28 Marzo 2017

La provvisorietà delle attribuzioni al creditore fondiario

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

Il secondo comma dell’art. 41 TUB, nel disciplinare i rapporti tra azione esecutiva per credito fondiario e fallimento, stabilisce che le somme ricavate dall’esecuzione individuale che risultassero, “in sede di riparto” (ex artt. 596-598 c.p.c., come preferibile ritenere), eccedenti la quota di spettanza dell’istituto bancario dovranno essere attribuite al fallimento; quanto ricevuto dalla banca/creditore fondiario in sede di esecuzione individuale ha, dunque, carattere di provvisorietà, dovendo la stessa sottostare alle risultanze del riparto fallimentare e, se del caso, restituire le eventuali eccedenze.

La distribuzione effettuata nell’esecuzione individuale non è dunque definitiva, avendo solo la funzione di attuare una prima graduazione con i crediti fatti valere in quella sede, salva la definitiva valutazione in sede concorsuale. In altri termini, mentre l’accertamento del credito della banca/creditore fondiario e la vendita dell’immobile può avvenire al di fuori della procedura fallimentare, l’ammontare che essa ricaverà risulterà definitivamente fissato solo dal riparto effettuato in sede fallimentare.

La giurisprudenza ha chiarito che in materia fallimentare, la tutela della par condicio non consente due differenti criteri di ripartizione dell’attivo e presuppone l’unicità del procedimento di acquisizione e distribuzione che coinvolge tutti i creditori ivi incluso il creditore fondiario; pertanto il principio della par condicio creditorum si attua solo con il procedimento di verificazione dei crediti ai cui dati è indissolubilmente connessa la fase del riparto, non certo con procedimenti estranei alla fase fallimentare. Nel caso della concomitante esecuzione individuale questi principi non soffrono eccezioni, poiché in tale sede non possono formarsi situazioni difformi dalle risultanze dello stato passivo né possono essere attribuite al creditore privilegiato somme diverse da quelle che potrebbero essergli riconosciute nel riparto fallimentare.

Il beneficio in discorso costituisce dunque, per consolidato orientamento giurisprudenziale, un mero privilegio processuale che non incide, in costanza di fallimento dell’esecutato, sulle regole della par condicio e sulle regole del concorso, con la conseguenza che anche il creditore fondiario deve insinuarsi al passivo del fallimento allo scopo di conseguire/consolidare, se il credito risulta ammesso ed utilmente collocabile, il risultato dell’esecuzione privilegiata, restituendo invece alla massa fallimentare la somma che ecceda quanto ad esso spettante (ex multis Cass. 15.1.1998, n. 314; Cass. 23.11.1990, n. 11324; Cass. 2.3.1988, n. 2196; Trib. Venezia, 3.2.2004; Trib. Santa Maria Capua Vetere 4.5.2007; App. Torino 5.9.2007; Trib. Torino 10.10.2008; Trib. Rimini 15.9.2014).