4 Aprile 2017

Concordato preventivo, scioglimento dei contratti pendenti e disciplina delle «offerte concorrenti»

di Giacinto Parisi Scarica in PDF

Trib. Vicenza 4 ottobre 2016 (decr.)

[1] Concordato preventivo – Contratti pendenti – Scioglimento – Autorizzazione del tribunale – Presupposti (r.d. 16 marzo 1942, n. 267, disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa, art. 169-bis)

[2] Concordato preventivo – Contratti pendenti – Affitto d’azienda – Preliminare di cessione di ramo d’azienda – Scioglimento – Ammissibilità (R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 72, 8° comma, 169-bis)

[3] Concordato preventivo – Investimento partecipativo – Offerte concorrenti – Inapplicabilità (R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 163-bis, 182-quater, 3° comma)

[1] Al fine di autorizzare lo scioglimento di un contratto nel concordato preventivo, il tribunale deve limitarsi a verificare, da un lato, che il contratto sia pendente e, dall’altro lato, che lo scioglimento sia funzionale alla proposta concordataria presentata, mentre non rilevano né la quantificazione dell’indennizzo che deve essere corrisposto in favore del contraente in bonis né la fattibilità del piano di concordato.

[2] In costanza di concordato preventivo, il tribunale può autorizzare lo scioglimento sia di un contratto di affitto d’azienda che di un contratto preliminare di cessione di ramo d’azienda.

[3] Ai finanziamenti effettuati in esecuzione di un concordato preventivo da parte di un soggetto che acquista la qualità di socio proprio in esecuzione del predetto concordato non si applica la disciplina delle «offerte concorrenti» di cui all’art. 163-bis l. fall.

CASO

[1] [2] Contestualmente alla proposizione di una domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, la società Vilca S.p.A. chiedeva al tribunale di Vicenza di essere autorizzata a sciogliersi, ai sensi dell’art. 169-bis l. fall., da due contratti di affitto di ramo di azienda con preliminare di vendita di ramo di azienda, stipulati in precedenza con la società Villaga s.r.l.

Il contrante in bonis eccepiva che, innanzitutto, i contratti di cui era stato chiesto lo scioglimento non rientrassero tra i tipi di contratto scioglibili, giusto il disposto di cui agli art. 169-bis, 4° comma, e 72, 8° comma, l. fall. Segnatamente, secondo il contrante in bonis, poiché tra i beni oggetto di uno dei due rami di azienda vi era un immobile in cui l’opponente esercitava la propria attività, si sarebbe trattato di preliminari di compravendita trascritti, aventi ad oggetto un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell’attività d’impresa dell’acquirente.

Villaga s.r.l. deduceva pure una serie di circostanze ulteriori che avrebbero dovuto determinare il rigetto della di autorizzazione allo scioglimento dei due contratti, quali l’assenza di funzionalità dello scioglimento alla proposta di concordato formulata da Vilca S.p.A., l’incongruità della quantificazione dell’indennizzo operata dall’istante, e, infine, la non fattibilità del piano di concordato presentato.

[3] Inoltre, il commissario giudiziale rappresentava al tribunale l’opportunità di non pronunciarsi sull’istanza di scioglimento fino a quando non fosse stata esperita, in applicazione dell’art. 163-bis l. fall., la procedura competitiva tra la società che si era impegnata a finanziare, in esecuzione del concordato, l’aumento di capitale di Vilca S.p.A. – in quanto tale operazione si sarebbe concretizzata in una forma di acquisto delle aziende oggetto dei contratti in esame – e la promittente acquirente dei rami di azienda, sul presupposto che vi era il rischio di una doppia re-immissione nel possesso da parte di Villaga.

SOLUZIONE

[1] Al fine di pronunciarsi sullo scioglimento dei contratti in esame, il tribunale ha innanzitutto precisato quali siano i presupposti dell’autorizzazione regolata dall’art. 169-bis l. fall., enucleando il principio riportato nella prima massima riportata in epigrafe.

Più in particolare, secondo il giudice vicentino, il legislatore avrebbe configurato lo scioglimento dei contratti pendenti come un diritto potestativo dell’imprenditore ammesso ad una procedura di concordato preventivo, la cui ratio risiede nell’intento di conseguire, attraverso la soluzione concordataria della crisi d’impresa, il miglior soddisfacimento del ceto creditorio.

Pertanto, al ricorrere dei requisiti stabiliti dalla legge – tra cui non rientrerebbero né la quantificazione dell’indennizzo da versare alla controparte contrattuale, né la valutazione circa la fattibilità del piano di concordato –, il contraente in bonis viene a ricevere una tutela limitata, costituita esclusivamente dal diritto alla corresponsione di una somma di denaro, che, in caso di contestazioni in merito alla sua quantificazione, deve essere accertata nell’ambito di un autonomo giudizio di cognizione.

[2] Il tribunale ha autorizzato lo scioglimento dei contratti richiesto da Vilca, statuendo, tra l’altro, che né il contratto di affitto di ramo d’azienda né il contratto preliminare di cessione di ramo di azienda rientrano tra quelli esclusi dal comma 4° dell’art. 169-bis l. fall.

Il collegio ha evidenziato che la ratio sottesa all’esclusione della possibilità di sciogliersi da un contratto preliminare di vendita di immobile ad uso non abitativo – vale a dire la necessità di tutelare il futuro acquirente che abbia programmato di esercitare la sua impresa presso l’immobile oggetto del preliminare – non sussiste nel caso di preliminare di cessione di ramo d’azienda, atteso che, prima dell’acquisto, il promittente acquirente non esercita alcuna attività d’impresa presso l’immobile che fa parte del predetto complesso aziendale. Nulla viene, invece, detto circa la possibilità di scioglimento del contratto di affitto di azienda, che viene data evidentemente per scontata dal tribunale.

[3] Infine, per quanto attiene alle osservazioni sollevate dal commissario giudiziale, il tribunale, dopo aver qualificato l’intervento del terzo nel concordato come “investimento partecipativo” ai sensi dell’art. 182-quater, comma 3°, l. fall., ha escluso la possibilità di applicare nel caso in esame la disciplina di cui all’art. 163-bis. Ciò sul presupposto che il c.d. “investimento partecipativo” non comporta in alcun modo il rischio, che la norma sulle offerte concorrenti mira a scongiurare, di un depauperamento del patrimonio della società con conseguente danno alle ragioni dei creditori, mentre, al contrario, vede l’ingresso nella compagine sociale di soggetti non coinvolti nella gestione precedente che ha condotto alla crisi.

QUESTIONI

[1] Il decreto in commento affronta alcune questioni relative all’istituto del concordato preventivo, tra cui, in primis, quella della natura e dell’ambito del sindacato che è chiamato a compiere il tribunale (ovvero il giudice delegato, ove l’istanza sia formulata dopo la pronuncia del decreto di ammissione alla procedura di concordato) nel procedimento autorizzativo di cui all’art. 169-bis l. fall.: sul punto, si registra una pluralità di opinioni (su cui, in generale, v. G. Lo Cascio, Il concordato preventivo e le altre procedure di crisi, Milano, 2015, 420).

Secondo un primo orientamento, cui, quantomeno in linea teorica, sembra aderire il tribunale di Vicenza, la facoltà di chiedere l’autorizzazione allo scioglimento (ovvero alla sospensione) costituirebbe un diritto potestativo del debitore, sicché agli organi giudiziari spetterebbe soltanto di verificare che sussista la conformità della fattispecie indicata al dettato normativo del rapporto negoziale in corso di esecuzione (Trib. Salerno, 25 ottobre 2012, decr., in Fall., 2013, 75).

Altre decisioni affermano che il giudice dovrebbe valutare la congruenza della richiesta di scioglimento con la domanda di concordato (Trib. Massa, 1° febbraio 2016, decr., www.ilcaso.it; Trib. Rovigo, 11 settembre 2014, decr., ibid.; 6 marzo 2014, decr, ibid.).

Un terzo orientamento ritiene che lo scioglimento del contratto possa essere autorizzato soltanto se idoneo a consentire una migliore soddisfazione dei creditori (Trib. La Spezia, 25 ottobre 2012, decr., Fall., 2013, 76; in dottrina, A. Patti, I rapporti giuridici pendenti nel concordato preventivo, Milano, 2014, 142 ss.; C. Trentini, I concordati preventivi, Milano, 2014, 373).

Infine, è stato affermato che il tribunale dovrebbe autorizzare lo scioglimento dopo avere valutati gli effetti sul soddisfacimento dei creditori, sul perseguimento del piano concordatario e sui diritti del contraente in bonis (App. Milano, 4 febbraio 2015, decr., Giur. it., 2015, 1147 ss.; Trib. Prato, 8 agosto 2014, decr., in www.ilcaso.it; Trib. Novara, 3 aprile 2013, decr., ibid.; Trib. Monza, 21 gennaio 2013, decr., ibid.; M. Fabiani, Fallimento e concordato preventivo, II, in Commentario del Codice Civile e codici collegati Scialoja-Branca-Galgano, a cura di G. De Nova, Bologna, 2014, 496).

[2] In senso conforme al principio sancito dalla seconda massima riportata in epigrafe, si vedano, in giurisprudenza, Trib. Rovigo, 6 marzo 2014,  decr., cit.; Trib. Bolzano, 27 febbraio 2013, decr., in www.ilcaso.it; Trib. Teramo, 11 gennaio 2013, decr., in Foro it., 2013, I, 1338; Trib. Salerno, 25 ottobre 2012, decr., cit., per quanto attiene allo scioglimento del contratto di affitto di azienda, nonché Trib. Rovigo, 6 marzo 2014, decr., cit.; Trib. Roma, 30 gennaio 2013, decr., in Pluris, per quanto attiene allo scioglimento del preliminare di cessione del ramo di azienda; in dottrina, R. Amatore – L. Jeantet, Il nuovo concordato preventivo, Milano, 2013, 74; F. Lamanna, La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, in Il civilista, 2012, 56.

[3] Un’ultima notazione merita la questione risolta dal tribunale in merito all’ambito applicativo dell’art. 163-bis l. fall., che regola le offerte concorrenti, recentemente introdotto dal d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2015, n. 132, e sulla quale non si rinvengono precedenti editi in termini.

La soluzione offerta nel decreto in commento si pone in linea con i primi orientamenti che iniziano ad emergere nell’ambito della dottrina (P. F. Censoni, La domanda e l’ammissione al concordato, in Trattato delle procedure concorsuali, a cura di A. Jorio – B. Sassani, vol. IV, Milano, 2016, 180; N. Sotgiu, Il nuovo concordato preventivo, in Riv. dir. proc., 2015, 1525) e della giurisprudenza di merito (Trib. Forlì, 3 febbraio 2016, decr., in www.ilcaso.it), secondo cui, anche in assenza di una espressa limitazione normativa, l’obbligo di apertura di una procedura competitiva andrebbe circoscritto il più possibile al fine di non snaturare l’istituto del concordato preventivo, il quale si basa proprio sulla mancanza dell’elemento dello spossessamento del debitore.

Merita comunque rilevare che, trattandosi nel caso di specie di un concordato preventivo con continuità aziendale c.d. puro, probabilmente il tribunale sarebbe potuto pervenire alle medesime conclusioni anche per altra via, considerando che la prosecuzione dell’attività d’impresa dovrebbe essere incompatibile con il ricorso a procedure competitive (N. Sotgiu, Il nuovo concordato preventivo, cit., 1525).

Per altri aspetti dell’istituto delle offerte concorrenti., v. L. Iovino, Le offerte concorrenti nel concordato preventivo introdotte dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, in www.eclegal.it