8 Maggio 2018

Indirizzo PEC appartenente a più soggetti? Per la Cassazione la notifica telematica è nulla

di Andrea Ricuperati Scarica in PDF

Cass. civ., Sez. VI – 1, ord., 12 gennaio 2018, n. 710 – Pres. Genovese – Rel. Di Marzio

Notificazioni in materia civile – Con modalità telematica – Indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario condiviso da più soggetti – Nullità della notificazione (r.d. 16.3.1942, n. 267, art. 15; c.p.c., art. 160; l. 21.1.1994, n. 53, artt. 3-bis e 11; d.l. 18.10.2012, n. 179 [conv. l. 17.12.2012, n. 221], artt. 5 e 16-ter; d.p.r. 11.2.2005, n. 68, artt. 4 e 6; d.l. 29.11.2008, n. 185 [conv. l. 28.1.2009, n. 2], art. 16; d.lg. 7.3.2005, n. 82, art. 6-bis)

[1] Quando il medesimo indirizzo di posta elettronica certificata sia stato attribuito a più di un soggetto, la notificazione telematica eseguita a quell’indirizzo è nulla per incertezza assoluta sulla persona del destinatario.

CASO

[1] Il liquidatore della società Alfa interponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Roma aveva respinto il reclamo contro la pronuncia dichiarativa del fallimento di detta società.

Il ricorrente si doleva di non avere avuto notizia dell’udienza fissata nell’àmbito dell’istruttoria pre-fallimentare, in quanto istanza e decreto di convocazione erano stati notificati via PEC ad un indirizzo riferibile a due diverse società.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, dichiarando nulla la sentenza di I grado (con conseguente rinvio del processo al Tribunale ordinario di Roma), attesa la ritenuta erroneità del convincimento espresso dal Collegio territoriale, secondo il quale l’identità dell’indirizzo PEC non escludeva di per sé che entrambe le società titolari di esso – e dunque anche l’effettiva destinataria della richiesta di fallimento – avessero ricevuto dalla cancelleria la notifica prescritta dal terzo comma dell’art. 15 r.d. 16.3.1942, n. 267.

A giudizio della Suprema Corte, proprio la circostanza che il recapito del messaggio di posta elettronica certificata ad ambedue le società cui era stato attribuito il medesimo indirizzo PEC fosse (solo) eventuale impedisce di individuare con certezza il destinatario della notificazione, rendendo quest’ultima invalida ai sensi dell’art. 160 c.p.c. (con ogni corollario di legge circa la nullità del processo di I grado, ai sensi dell’ultimo capoverso dell’art. 383 c.p.c.).

Per completezza, va aggiunto che in sede di legittimità il ricorrente aveva allegato che un apostrofo differenziasse l’indirizzo PEC della fallita rispetto a quello della società estranea e solo alla seconda fosse stata eseguita la notifica in discussione; ma il tema non è stato considerato dalla Cassazione, che sul punto ha reputato carente il requisito dell’autosufficienza del ricorso.

QUESTIONI

[1] L’ordinanza in commento, resa in materia fallimentare ma suscettibile di portata estesa a tutti quei settori processuali (tipicamente le notifiche in proprio degli avvocati ex l. 21.1.1994, n. 53, il cui art. 11 sanziona con la nullità ogni deviazione dallo schema legale, alla stessa stregua dell’art. 160 c.p.c.) dove l’informatica ha ormai piena cittadinanza, merita di essere segnalata sotto due distinti profili:

(i) per aver mutato il rango dell’indirizzo PEC della parte di un procedimento civile, elevandolo da semplice “luogo virtuale” di domiciliazione a vero e proprio elemento coessenziale caratterizzante l’identità digitale di quel soggetto; in effetti, nella fattispecie esaminata la notifica telematica è stata ritenuta nulla per assoluta incertezza non sul luogo della notifica, bensì sulla persona del destinatario;

(ii) per aver esattamente colto – sia pure, ad avviso di chi scrive, senza una piena consapevolezza della ragione tecnica di ciò (v. infra) – il rischio che un messaggio di posta elettronica certificata potesse raggiungere una sola delle società alle quali era stato attribuito dal gestore il medesimo indirizzo. In realtà, tale notifica avrebbe raggiunto tutti quanti i contitolari di detto indirizzo, se essi (nessuno escluso) avessero adottato il protocollo IMAP per gestire le e-mail in arrivo, giacché questa scelta avrebbe lasciato i messaggi sul server remoto consentendo a chiunque in possesso delle relative credenziali di accedere alla casella e prendere visione della posta ricevuta; ove invece anche uno solo dei condividenti avesse configurato l’account secondo il protocollo POP3 (senza selezionare l’apposita opzione di conservazione di una copia sul server), i messaggi sarebbero stati scaricati in locale sull’hard-disk del primo che avesse utilizzato il proprio programma di gestione della posta ed agli altri sarebbe stata inibita la ricezione di alcunché.

In un simile contesto appare non revocabile in dubbio la ravvisabilità di una situazione di oggettiva incertezza, non essendovi margini per stabilire se la convocazione ex art. 15 r.d. n. 267/1942 fosse stata effettivamente notificata alla società fallenda; e tale incertezza sembra ragionevolmente definibile come assoluta, salvo immaginare l’esperimento di un’indagine peritale “postuma” (in ordine ai flussi di corrispondenza elettronica pervenuti ai terminali delle società coinvolte), sulla cui concreta praticabilità con esiti inconfutabili lo scrivente non è in grado di esprimere un parere.

In una vicenda analoga (ma non uguale) App. Bologna, 20 ottobre 2014 (ne Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 11540 – pubb. 6.11.2014), ha dichiarato la nullità della notifica a mezzo PEC di ricorso e decreto di fissazione di udienza ex art. 15 r.d. n. 267/1942, perché effettuata ad un indirizzo PEC reperito su INI-PEC ma risultato in realtà in uso ad altra società (dopo che la società fallita aveva comunicato l’indirizzo PEC al Registro Imprese, il gestore dei servizi PEC aveva attivato detto indirizzo in capo ad una diversa società, in quanto la prima che aveva richiesto l’attivazione del servizio non aveva poi confermato e pagato l’abbonamento).

La frequenza delle problematiche connesse ai cd. indirizzi PEC non univoci o “multiutenti” è destinata, per fortuna, a ridursi in misura drastica: già con la circolare n. 77684 del 9.5.2014 il Ministero dello Sviluppo economico, nel censurare l’anomalia insita nella condivisione di un unico indirizzo PEC da parte di più soggetti (prassi non rara all’indomani dell’introduzione per società e ditte individuali del relativo obbligo di comunicazione al Registro Imprese: v. art. 16, comma 6, d.l. 29.11.2008, n. 185 [conv. l. 28.1.2009, n. 2] e art. 5, commi 1 e 2, d.l. 18.10.2012, n. 179 [conv. l. 17.12.2012, n. 221], specie nell’ipotesi di sede allocata presso lo studio del commercialista), ha raccomandato agli uffici di rimuoverla (l’operazione di bonifica massiva è partita il 1° giugno 2016), invitando gli interessati alla pronta regolarizzazione, sotto pena di cancellazione d’ufficio dell’indirizzo replicato e di irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie contemplate per l’inottemperanza.