13 Giugno 2017

«Disorientamenti» giurisprudenziali sulla natura del termine per promuovere la c.d. mediazione delegata

di Mara Adorno Scarica in PDF

Abstract

In vista della proposta, contenuta nell’emendamento al disegno di legge di conversione del D.l. 24 aprile 2017, n. 50, di stabilizzazione dell’obbligatorietà del tentativo di mediazione, una recente sentenza del Tribunale di Lecce offre l’occasione per «fotografare» il quadro giurisprudenziale concernente il carattere perentorio o ordinatorio del termine che in sede di mediazione c.d. delegata il giudice assegna per l’instaurazione del procedimento di mediazione. La questione desta particolare interesse in ragione del fatto che la qualificazione del suddetto termine potrebbe comportare o meno, in caso mancata o tardiva osservanza,l’improcedibilità della domanda di mediazione.

A distanza di pochi mesi dalla data di scadenza della fase di sperimentazione della mediazione obbligatoria, per la quale il d.l. 69/2013 (c.d. decreto del fare), convertito in l. 98/2013, nel reintrodurre l’obbligatorietà del tentativo di mediazione aveva previsto un regime di efficacia di quattro anni che si concluderà il 20 settembre 2017, un emendamento al disegno di legge di conversione del D.l. 24 aprile 2017, n. 50, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, prevede il consolidamento dello strumento della mediazione obbligatoria.

L’attesa stabilizzazione della mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale ripropone una questione interpretativa ancora non definitivamente risolta neppure in sede applicativa. Si tratta della natura del termine previsto per attivare il modello di mediazione «delegata», comportante, in caso di inosservanza, conseguenze in termini di improcedibilità dell’azione.

Il modello di mediazione «delegata», di cui all’art. 5, 2° comma, d.leg. 28/2010, come delineato nella riforma del 2013, che diviene mediazione «ordinata» dal giudice, prevede la possibilità per il giudice, anche in sede di appello, «valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti» di disporre l’esperimento del procedimento di mediazione. In tal caso, l’esperimento del procedimento di mediazione viene qualificato come «condi­zione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello». Pertanto, la c.d. mediazione delegata ex officio costituisce una forma di mediazione obbligatoria che trova la propria fonte in un provvedimento giudiziale. Il giudice, nel disporre il rinvio in mediazione, assegna alle parti, che non abbiano ancora avviato il relativo procedimento, un termine di quindici giorni per la presentazione della domanda.

In assenza di un’espressa previsione normativa, resta da chiarire se il termine per attivare la mediazione «disposta» dal giudice abbia natura perentoria o ordinatoria, potendo derivare o meno dal suo mancato rispetto gravi conseguenze in termini di improcedibilità dell’azione giudiziale.

Una pronuncia del Tribunale di Lecce offre l’occasione per ricostruire gli orientamenti che sulla questione si sono avvicendati in giurisprudenza. Nel corso di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il giudice istruttore disponeva con ordinanza procedersi a mediazione delegata nel termine di 15 giorni, ai sensi dell’art. 5, 2° comma, d.leg. n. 28 cit. Tuttavia, l’ordine giudiziale non sortiva esito positivo. All’udienza fissata dal giudice, parte opposta eccepiva l’improcedibilità della domanda, stante l’omessa attivazione del tentativo di mediazione nel termine assegnato. Con sentenza del 3 marzo 2017, il Tribunale leccese dichiara l’improcedibilità dell’opposizione avverso il decreto ingiuntivo, affermando che la mancata ottemperanza all’ordine del giudice di esperire, ex art. 5, 2° comma, d.leg. 28 cit., il tentativo di mediazione comporta immediatamente, e quindi senza possibilità di sanatoria, l’improcedibilità della domanda giudiziale.

A fondamento della decisione, il giudice richiama l’argomentazione, fatta propria dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la perentorietà di un termine può desumersi, anche in via interpretativa, tutte le volte in cui, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, lo stesso deve essere rigorosamente osservato (in tal senso, v. Cass. 19 gennaio 2005, n. 1064, Foro it., Rep. 2005, voce Termini processuali civili, n. 16 e, richiamate in motivazione, Cass. 10 novembre 2000, n. 14624, id., Archivio Cassazione Civile; 5 marzo 2004, n. 4530, ibid.).

Con la conseguenza che, applicando il medesimo principio, al caso di mancato rispetto del termine assegnato dal giudice ai sensi dell’art. 5, 2° comma, d.leg. 28 cit., «la implicita natura perentoria di tale termine si evince dalla stessa gravità della sanzione prevista, l’improcedibilità della domanda giudiziale, che comporta la necessità di emettere sentenza di puro rito, così impedendo al processo di pervenire al suo esito fisiologico».

Si allinea a questo indirizzo una parte della giurisprudenza, secondo cui il mancato esperimento della mediazione «delegata» produce gli stessi effetti della mediazione avviata tardivamente rispetto al termine disposto dal giudice, ossia impedisce l’avveramento della condizione di procedibilità da cui non può che derivare l’applicazione della sanzione dell’improcedibilità dell’azione (in tal senso, v. Trib. Firenze 14 settembre 2016, www.eclegal.it, con nota di U. Serra, Sulla tempestività della domanda di mediazione c.d. delegata; Trib. Firenze 9 giugno 2015, in www.dirittoegiustizia.it; Trib. Firenze 4 giugno 2015, Giur. it., 2015, 2374, con nota di E. Benigni, L’avvio «tardivo» della mediazione determina l’improcedibilità della domanda?; Trib. Bologna 15 marzo 2015, www.lanuovaproceduracivile.com).

Secondo un diverso orientamento, invece, l’assenza di una espressa previsione nell’art. 5, 2° comma, d.leg. 28 cit., della perentorietà del termine, che ne esclude, dunque, la riconducibilità alla disciplina di cui all’art. 152 c.p.c., deve essere interpretata nel senso di ritenere inoperante l’improcedibilità della domanda giudiziale in caso di mancato o tardivo adempimento dell’obbligo di attivazione del tentativo mediazione, in virtù di una valorizzazione del risultato sostanziale dell’effettivo esperimento del procedimento di mediazione (cfr. Trib. Milano 27 settembre 2016, in www.eclegal.it, con nota di M. Adorno, Mediazione delegata: non è perentorio il termine assegnato dal giudice; Trib. Roma 14 luglio 2016, in www.arcadiaconcilia.it).

Sul regime anteriore alla riforma del 2013, v. R. Tiscini, La mediazione civile e commerciale, Torino, 2011, 148 ss.; G. Minelli, sub art. 5, Condizione di procedibilità e rapporti con il processo, in La mediazione per la composizione delle controversie civili e commerciali, a cura di M. Bove, Padova, 2011, 192 ss. In tema di mediazione «disposta» dal giudice, v., da ultimo, D. Dalfino, Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. Mediazione civile e commerciale, Bologna, 2016, 310 ss., ove ulteriori riferimenti.