11 Gennaio 2016

La legge di stabilità estende l’art. 281 sexies c.p.c. al tribunale in composizione collegiale

di Davide Turroni Scarica in PDF


La legge di stabilità per il 2016, in vigore dal 1° gennaio 2016, introduce il modello decisorio dell’art. 281 sexies c.p.c. nei giudizi davanti al tribunale in composizione collegiale. E’ una buona notizia che merita attenzione. Vedremo anche perché il legislatore finanziario qualifica «rimedio preventivo» la richiesta di procedere ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c.

 

  1. Premessa 

Con il 777° comma del suo unico articolo, la legge di stabilità per il 2016 (adottata con l. 28 dicembre 2015, n. 208, pubblicata in Gazzetta il 30 dicembre 2015) introduce il modello decisorio «orale» previsto dall’art. 281 sexies c.p.c. anche nei processi ordinari di tribunale in composizione collegiale. In particolare l’art. 1 ter, comma 1, ult. periodo, l. 89/2001 (Legge Pinto), introdotto dall’art. 1, comma 777, lett. a), l. 208/2015 prevede che «Nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, il giudice istruttore quando ritiene che la causa può essere decisa a seguito di trattazione orale, a norma dell’articolo 281 sexies del codice di procedura civile, rimette la causa al collegio fissando l’udienza collegiale per la precisazione delle conclusioni e per la discussione orale.»

Anche nelle cause davanti all’organo collegiale del tribunale (v.ne l’elenco all’art. 50 bis c.p.c.) sarà dunque possibile ricorrere a una tecnica di decisione che, secondo lo schema dell’art. 281 sexies c.p.c., prevede la sola discussione orale con lettura e deposito immediati della sentenza.

 

  1. Buona notizia. Il modello decisorio previsto dall’art. 281 sexies c.p.c. ha successo 

La novità è positiva e completa un ciclo di progressiva espansione dell’istituto.

Introdotto nel 1998 (art. 68, d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51) nei processi ordinari di tribunale in composizione monocratica, l’art. 281 sexies c.p.c. riproduce il modello decisorio «orale» previsto dall’abrogato art. 315 c.p.c. per il processo davanti al pretore. Nel 2008 l’istituto ispira la modifica della fase decisoria nel rito del lavoro di primo grado (art. 53, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, con modifica dell’art. 429 c.p.c.) che da allora prevede – come regola – la lettura immediata della sentenza e non più del solo dispositivo. Nel 2011 l’art. 281 sexies c.p.c. viene poi esteso al giudizio di secondo grado davanti alla corte d’appello, per via del richiamo espresso inserito negli artt. 351 e 352 c.p.c. (art. 27, l. 12 novembre 2011, n. 183; ma per l’applicazione dell’art. 281 sexies c.p.c. anche nel regime previgente, v. Cass., 20 gennaio 2015, n. 825, in CED Cass., 2015; e nello stesso senso ma – più condivisibilmente – con l’esclusione delle cause contemplate dall’art. 50 bis c.p.c., v. App. Roma, 28 aprile 2010 e 12 maggio 2010, entrambe in Leggi d’Italia, Rep. online, 2010) e da allora non era più comprensibile la scelta di escludere il tribunale collegiale dal campo di applicazione dell’art. 281 sexies c.p.c. La legge di stabilità per il 2016 compie quindi un passo non solo opportuno ma necessario a ridare coerenza al sistema (nel senso però che il mancato allineamento non è censurabile sul piano della legittimità costituzionale, v., obiter, Corte cost., 26 novembre 2011, n. 266, su rimessione Trib. Milano, ord., 12 dicembre 2013).

L’espansione dell’istituto è apprezzabile anche sul piano pratico. Dopo un esordio sottotono, gli operatori hanno capito che il modello a discussione orale con decisione immediata non solo è praticabile ma si adatta bene a certi tipi di cause: in particolare alle cause oggettivamente semplici e a quelle «seriali», cioè ai casi in cui il giudice non ha particolare difficoltà a formarsi un convincimento e a tradurlo rapidamente in forma scritta (magari con qualche espediente: così è diffusa la prassi di predisporre una bozza di decisione prima dell’udienza ex art. 281 sexies, sulla cui legittimità v. Cass., 21 maggio 2014, n. 11259, in CED Cass., 2014; mentre è giustamente ritenuta illegittima da Cass., 30 marzo 2015, n. 6394, ivi, la lettura del solo dispositivo con differimento della motivazione); né le parti a concentrare le difese finali in una discussione. E’ quindi un istituto che conferisce flessibilità al sistema del processo ordinario, che se attentamente amministrato offre non solo un’utilità diretta alle parti ma ha un valore deflattivo reale.

 

  1. Cattiva notizia. La ratio dell’intervento 

Il risultato positivo, di avere esteso ai giudizi collegiali del tribunale il modello dell’art. 281 sexies c.p.c., è offuscato dalla modalità e soprattutto dallo spirito con cui il «legislatore della stabilità 2016» è intervenuto.

Non giova innanzitutto la collocazione eccentrica della norma. Anziché inserirla nel codice di procedura civile, la legge finanziaria la innesta nel nuovo art. 1 ter della l. 24 marzo 2001, n. 89 («legge Pinto»), consegnandoci un nuovo caso di delocalizzazione normativa, qui riferita a una norma che investe l’intima struttura del processo regolato dal libro II del codice di rito. Ciò risponde del resto a una ragione precisa, che svela purtroppo il lato peggiore dell’intervento.

Il nuovo art. 1 ter l. 89/2001 qualifica l’istanza di decisione ai sensi dell’art. 281 ter c.p.c. come «rimedio preventivo» alla violazione dell’art. 6 Conv. EDU (espressione mutuata dalla giurisprudenza CEDU: con riferimento specifico alla irragionevole durata del processo, v. Corte EDU 29 marzo 2006, C-36813/97, Scordino vs. Italia e Corte EDU 10 settembre 2010, C-31333/06, McFarlane vs. Ireland), sussidiario al rito sommario di cognizione ex art. 702 c.p.c. Il senso di questi «rimedi preventivi» è chiarito dal nuovo art. 2, comma 1, l. cit.: il loro mancato utilizzo è sanzionato con l’inammissibilità della domanda di equa riparazione. Questo significa che nel contenzioso civile – rectius nella porzione di contenzioso compatibile col rito sommario o con la decisione ex art. 281 sexies c.p.c. – la parte intenzionata a conservarsi la chance di una futura azione ex Legge Pinto deve prima tentare la strada del processo sommario; poi, se questa è preclusa, deve chiedere la decisione ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. Solo se entrambi i tentativi falliscono, perché il giudice non vi dà corso, la parte conserva il diritto di azione ex l. 89/2001 – e sempre che siano stati rispettati i termini perentori e le altre trappole disseminate qua e là.

Si tratta dunque di un congegno che (insieme ai molteplici altri esibiti dal 777° comma della legge finanziaria) ha il solo scopo di limitare pesantemente il diritto di agire per l’equa riparazione del danno da irragionevole durata del processo; e la scelta di estendere l’art. 281 sexies c.p.c. al tribunale collegiale è semplicemente funzionale allo scopo.

Il «filtro» così concepito avrà due probabili conseguenze: a) provocare l’intervento della Corte costituzionale, soprattutto in riferimento all’art. 24 Cost., per compressione eccessiva e irragionevole del diritto di azione (qui dell’azione ex Legge Pinto) e violazione del diritto di difesa, perché subordina il rimedio ex l. 89/2001 alla scelta di uno strumento che la parte ben potrebbe ritenere deteriore o addirittura pregiudizievole rispetto ad altri che l’ordinamento pure le mette a disposizione; b) creare una grave falla nel sistema dei rimedi interni, che investirà la Corte EDU di una nuova ondata di ricorsi ex art. 6 Conv. EDU. Questo tipo di «rimedi preventivi» non sembra infatti avere i requisiti del domestic remedy ai fini dell’art. 35 Conv. EDU (che preclude il ricorso alla Corte EDU se non sono esauriti, e tentati, i rimedi interni previsti dagli ordinamenti nazionali): sul piano della effettività in primo luogo, in quanto non c’è sufficiente consequenzialità tra il loro esperimento e la riduzione dei tempi del processo (sul principio di effettività del rimedio ai fini degli artt. 13, 35 Conv. EDU, v. Corte EDU, McFarland vs. Ireland, cit., spec. § 107). 

 

  1. Le principali caratteristiche dell’art. 281 sexies c.p.c. applicato al tribunale collegiale 

L’estensione dell’art. 281 sexies c.p.c. al rito collegiale di primo grado si accompagna a minime deviazioni dalle forme previste per il giudice monocratico.

Sia la precisazione delle conclusioni che la discussione avvengono davanti all’organo collegiale; il che deroga alla regola dell’art. 189 c.p.c., secondo cui le conclusioni si precisano davanti al giudice istruttore. Questa peculiarità può valutarsi positivamente: consente all’istruttore di rimettere subito la causa al collegio e non costringe le parti a improvvisare le conclusioni seduta stante; in più evita il ritardo che viceversa deriverebbe dalla fissazione davanti all’istruttore di una nuova udienza di sola precisazione delle conclusioni.

L’inevitabile lasso di tempo che separa l’udienza davanti all’istruttore da quella davanti al collegio dovrebbe poi escludere la possibilità, e lo stesso bisogno, di un rinvio della discussione a un’udienza successiva – come invece consente l’art. 281 sexies, comma 1, c.p.c. nel processo davanti al giudice monocratico.

Il nuovo art. 1 ter Legge Pinto prevede che sia direttamente il giudice istruttore a fissare l’udienza collegiale, secondo una vecchia tecnica di rimessione al collegio già prevista dall’art. 190 ante-novella del ‘90. Si attribuisce così all’istruttore una prerogativa che l’attuale art. 275 c.p.c. (in combinazione con l’art. 114 att. c.p.c.) riserva al presidente.

La stessa soluzione indicata dall’art. 1 ter cit. dovrebbe attagliarsi al giudizio di appello: quando il presidente delega l’istruzione a un membro del collegio ai sensi dell’art. 350, comma 1, c.p.c., lo snodo tra istruzione e decisione è affine al passaggio corrisponente nel giudizio davanti il tribunale collegiale. L’art. 281 sexies c.p.c. davanti alla corte d’appello può quindi seguire lo schema previsto dal nuovo art. 1 ter l. 89/2001 quando l’appello avviene «in modalità delegata».

Nel caso di istruttoria collegiale, invece, l’art. 281 sexies c.p.c. dovrebbe applicarsi nella forma originaria senza subire variazioni.

Infine la disciplina transitoria del comma 777 cit. si occupa del nuovo art. 2, comma 1, l. 89/2001 – fissando la soglia temporale entro cui scatta la sanzione d’inammissibilità della domanda di equa riparazione – ma non dedica alcuna specifica previsione all’art. 1 ter l. cit. Di conseguenza l’art. 281 sexies c.p.c. è applicabile alle cause davanti al tribunale collegiale a partire dall’1 gennaio 2016, in coincidenza con la data di entrata in vigore della legge di stabilità 2016 (art. 1, comma 999).