21 Marzo 2016

La riforma del processo tributario

di Elisa Bertillo Scarica in PDF


Il 1° gennaio 2016 è entrata in vigore la riforma del contenzioso tributario, realizzata dal Governo con il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, in esecuzione della delega contenuta nell’art. 10 della legge 11 marzo 2014, n. 23. Tra le modifiche di maggior rilievo si segnalano l’estensione dell’istituto della mediazione e della tutela cautelare, nonché la previsione dell’immediata esecutività delle sentenze tributarie per tutte le parti in causa.
 

Il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156 ha portato a compimento il processo di riforma del sistema tributario avviato con la legge 11 marzo 2014, n. 23, attraverso la quale è stata conferita una delega al Governo per la realizzazione di «un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita» (per un’analisi dei decreti emanati in attuazione della medesima si rinvia a www.camera.it/leg17/465?tema=la_delega_per_la_riforma_fiscale_e_assistenziale).

Con peculiare riguardo al processo tributario, l’art. 10 della legge n. 23 del 2014 individuava quale criterio direttivo, cui avrebbe dovuto conformarsi il legislatore delegato, il rafforzamento della tutela giurisdizionale del contribuente, da realizzarsi attraverso la garanzia della terzietà dell’organo giudicante ed il rafforzamento degli istituti di carattere deflattivo nell’ambito del processo tributario.

La riforma mira, infatti, a superare le criticità della disciplina previgente, contenuta nel d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, da tempo rilevate dalla dottrina (v., tra gli altri, G. Tinelli, Istituzioni di diritto tributario, 2010, 528 ss.; F. Tesauro, Giusto processo e processo tributario, in Rass. trib., 2006, 11 ss.; F. Gallo, Verso un «giusto processo» tributario, in Rass. trib., 2003, 11; G. Tabet, Luci ed ombre del nuovo processo tributario, in Riv. dir. trib., 1996, I, 619). In particolare, vi è unanimità sulla mancanza di terzietà ed indipendenza dei giudici tributari, sulle restrizioni all’accesso al giudizio connesse alla tassatività degli atti impugnabili e ai termini perentori di impugnazione, sulle lacune della fase istruttoria e della tutela cautelare (in merito, cfr. altresì M. Villani, F.G. Sannicandro, I punti critici nell’odierno processo tributario, in Quotidiano giuridico del 25 giugno 2013).

L’attuale riforma offre, tuttavia, soluzione solo in parte alle problematiche rilevate. Queste, infatti, in sintesi, le novità di maggior rilievo.

In primo luogo, il legislatore delegato è intervenuto a potenziare gli istituti della mediazione e della conciliazione nell’ambito del processo tributario. 

La mediazione tributaria obbligatoria è stata introdotta nel decreto legislativo n. 546 del 1992 dal d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni nella legge 15 luglio 2011, n. 111, poi modificato parzialmente dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 (su cui cfr. M. Montanari, Il processo tributario nel segno della mediazione, in Dir. prat. Trib., 2013, 3, 153 ss.). Nel testo antecedente alla riforma, l’art. 17 bis  del d. lgs. 546 del 1992 prevedeva, per le controversie con valore della lite non superiore a ventimila euro, relative ad atti emessi dalla Agenzia delle Entrate, l’obbligo, per il contribuente che intendesse proporre ricorso, di proporre preliminarmente reclamo, il quale poteva contenere una motivata proposta di mediazione, completa della rideterminazione dell’ammontare della pretesa. La riforma estende l’applicabilità dell’istituto del reclamo, finalizzato alla mediazione, a tutte le controversie, indipendentemente dall’ente impositore, ivi incluse, quindi, quelle concernenti i tributi locali, sempre che il loro valore non superi i ventimila euro.

Sotto il profilo soggettivo, l’istituto è esteso a tutti gli enti impositori, tra cui rientra Equitalia s.p.a. Il reclamo, infine, è esteso anche alle liti di valore indeterminabile in ambito catastale. 

La legge delega prevedeva, inoltre, il «rafforzamento e la razionalizzazione» dell’istituto della conciliazione nel processo tributario, regolata dall’art. 48 del d.lgs. n. 546 del 1992. Al fine di darvi attuazione, il legislatore delegato ha modificato tale ultima disposizione e ha introdotto, nel decreto legislativo citato, due ulteriori articoli: l’art. 48 bis, relativo alla conciliazione in udienza, e il 48 ter che regola la definizione ed il pagamento delle somme dovute.

Con la riforma vengono, quindi, disciplinate separatamente due diverse forme di conciliazione. L’art. 48 citato, con riferimento alla conciliazione fuori dall’udienza, prevede che se le parti, in pendenza di giudizio, raggiungono un accordo conciliativo «presentano istanza congiunta sottoscritta personalmente o dai difensori per la definizione totale o parziale della controversia». Nella prima ipotesi, la Commissione pronuncia sentenza di cessazione della materia del contendere; se l’accordo conciliativo è parziale, dichiara con ordinanza la cessazione parziale della materia del contendere e dispone l’ulteriore trattazione della causa.

La conciliazione in udienza, ai sensi dell’art. 48 bis, può avvenire su istanza di ciascuna parte, depositata fino a dieci giorni liberi prima dell’udienza di trattazione.

La Commissione, valutate le condizioni di ammissibilità, invita le parti a tentare di raggiungere un accordo del quale, in caso di esito positivo, viene redatto processo verbale che costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute. La Commissione dichiara, quindi, con sentenza l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.

Viene, infine, ampliato l’ambito d’applicazione dell’istituto in questione, consentendo la possibilità alle parti di conciliare la lite anche nel corso del secondo grado di giudizio.

 Confermando l’orientamento consolidato nella giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. P. Ragucci, La Corte costituzionale ribadisce l’ammissibilità di una tutela cautelare nei gradi di impugnazione del processo tributario, in Giur. it., 2012, 2183 ss.), la riforma ha, inoltre, ammesso la coesistenza, nel processo tributario di due ordini di rimedi cautelari. In particolare, è sancita la possibilità per il contribuente di chiedere la sospensione dell’esecuzione dell’atto, se da questa possa derivargli un grave ed irreparabile danno, in ogni grado di giudizio. Inoltre, è riconosciuta la possibilità delle parti di chiedere la sospensione in tutto o in parte dell’esecutività della sentenza impugnata, se sussistono gravi e fondati motivi (sul tema della tutela cautelare nel sistema della giustizia tributaria, cfr. M. Montanari, La tutela cautelare nel progetto di codice del processo tributario, in Dir. prat. trib., 2015, 5, 746 ss.).

E’, infine, prevista, a vantaggio del contribuente, l’immediata esecutività delle sentenze. Il novellato art. 69 del d. lgs. n. 546 del 1992, rubricato «esecuzione delle sentenze di condanna in favore del contribuente», riconosce l’immediata esecutività delle sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente. Tuttavia, il pagamento di somme superiori a diecimila euro, può essere subordinato dal giudice alla prestazione di idonea garanzia.

La novella risolve, pertanto, uno degli aspetti maggiormente problematici del previgente processo tributario. La differenziata esecutività delle sentenze delle Commissioni tributarie a favore del contribuente, rispetto a quelle a favore dell’ente impositore, aveva, infatti, suscitato dubbi circa il rispetto del principio della parità delle parti nel contenzioso tributario. L’ art. 70 del d. lgs. n. 546 del 1992 limitava l’esecuzione in favore del contribuente ai soli obblighi contenuti in sentenze passate in giudicato, mentre l’art. 68 del medesimo testo normativo prevedeva che le sentenze delle Commissioni tributarie, anche se non definitive, fossero titolo per la riscossione del tributo (sul dibattito anteriore alla riforma cfr. F. Randazzo, Escluso il giudizio di ottemperanza in pendenza del termine per proporre appello, in Riv. giur. trib., 2008, 11, 947 ss.).

La riforma, che è entrata in vigore dal 1° gennaio 2016, ad eccezione delle norme sull’esecuzione provvisoria delle commissioni tributarie e sull’esecuzione delle sentenze di condanna in favore del contribuente che saranno in vigore dal 1° giugno 2016, non ha, tuttavia, modificato tutti gli aspetti controversi del processo tributario. In particolare si segnala la mancata modifica dei mezzi istruttori; la mancata ammissibilità, nel processo tributario, del giuramento e della prova testimoniale sono stati, infatti, in passato, oggetto di dubbi e perplessità in dottrina (cfr. P. Russo, Manuale di diritto tributario, Milano, 2007, 508-509, anche per gli ampi riferimenti bibliografici), e vi è chi ritiene che il legislatore delegato abbia perso l’occasione di garantire, anche sotto tale aspetto, il «giusto processo» tributario (cfr. M. Villani, La parziale riforma del processo tributario, in www.diritto.it, 2015).  

Per un’analisi approfondita delle novità apportate dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, si rinvia a AA.VV., Abuso del diritto e novità sul processo tributario. Commento al D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128 e al D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, a cura di C. Glendi, C. Consolo, A. Contrino, Padova, 2016; I. Buscema, Il contenzioso tributario, Padova, 2015.