25 Gennaio 2016

Disconoscimento della scrittura privata: il dubbio non ne esclude la validità

di Marco Russo, Avvocato Scarica in PDF

Trib. Aosta, 15 ottobre 2015

Scarica la sentenza

Procedimento civile – Prova documentale – Scrittura privata – Disconoscimento – Onere – Dichiarazioni aggiunte (C.c. art. 2702; c.p.c. artt. 214, 215, 216)

[1] E’ valido il disconoscimento della scrittura privata, con conseguente onere per la parte che ha prodotto il documento di chiederne la verificazione giudiziale, anche nell’ipotesi in cui la parte che procede al disconoscimento aggiunga alla dichiarazione interpretazioni del significato della sottoscrizione che non ne escludono l’autenticità

IL CASO
Il convenuto procede ad una complessa contestazione dell’autenticità della scrittura privata prodotta nei suoi confronti, corredando l’affermazione di non aver mai apposto la sottoscrizione con la tesi per cui, qualora tale firma fosse risultata autentica, in ogni caso ad essa non avrebbe potuto attribuirsi altro significato che quello di una mera “presa visione” (e non di una vera e propria accettazione) della proposta contrattuale formulata nel testo.

LA SOLUZIONE
Il Tribunale di Aosta ritiene che la scrittura privata sia stata compiutamente disconosciuta ex art. 215, comma 1, n. 2 c.p.c., non ravvisandosi, nella prospettazione di interpretazioni del significato della firma, un’attenuazione degli effetti ricondotti dalla norma all’affermazione di non riconoscere la propria sottoscrizione. 

LE QUESTIONI
La decisione appare in contrasto con quanto sino ad oggi statuito dalla giurisprudenza in ordine al requisito della “formalità” della dichiarazione di cui all’art. 214, comma 1 c.p.c.

Costituisce infatti massima tralatizia quella per cui la prescindibilità da “formule sacramentali” (Cass., 21 novembre 2011, n. 24456, in Mass. Giur. it., 2011) non esclude la necessità di un’esplicita e incondizionata esclusione che la scrittura sia autentica. 

In particolare, è stato richiesto che il soggetto che procede al disconoscimento, nell’affermare “inequivocamente” (Cass., 19 luglio 2012, n. 12448, in Giust. civ., 2012, I, 2297; Cass., 7 agosto 2003, n. 11911, in Orient. Giur. lav., 2003, 598; Cass., 1° luglio 2002, n. 9543, in Foro it., 2004, 237) di non aver mai sottoscritto il documento, deve rendere una dichiarazione “specifica” e “determinata” (Cass., 20 agosto 2014, n. 18042, in Mass. Giur. it., 2014).

E’ stata ad esempio esclusa la validità, a tal fine, della dichiarazione di stile per cui la parte “non può fare altro che dichiarare di non conoscere la documentazione prodotta” (Cass., 15 dicembre 1988, n. 6823, in Mass. Giur. it., 1988).

Neppure è ammesso, da parte della giurisprudenza, che il disconoscimento sia accompagnato da ulteriori difese tese a fornire una “diversa versione dei fatti” rispetto a quella emergente dal documento sottoscritto: la parte che ha prodotto il documento non ha onere di chiedere il giudizio di verificazione quando il disconoscimento si sia limitato ad una dichiarazione “generica”, “frammista ad altre difese o meramente sottintesa in una diversa versione dei fatti” (Cass., 12448/2012, cit.).

I suddetti requisiti non sembrano ricorrere nella fattispecie decisa dal Tribunale di Aosta, nella quale il convenuto, suggerendo l’interpretazione da attribuirsi alla sottoscrizione, lungi dall’escludere aveva addirittura presupposto, sia pure in via subordinata, che la firma fosse stata da lui realmente apposta.

 

Infine l’approfondimento dottrinale sulla funzione c.d. dichiarativa della sottoscrizione, con ciò intendendosi l’attitudine del segno nominale a garantire l’effettiva attribuzione della paternità della scrittura a chi ne appare il sottoscrittore (v. sul punto Andrioli, Commento al codice di procedura civile, II, Napoli, 1960, 155), rende poco persuasivo l’ulteriore argomento sostenuto dal convenuto nel caso di specie.  La pretesa “mancanza di una volontà” delle conseguenze derivanti dalla sottoscrizione è infatti “assolutamente irrilevante”, stante l’ “effetto giuridico indisponibile” che l’ordinamento fa discendere dall’apposizione del segno nominale: così Laserra, La scrittura privata, Napoli, 1959, 81 s. e nello stesso senso, più recentemente, Comoglio, Le prove civili, Torino, 2010, 453, secondo cui la firma “incorpora” nel documento “il segno stabile di identificazione del sottoscrivente”, il quale “se ne assume la paternità”.