6 Settembre 2016

La soglia di soddisfazione del 20% dei crediti chirografari nel concordato preventivo

di Luca Iovino Scarica in PDF

1.Premessa

È trascorso quasi un anno da quando la legge n. 132 del 6 agosto 2015, in sede di conversione del d.l. 27 giugno 2015, n. 83, recante “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria”, ha introdotto la soglia di soddisfacimento del 20% dei crediti chirografari come condizione di ammissibilità della domanda di concordato preventivo.

La disposizione, contenuta nel comma quarto dell’art. 160 l. fall, ha dato luogo a contrasti interpretativi ed applicativi che esamineremo alla luce delle pronunce di merito rinvenute sull’argomento e delle circolari e linee guida diffuse da alcuni tribunali.

2.Sul significato da attribuire all’espressione “assicurare il pagamento” del 20% dei crediti chirografari

Il nuovo quarto comma dell’art. 160 l.fall. stabilisce che “In ogni caso la proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell’ammontare dei crediti chirografari. La disposizione di cui al presente comma non si applica al concordato con continuità aziendale di cui all’articolo 186-bis”.

Nel concordato liquidatorio (ma non in quello con continuità aziendale), dunque, il legislatore ha previsto una soglia di soddisfacimento dei creditori chirografari come condizione di ammissibilità della proposta concordataria.

La funzione della norma è quella di contrastare la tendenza assai diffusa (cfr. Tribunale di Modena 3 settembre 2014; Tribunale di Bergamo, 4 dicembre 2014) di offrire ai creditori chirografari percentuali irrisorie di soddisfazione in spregio al principio dettato dalla Cassazione – ed ora sostanzialmente sancito dall’art. 161, comma 2 lett. e), l.fall., di nuova introduzione – secondo cui non è ammissibile, una proposta concordataria che non preveda il soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, di tutti i creditori in un lasso di tempo ragionevolmente breve (cfr. Cass., sez. un., 23 gennaio 2013 n. 15 in Foro it. 2013, 5, I, 1534, con note di Carmellino, Costantino, Fabiani, Scoditti).

Sin dall’emanazione della norma è stato chiaro che l’uso della formula atecnica: “assicurare il pagamento” avrebbe portato con sé una serie di dubbi interpretativi, che non hanno tardato a presentarsi.

Gli orientamenti che si sono delineati in relazione al significato da attribuire all’inadeguata formulazione legislativa sono sostanzialmente due.

Secondo un primo orientamento, il debitore, nella proposta di concordato deve assumere necessariamente un’obbligazione di pagamento di carattere monetario nei confronti dei creditori chirografari.

A questa interpretazione si sono uniformati, nelle loro linee guida, i Tribunali di Roma e di Bergamo i quali, a sostegno della natura obbligatoria della soglia, richiamano l’art. 161, comma 2 lett. e), l.fall., in forza del quale “la proposta deve indicare l’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore”.

Tale disposizione, anch’essa introdotta dal d.l. 27 giugno 2015, n. 83, attraverso l’uso delle parole “deve indicare” sancirebbe un obbligo del proponente di attribuire a tutti i creditori un’utilità economica che, nel caso di concordato liquidatorio, per i creditori chirografari è rappresentata dal pagamento della quota, normativamente stabilita nel 20% del credito. (cfr. le linee guida Tribunale Roma in www.tribunale.roma.it/documentazione/D_8321.pdf e la circolare operativa Tribunale di Bergamo in www.avvocatibergamo.it/immagini/CIRCOLARE_OPERATIVA_N.2_2016.pdf; nello stesso senso Tribunale Milano 7 aprile 2016 e Trib. Palermo 25 maggio 2016).

Evidentemente, l’assunzione da parte del debitore dell’obbligazione di pagamento del 20% del chirografo implica che, in caso d’inadempimento di non scarsa importanza, ogni creditore potrà richiedere la risoluzione del concordato ai sensi dell’art 186 l.fall.

Un altro orientamento, invece, esclude, che la norma di cui all’art. 160, ultimo comma, l.fall., contenga elementi testuali tali da ritenere che l’ammissibilità della domanda di concordato sia condizionata all’assunzione di un’obbligazione di pagamento della percentuale indicata dal debitore.

Secondo questo orientamento, se il legislatore avesse voluto introdurre un obbligo avrebbe utilizzato un’espressione specifica quale “obbligarsi” o “impegnarsi”, comunque diversa da “assicurare il pagamento”; conseguentemente la disposizione attribuirebbe al creditore soltanto l’onere di “proporre fondatamente il pagamento di almeno il 20% dei crediti chirografari” (Trib. Pistoia 29 ottobre 2016 ne Ilfallimentarista.it 2015, con nota di Ravina; Trib. Firenze 8 gennaio 2016 in www.ilcaso.it)

Nelle pronunce sopra citate, la previsione da parte del debitore del pagamento del 20% dei crediti chirografari, purché abbia i caratteri della fondatezza e fattibilità, è sufficiente a rendere ammissibile la proposta di concordato, senza che sia necessaria un’assunzione dell’obbligazione ovvero una promessa di pagamento.

E’ stato da più parti osservato che tale seconda opzione interpretativa comporta il rischio di un’alterazione dei poteri di indagine attribuiti al tribunale in sede di ammissione della proposta di concordato preventivo.

È, infatti, principio pacificamente affermato in giurisprudenza che al tribunale sia attribuito il solo controllo della legittimità e della fattibilità giuridica della proposta di concordato mentre gli sarebbe preclusa una valutazione sulla probabilità di successo economico del piano (cfr. Cass., sez. un., 23 gennaio 2013 n. 1521, cit., Cass. 4 maggio 2016, n. 8804 in D&G 2016, con nota di Papagni; Cass. 5 febbraio 2016, n. 2320).

Ove il Tribunale, in sede di vaglio di ammissibilità della proposta, fosse chiamato a valutare la fondatezza dell’offerta di soddisfazione del 20% dei crediti chirografari, il suo giudizio non potrebbe prescindere da un accertamento sul merito economico del piano concordatario e si porrebbe in contrasto con il principio sopra riferito, ormai pacificamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità.

3.L’eccezione prevista per il concordato con continuità aziendale

Si è detto che la disposizione che introduce la soglia di soddisfazione del 20% dei creditori chirografari si applica a tutte le forme concordatarie con la sola eccezione del concordato con continuità aziendale.

L’eccezione si giustifica, oltre che per il generale favor del legislatore per la continuità rispetto alla liquidazione, per l’oggettiva difficoltà di predeterminare una soglia di soddisfazione dei creditori nel caso di continuazione dell’attività di impresa, i cui sviluppi dipendono da variabili economiche non sempre prevedibili.

L’esatta portata applicativa di questa eccezione ha suscitato, però, alcuni dubbi con riguardo alla sua applicazione nelle ipotesi di concordato c.d. misto, in parte liquidatorio ed in parte con continuità aziendale.

Da una parte si è sostenuto che al concordato anche solo parzialmente in continuità vada applicata la disciplina di favore prevista dalla legge, indipendentemente da un giudizio di prevalenza della componente liquidatoria o della continuità aziendale.

Aderiscono a questo orientamento le linee guida del Tribunale di Roma che in presenza di una componente di continuità aziendale e, indipendentemente dal grado di incidenza di essa nell’intera operazione economica, escludono l’applicazione della soglia (fatto salvo il giudizio di fattibilità giuridica del piano, che va accertata secondo quanto stabilito dalla Sezioni Unite nella sopra citata pronuncia n. 1521/2013).

Si rinvengono però, alcune decisioni di merito che obiettano come tale impostazione presti il fianco al facile abuso per il proponente, di prevedere (anche in minima parte) una continuità, per l’unico fine di aggirare la soglia del 20%.

Al fine di prevenire un utilizzo distorto della disposizione, le stesse pronunce affermano che l’esclusione della soglia del 20% nei concordati c.d. misti opera soltanto se la componente di continuità aziendale risulti prevalente rispetto alla componente liquidatoria. (Trib. Pistoia 29 ottobre 2016 cit.; Trib. Alessandria 18 gennaio 2016 in www.ilcaso.it)

4.L’applicazione della soglia del 20% al concordato con previsione di classi di creditori chirografari

Ai sensi dell’art. 160 co. 1 lett c) e d) l.fall., la proposta di concordato può prevedere la formazione di classi di creditori chirografari e trattamenti differenziati per gruppi omogenei di creditori.

La giurisprudenza di merito si è interrogata se, in tali ipotesi, la soglia del 20% vada applicata ad ogni classe di creditori chirografari o, piuttosto possano prevedersi anche pagamenti inferiori alla soglia del 20% per alcune classi purché, con riferimento al complessivo ammontare del credito chirografario, la soglia sia rispettata.

Quest’ultima impostazione sembra da privilegiare in base ad un’interpretazione letterale della norma che fa riferimento al pagamento dell’“ammontare dei crediti chirografari” e non dei singoli creditori. (cfr. Trib. Pistoia 29 ottobre 2016 , Trib. Milano 7.04.2016 cit.)

Per converso il riferimento a “ciascun creditore” è contenuto nell’art. 160, ultimo comma, l.fall., che, come si è detto, impone al proponente di “indicare l’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che si obbliga ad assicurare a ciascun creditore”.

È lecito ritenere che, se il legislatore avesse voluto garantire il soddisfacimento del 20% di ciascun credito, avrebbe utilizzato la medesima terminologia (“ciascun creditore”) contenuta nell’art. 160, ultimo comma, l.fall.

È comunque esclusa la possibilità di prevedere le c.d. “classi a zero” poiché sia nel concordato in continuità aziendale che nel concordato liquidatorio, ai sensi dell’art.160, ultimo comma, l.fall., a tutti i creditori deve essere assicurata un’utilità economicamente apprezzabile.

5.Conclusioni

Il contrasto fra le varie soluzioni interpretative e applicative dell’art. 160, comma 4, l.fall. qui riferito per grandi linee, è il risultato della formulazione imprecisa della norma e della obiettiva difficoltà di coordinare le numerose riforme e modifiche legislative che si sono succedute nel tempo.

Al d.l. 14 marzo 2005, n. 35, (c.d. decreto competitività) convertito con l. 14 maggio 2005, n. 80, che ha introdotto rilevanti modifiche in materia di concordato preventivo, hanno fatto seguito il d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, il d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, il d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con l. 7 agosto 2012, n. 13 e, da ultimo, il d.l. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2015, n. 132.

La stratificazione normativa, attuata prevalentemente con decretazione d’urgenza e con modificazioni frettolosamente inserite in sede di conversione (proprio com’è avvenuto per l’introduzione della soglia del 20%) ha prodotto una disciplina non coordinata e frammentaria.

Adesso si attende la conclusione dei lavori della “Commissione Rordorf” istituita presso l’Ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia ed incaricata dell’elaborazione di una proposta di riforma complessiva della legge fallimentare: si spera che i lavori della Commissione possano consentire l’emanazione di una disciplina organica del concordato preventivo e delle altre procedure concorsuali.

Su altri aspetti problematici delle recenti riforme cfr. Pasqualina FARINA, Le proposte concorrenti nel nuovo concordato preventivo, in questa Rivista, 9 dicembre 2015; Luca Iovino, Le offerte concorrenti nel concordato preventivo introdotte dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, in questa Rivista, 29 dicembre 2015.