettivi (richiesta di parte e pronuncia giudiziale) – a giustificare l’esercizio dell’impugnazione tutte quante le volte il giudice abbia disatteso l’ordine di graduazione delle difese meritali impresso dal convenuto. In questo quadro, dunque, la riproposizione entra in gioco nelle sole ipotesi in cui non vi è la necessità di spiegare una critica nei confronti della sentenza impugnata, ovvero nei casi di legittimo assorbimento, nei quali il convenuto può limitarsi – mancando una decisione sull’eccezione e non sussistendo alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c. – a proporre nuovamente (ri-proporre) la questione non esaminata (id est, non accolta, in quanto assorbita).

La soluzione prescelta dalle Sezioni Unite nella fattispecie sottoposta al suo esame non è peraltro priva di significativi risvolti pratico-applicativi: sul piano della tecnica processuale, infatti, la parte, totalmente vittoriosa nel merito, ma soccombente su questione, sarà chiamata a redigere un atto di gravame conforme ai rigidi dettami in tema di specificità dei motivi di impugnazione di cui agli artt. 342 (rito ordinario) e 434 (rito del lavoro), nel rispetto inoltre dei termini perentori di cui ai successivi artt. 343 e 436 c.p.c. (con annesso onere, in quest’ultima ipotesi, di notificazione dell’impugnazione incidentale). Al contrario, l’eventuale preferenza per la tecnica della mera riproposizione avrebbe permesso all’appellato il suo esercizio fino all’udienza di precisazione delle conclusioni (cfr. Cass., Sez. Lav., 6 novembre 2013, n. 24989; Cass., Sez. II, 12 giugno 2014, n. 13411). A tutto ciò si aggiunga che la postulata esigenza dell’appello incidentale, imporrà al medesimo appellante di sostenere i costi del relativo contributo unificato (cfr. art. 13, comma 1 bis, d.p.r. 115/2002) nonché dell’eventuale sanzione di cui all’art. 13, comma 1 quater (versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello già versato al momento della proposizione del gravame) per l’ipotesi che la stessa venga rigettata oppure dichiarata inammissibile o improcedibile.