4 Luglio 2017

Arbitrato rituale e società di persone

di Ginevra Ammassari Scarica in PDF

Trib. Milano, 14 febbraio 2016 – Est. Galioto

Arbitrato – Clausola compromissoria – Società – Scioglimento – Diritti disponibili (controversie in tema di) – Esclusione (Cod. civ., art. 2272; cod. proc. civ., art. 806).

[1] Non sono compromettibili in arbitri le controversie aventi ad oggetto lo scioglimento di società di persone.

CASO

[1] Con ricorso ex art. 702 bis e ss. c.p.c., la socia di una s.n.c. adisce il Tribunale di Milano affinché  dichiari lo scioglimento della relativa società, in ragione dell’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale.

Nel costituirsi in giudizio, la convenuta, socia paritaria della ricorrente, eccepisce l’incompetenza del Tribunale adito in ragione della sottoscrizione di una clausola compromissoria che, inserita nel contratto sociale, demandava alla cognizione arbitrale ogni controversia relativa alle sorti di quest’ultimo.

SOLUZIONE

[1] Il Tribunale, in accoglimento del ricorso proposto ai sensi dell’art. 2272, n. 2, c.p.c., disattende l’eccezione di incompetenza sollevata in quanto l’indisponibilità del relativo interesse, di natura generale, esclude in nuce la devoluzione alla cognizione arbitrale di controversie aventi ad oggetto lo scioglimento di società di persone.

QUESTIONI

[1] Con la pronuncia in epigrafe, il Tribunale milanese, ritenendo l’indisponibilità del generale interesse al mantenimento in vita della società (cfr. Cass. 19 settembre 2000, n. 12412, Foro it., Rep. 2001, voce Arbitrato, n. 91; nonché, nella giurisprudenza di merito, Trib. Reggio Emilia 5 febbraio 2008, id., Rep. 2008, voce Società, n. 890; Trib. Salerno 10 aprile 2007, id., Rep. 2008, voce cit., n. 127; Trib. Ravenna 3 febbraio 2006, id., Rep. 2006, voce cit., n. 139; Trib. Milano 6 marzo 2003, id., Rep. 2003, voce Arbitrato, n. 70), si conforma al costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità relativo al più ampio tema dei limiti posti alla compromettibilità in arbitri di controversie societarie.

Sul punto, la Suprema Corte, nel delineare il perimetro della (in)disponibilità dei diritti in contesa, riconduce il limite imposto dall’art. 806 c.p.c. alla natura metaindividuale degli interessi coinvolti che, presidiati da norme inderogabili in quanto imputabili alla società, ai creditori della stessa o a terzi, non rientrano nella disponibilità dei singoli soci e, dunque, rimangono sottratti alla cognizione arbitrale (cfr. Cass. 12 settembre 2011, n. 18600, id., Rep. 2011, voce Società, n. 557, nonché Corriere giur., 2012, 365, con nota di D. De Giorgi e Riv. dir. proc., 2012, 1379, con nota di P. Licci; 23 febbraio 2005, n. 3772, Foro it., Rep. 2006, voce cit., n. 152, nonché Società, 2006, 637, con nota di N. Soldati e Riv. arbitrato, 2006, 297, con nota di L. Groppoli; 18 febbraio 1988, n. 1739, Foro it., 1988, I, 3349; 10 ottobre 1962, n. 2910, Giust. civ., 1963, I, 2962).

Tale orientamento – che postula una corrispondenza biunivoca tra diritti indisponibili e inderogabilità delle norme poste a tutela di questi ultimi – è da sempre avversato dalla dottrina per almeno un duplice ordine di motivi: infatti, la materia societaria è ontologicamente connotata dalla commistione di interessi individuali e collettivi, che, in applicazione del criterio suddetto, limiterebbe la ricorribilità alla giurisdizione privata a mere ipotesi residuali, peraltro di incerta individuazione; secondariamente, si è rilevato un errore di metodo, là dove l’indisponibilità dei diritti controversi costituisce un predicato di questi ultimi che prescinde dal carattere imperativo delle norme poste a tutela degli stessi (v. F. De Santis, Inderogabilità della norma, disponibilità del diritto ed arbitrabilità delle controversie societarie, in Giur. merito 2008, 2254; G.F. Ricci, Dalla «transigibilità» alla «disponibilità» del diritto. I nuovi orizzonti dell’arbitrato, in Riv. arb. 2006, 267; G. Ruffini, Arbitrato e disponibilità dei diritti nella legge delega per la riforma del diritto societario, in Riv. dir. proc., 2002).

Ciò che rileva al fine di ritenere la compromettibilità in arbitri di una controversia è, dunque, la disponibilità dei diritti in contesa e non l’imputabilità degli interessi coinvolti, che impone la necessità che il compromesso sia stipulato tra la società e tutti i soci, residuando altresì l’esperibilità dell’opposizione di terzo al fine di rimuovere eventuali pregiudizi derivantigli dal lodo (sul punto, v. B. Sassani, L’opposizione del terzo al lodo arbitrale, in Riv. arb., 1995, 199); né rileva l’imperatività delle norme applicabili, le quali esplicano una funzione vincolante nei confronti degli arbitri chiamati a pronunciarsi, derivandone, altrimenti, la censurabilità del relativo lodo per errores in iudicando in iure.

Pertanto, il dibattito dottrinario si è sviluppato intorno alla nozione di disponibilità, indagata – quantomeno sotto la vigenza della precedente dizione dell’art. 806 c.p.c. – alla stregua della transigibilità dei diritti controversi a norma dell’art. 1966 c.c.; critici in ordine a tale equazione, Salvaneschi, Arbitrato, Milano, 2012, 14 e S. Chiarloni, Appunti sulle controversie deducibili in arbitrato societario e sulla natura del lodo, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2004, 123, i quali hanno assunto quale parametro della ricorribilità alla cognizione arbitrale la disponibilità dell’azione.

Con specifico riferimento all’art. 34 d.leg. n. 5/2003 relativo all’arbitrato societario, si è inoltre sostenuto che, in ragione della dimensione procedurale ed organizzativa connotante i rapporti societari, la nozione di disponibilità dei relativi diritti non può declinarsi in un’ottica individuale, conseguendone l’arbitrabilità di ciò che è socialmente decidibile (così A. Zoppini, I “diritti disponibili relativi al rapporto sociale” nel nuovo arbitrato societario, in Riv. soc., 2004, 1174).

E’ sotto tale profilo, dunque, che andrebbe vagliata la compromettiblità in arbitri delle controversie aventi ad oggetto lo scioglimento di società, che a norma degli artt. 2272 , n. 3,  e 2484, n. 6, c.c., – rispettivamente dettati per le società di persone e di capitali – si determina, tra gli altri, là dove sussista, appunto, la volontà di tutti i soci o con delibera assembleare.

Per approfondimenti v., pur senza pretesa di esaustività, C. Punzi, Disegno sistematico dell’arbitrato, I, Padova, 2000, 242; A. Berlinguer, La compromettibilità per arbitri, Torino, 1999, II, 222.